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  • Il 'New York Times' critica l'Italia, ma il coronavirus è stato sottovalutato: dall'OMS ai politici, tutti colpevoli!

    Il 'New York Times' critica l'Italia, ma il coronavirus è stato sottovalutato: dall'OMS ai politici, tutti colpevoli!

    • Fernando Pernambuco
      Fernando Pernambuco
    Il New York Times di oggi ricostruisce dall'”inizio” (se un inizio si trovasse) l’impatto e lo sviluppo del Covid 19 in Italia. Lo fa nel modo più asettico possibile, con guanti e mascherine, elencando i provvedimenti messi in campo dal Governo in relazione al procedere dell’epidemia. Emerge, dalla ricostruzione,un giudizio impietoso perché si descrive, in sintesi, un atteggiamento incerto, confuso e ritardatario sia nei tempi, sia nei contenuti. C’è molto di vero in questo giudizio che arriva alla fine d’una disamina cronologica puntuale e corretta. Ma una disamina, giocoforza, incompleta.

    Fino a poco più d’un mese fa, infatti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità continuava a parlare di “epidemia” e non di “pandemia”, addirittura lodava l’intervento italiano e metteva l’accento sui pericoli per l’Africa. Molti rappresentanti della comunità scientifica internazionale dicevano che non era opportuno “cedere al pessimismo” e non erano pochi gli epidemiologi o i virologi a mettere in guardia contro certo allarmismo. C’era chi parlava di un’“influenza” un po’ più subdola, chi ricordava la media di 8 milioni di malati d’influenza stagionale all’anno (ottobre-aprile) e chi rimarcava gli 8 mila e più deceduti nei 6 mesi considerati. Alcuni leader politici urlavano: “Deve restare tutto aperto, vogliamo lavorare,vogliamo laurà”, altri si facevano fotografare con lo spritz tra la folla festante.

    Forse i corretti e puntuali giornalisti del N.Y.T. non erano in Italia in quei giorni, forse hanno operato una ricostruzione sui ritagli stampa, sui documenti e sulle dichiarazioni ufficiali. Forse anche loro parlano col senno di poi. Ma c’era chi affermava che con certi provvedimenti di chiusura bisognava stare attenti perché l’Italia sarebbe fallita. Insomma, chi doveva decidere si trovava stretto tra la tenaglia di scienziati preoccupati, ma possibilisti da una parte, e di forze produttive impaurite per il collasso economico dall’altra.

    La stessa, forse più “colpevole” musica si è udita da Macron, da Trump, da Johnson, quando in sostanza, con l’Italia già in ginocchio, tergiversavano, consideravano, presentivano, ma… non facevano nulla. Trump sosteneva che gli U.S.A. avevano già previsto una “tremendous” macchina difensiva. Macron difendeva il diritto/dovere de francesi di recarsi ai seggi per le elezioni. Per non parlare di Boris che teorizzava un’“immunità di gregge” senza sapere bene cosa fosse e quali costi, in vite umane, avrebbe comportato. Gli spagnoli tacevano, ma non percepivano. Eppure tutti questi leader erano stati avvertiti, non da delle opinioni, bensì dai dei fatti. E, ora, affannosamente rincorrono, ora sono protagonisti d’un film ( non bello ) già visto.

    Ci viene in mente che forse i giornalisti del N.Y.T. scrivano quest’ articolo soprattutto per avvertire il loro Paese, per metterlo in guardia. Ma, con tutto il rispetto, sono arrivati tardi anche loro.

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