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  • Il 'geografo' Bernabé a CM: 'Agli allenamenti in taxi, Guardiola mi voleva terzino. Futuro? So cosa voglio'

    Il 'geografo' Bernabé a CM: 'Agli allenamenti in taxi, Guardiola mi voleva terzino. Futuro? So cosa voglio'

    • Francesco Guerrieri
    Nel curriculum di Adrián Bernabé sono due i passaggi da cerchiare in rosso: giovanili Barcellona, giovanili Manchester City. Anni? 22 tra due mesi. E ancora una carriera davanti. Intanto, nella mente si mischiano ricordi sparsi vissuti in due dei vivai più importanti al mondo: "Sono fortunato, lo dico sempre. Ho cercato di imparare al massimo da tutti, compagni e allenatori". Umile il ragazzo. Arrivato in Italia nell'estate 2021, Bernabé si è raccontato a tutto tondo nella nostra intervista: dalla convivenza con Eric Garcia, ai rumors di mercato.

    A 21 anni hai già un passato tra Barça e City. Qual il rovescio della medaglia?
    "La cosa più difficile è stata andare via di casa a 17 anni, lasciare famiglia, amici e tutto quello che avevo".

    Ma è vero che quando eri nelle giovanili dell'Espanyol il club ti aveva messo a disposizione un taxi?
    "Sì, perché vivevo lontano dal campo d'allenamento e i miei non potevano accompagnarmi. Mio padre lavorava in un'impresa di costruzione, mamma faceva la parrucchiera ma non aveva la patente. Ogni tanto mi accompagnava mio nonno, altrimenti avevo questo taxi a disposizione".

    Chissà cosa penserà oggi quel tassista.
    "Spero non si sia dimenticato di me. Ma anch'io lo ricordo ancora bene, si chiamava Solis".

    Ci racconti il mondo della Masìa?
    "E' il settore giovanile migliore al mondo, non sono io a scoprirlo. Si lavora bene dentro e fuori dal campo, insegnano i valori e aiutano un ragazzo a crescere come persona".

    Te cosa hai imparato?
    "Ho avuto insegnanti che mi hanno accompagnato nella crescita, mi hanno trasmesso dei valori. Per loro non è importante solo il rendimento in campo, ma anche quello scolastico".

    E te a scuola come andavi?
    "Bene, per fortuna. Non sono mai stato uno che si è ammazzato di studio, ma mi piaceva andarci. Le materie che preferivo erano lingue e geografia, che imparavo anche grazie alla mia cultura calcistica; quella che mi piaceva meno la matematica".

    Nella cantera del Barça sei cresciuto con Ansu Fati ed Eric Garcia.
    "Eric è come un fratello. Abbiamo giocato insieme dai 7 ai 12 anni, più quattro in nazionale e poi al City. A Manchester avevamo l'appartamento insieme".

    Come andava la convivenza?
    "Siamo due ragazzi simili, ci piacciono le stesse cose. Andavamo all'allenamento insieme, tornavamo insieme, mangiavamo insieme".

    E chi cucinava?
    "Io, ero più bravo. Lui andava a fare la spesa, io preparavo. Alla Play però è più forte lui, sia a FIFA che a NBA".

    Ci racconti un aneddoto con lui?
    "Eravamo nelle giovanili del Barça, mancava un minuto alla fine della partita di un torneo. Stavamo perdendo, in caso di sconfitta saremmo usciti. L'arbitro ha fischiato una palla contesa, io ho guardato Eric e con uno sguardo - ci bastava quello per capirci - gli ho fatto cenno di andare in area. Ho preso palla, lancio lungo e lui ha segnato".

    E l'allenatore come l'ha presa?
    "Non benissimo, si sono arrabbiati perché non l'avevo giocata corta. Mi avevano detto di far fare un gol agli avversari, ma non ci ho pensato proprio. Ero lì per vincere".

    Che differenze ci sono tra le giovanili del Barcellona e quelle del City?
    "Credo che a Manchester hanno provato a riprendere l'organizzazione della Masìa, negli ultimi anni ci sono molti spagnoli ex Barça. Qualche differenza culturale ovviamente c'è, ma in tutti e due gli ambienti hai a disposizione psicologi e persone pronte ad aiutarti quasi h24".

    Tra i tuoi allenatori c'è stato anche Pep Guardiola.
    "Una bella persona. Vive per il calcio, lavora tutto il giorno e con noi giocatori si rapportava solo dal punto di vista professionale; sta molto sulle sue".

