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  • Il dribbling fra coscienza e passione: Mondiale da godere anche senza l'Italia
Il dribbling fra coscienza e passione: Mondiale da godere anche senza l'Italia

Il dribbling fra coscienza e passione: Mondiale da godere anche senza l'Italia

  • Gianni Visnadi
    Gianni Visnadi
Una è andata, ne restano 6. La prima settimana senza campionato è filata via abbastanza svelta, anche grazie all’Italia di Mancini: 2 partite, soprattutto l’ultima, che ci hanno fatto capire quanto poco ci sia da recriminare per non essere in Qatar. Da qui al 4 gennaio, l’attesa è ancora lunga, resta un errore non essersi accordati per anticipare le date del mercato invernale (non poteva essere una decisione del solo calcio italiano), in modo da consegnare i rinforzi agli allenatori già dalla prima partita e con un buon rodaggio nel nuovo gruppo, ma tant’è. Il mercato è in costante movimento e queste settimane serviranno anche a tessere trame che alla riapertura potrebbero essere definite.

La prima settimana è andata, adesso il Mondiale e poi c’è Natale. Dai che passa in fretta, forse. Intanto godiamocelo questo Mondiale senza l‘Italia, sperando di non farci l’abitudine. In tv è partito forte, 4 anni fa andò fortissimo. Più telespettatori alle 17 di domenica per vedere Qatar-Ecuador che alle 21 per l’amichevole dell’Italia in Austria. Forse ovvio, è il Mondiale. Ma non era poi così scontato. Là era estate, scuole chiuse, qui è autunno, vita piena e nemmeno poi tanto serena, a pensarci bene. Qui gli orari non aiutano: Inghilterra è partita in pausa pranzo, l’Argentina domani a metà mattina, meno male che la Francia campione del mondo debutta - almeno lei – a un orario quasi tradizionale (alle 20, l’ora dei tg). Colpa del fuso e del caldo, anche se c’è chi giura che in certi stadi faccia persino freddo, perché l’aria condizionata è troppo alta e perciò la temperatura troppo bassa.

L’Inghilterra è partita col botto, che va però relativizzato all’avversario: l’attesa vera, ricompensata, era per vedere se davvero gl’iraniani non avessero cantato l’inno nazionale, in dissenso col regime di Teheran. Delle fasce arcobaleno “One Love” si sapeva tutto già dalla mattina, per il comunicato di resa delle federazioni che avrebbero voluto farle indossare ai loro capitani (Inghilterra, Galles, Germania, Belgio, Danimarca, Svizzera e Olanda), a rischio ammonizione per violazione del regolamento. Tutti contro la Fifa, che di colpe ne ha molte, ma è giusto ricordare come nemmeno in Serie A quelle fasce si potrebbero indossare senza pagare conseguenze.

Il Mondiale dei tifosi fake e delle ipocrisie in un Paese che nega alcuni tra i più elementari diritti civili e finge che non ci siano stati 6.500 morti tra gli schiavi che hanno costruito le 8 cattedrali nel deserto chiamati stadio, costringe al continuo dribbling tra passione e coscienza, esercizio non semplice da praticare, anche perché troppo poco aiutato da chi (Raisport su tutti) è mainstream sulla manifestazione. E il rischio è che ogni giorno che passa si parli più di calcio, com’è giusto, e meno di diritti, come dovrebbe essere ugualmente giusto.

Argentina e Francia, allora. Ma anche Eriksen con la Danimarca e la Polonia di Lewandowski. Ce n’è da stropicciarsi gli occhi, aspettando il Brasile e CR7. L’eterno Messi all’ultimo ballo e con la caviglia gonfia, ma molta della nostra attesa va su Lautaro, Di Maria e Dybala e ai loro 3 diversi modi di arrivare al Mondiale. Per molti, l’Argentina è la vera favorita, più del Brasile e più della Francia campione uscente, ma bersagliata dalla malasorte. Deschamps è costretto a puntare subito forte sul 36enne Giroud, come Pioli. DéDé però ha Mbappé con cui provare a mettersi un’altra volta davanti a tutti, mentre Pioli ha solo Leao, la migliore imitazione dell’attaccante francese, ma per il momento appunto solo un’imitazione. Vedremo fra 4 settimane.
@GianniVisnadi
 

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