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  • Il grande amore della Fracci per Rivera che faceva danzare il Milan sulle punte

    Il grande amore della Fracci per Rivera che faceva danzare il Milan sulle punte

    • Marco Bernardini
      Marco Bernardini
    Nel giorno della Grande Luna, sulla Terra “l’etoile” ha spento la sua luce. Brillerà altrove, nell’infinito, continuando ad illuminare lo spazio con tutta la sua maestosità e brillantezza. Adieu” Carla Fracci, cigno bianco e leggero dal collo lungo e  dalle piume delicatissime. Ogni passo una carezza per l’anima. Ciascuna movenza una testimonianza dell’esistenza della grade bellezza. Milioni di giovani debbono ringraziarla per aver potuto conoscere e avvicinarsi ad un’arte difficile e giudicata falsamente esclusiva come la danza classica. Così come i campioni autentici hanno aperto la strada ai ragazzini, ha fatto lei con intere generazioni. Missione compiuta, dopo ottantadue anni di impegno costante.

    Milanese e figlia del popolo. Il babbo tranviere. Gente semplice e onesta, come il ferroviere Pinelli. Un miracolo in terra riuscire a scrollarsi di dosso la fatica del pane quotidiano da mettere in tavola. Inimmaginabile poter pensare che esistano mondi paralleli fatti da “chifon” e “pailettes” dove tutto riluce e profuma di buono. Ma talvolta la fortuna è meno cieca di quel che si possa pensare. Intuisce il merito e lo premia, quando è sostenuto dalla volontà e dal talento. Così può accadere che una bambina, passo dopo passo, diventi un’etoile di quel teatro “Alla Scala” che per i milanesi è un temo e per il mondo un simbolo universale del trionfo. Cala Fracci è stata la sintesi di questo progetto celeste.

    Eppure, già nell’empireo dei più grandi, non ha mai scordato le sue origini “magutt” che in milanese è sinonimo di manovale. Quella classe operaia che, prima di andare in paradiso, ha sempre tifato per il Milan. La squadra del popolo da contrapporre a quella del borghesi interisti. Il rosso e il nero, i colori di Vincenzina operaia in fabbrica cantata da Jannacci. Le tinte di una maglia che erano sacre in casa Fracci. E lei non le tradì mai. Perché era anche una sportiva, Pallavolo e basket, praticati insieme con la sua grande amica Margherita Hack l’astrofisica che di stelle se ne intendeva. Si separavano allo stadio quando il Milan giocava contro la Fiorentina.

    Una passione calcistica che Carla Fracci non rinnegò mai, malgrado fosse difficile poterla coniugare con la sua arte decisamente più sofisticata. Un amore intiepidito e anche un poco mortificato dalla trasformazione del calcio tutto cuore e sentimento in quello del pallone esagerato e malato di elefantiasi che oggi ha messo radici profonde. Tant’è si inteneriva parlando di Nereo Rocco, del Trap lottatore in campo, del suo grande amico triestino Cesare Maldini e soprattutto di Gianni Rivera che aveva soprannominato “Fraccino”. Perché, diceva, era capace di magie giocando sulle punte. Proprio come la sua eterna Giselle.

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