    Anche te come lui vivi per il calcio?
    "Assolutamente sì. Ho iniziato a giocare a 4 anni, ma già a 6 mesi mio padre mi faceva calciare qualcosa. Anche mia sorella gioca, è una mezz'ala".

    Da piccoli scattava l'uno contro uno?
    "Sì, e finiva sempre con lei e mia madre che si arrabbiavano con me".

    Spiegaci.
    "Io le facevo tunnel e altre giocate perché mi divertivo a farla innervosire, lei andava a lamentarsi da mamma; che di conseguenza se la prendeva con me".

    A Parma ti aveva voluto Maresca col quale avevi già lavorato al Manchester City, che rapporto hai con lui?
    "E' stata una persona fondamentale per la mia carriera. Mi ha aiutato, mi ha cambiato e mi ha dato fiducia portandomi in Italia. Se sono qui è grazie a lui, lo ringrazierò per sempre".

    A Manchester chi è stato il giocatore al quale sei rimasto più legato?
    "Era una squadra di campioni, ogni giorno quando li vedevo pensavo 'Mamma mia...'. In quel periodo ho stretto una grande amicizia con Cancelo, un giocatore di un'altra categoria: faceva il terzino, ma avrebbe potuto giocare ovunque".

    E il compagno di squadra che ti dava più consigli?
    "Zinchenko, perché Guardiola stava provando a schierarmi terzino sinistro e lui mi insegnava come difendere".

    Ma il tuo ruolo preferito qual è?
    "Ho fatto sia la mezz'ala, che il regista e il trequartista; sinceramente mi trovo bene in tutte e tre le posizioni, l'importante è giocare. Da terzino, invece, non mi ci vedevo proprio; non mi piaceva perché dovevo difendere".

    In Spagna ti hanno paragonato a David Silva.
    "Come caratteristiche ci assomigliamo perché siamo tutti e due mancini e giochiamo dentro al campo, ho avuto la fortuna di allenarmi con lui e vi posso dire che è fortissimo. Io sono ancora lontano dal suo livello, mi piacerebbe fare anche solo la metà della sua carriera".

    Chi è, tra tutti i campioni che hai visto, quello che ti ha messo più in soggezione?
    "Forse proprio lui. Mi sarebbe piaciuto chiedergli qualche consiglio sulla posizione in campo, sui passaggi... ma ero troppo timido, non sono riuscito a dirgli neanche che lui è il mio modello".

    A Parma giochi con Gigi Buffon, altro campione.
    "All'inizio fa effetto, poi vedendolo quotidianamente mi sono abituato a lavorare con lui. Ti sembra normale, ma ci si accorge della sua grandezza quando in qualsiasi stadio sono tutti pazzi di lui. Mi sorprende il fatto che alla sua età (45 anni, ndr) continua ad allenarsi a testa bassa senza mai fermarsi".

    Gli hai fatto qualche bel gol durante le partitelle?
    "Qualcuno sì dai, anche se giochiamo spesso in squadra insieme".

    Appena arrivato a Parma ti hanno riscontrato un'anomalia cardiaca, ci racconti quel periodo? 
    "Sono stati momenti difficili per me ma soprattutto per la mia famiglia. Quando l'ho detto a loro erano lontani, appena l'hanno saputo mi hanno raggiunto subito in Italia. Per fortuna si è risolto tutto bene e in poco tempo".

    Quando è andato via Maresca hai pensato che avresti potuto giocare meno? 
    "Sì, l'ho pensato. Avevo la possibilità di andare via, ma fin da subito ho sentito l'affetto e la fiducia da parte del club e ho deciso di rimanere".

    Il tuo momento migliore è stato nella parte finale della scorsa stagione con due doppiette consecutive contro Cosenza e Como.
    "Incredibile! Quest'anno sono ancora fermo a un gol, ma in ogni partita cerco di giocare vicino alla porta per segnare".

    Tra le specialità della casa ci sono le punizioni. A chi ti ispiri per batterle? 
    "Da quando sono piccolo mi piace battere i calci piazzati. Al City avevo un compagno nell'Under 23 che calciava benissimo, si chiama Tommy Doyle (oggi allo Sheffield, ndr). Studiavo la sua tecnica, la posizione del corpo e del piede".

    In passato sei stato accostato a Milan, Juve e Atalanta: sei mai stato vicino ad altri club italiani oltre al Parma?
    "Da quando sono arrivato ho sentito la fiducia massima da parte di tutti. La mia testa è sempre stata qui, mi piacerebbe fare bene con questa maglia". 

    @francGuerrieri 

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