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  • Il dittatore del povero Rwanda sponsorizza il ricchissimo Arsenal

    Il dittatore del povero Rwanda sponsorizza il ricchissimo Arsenal

    • Pippo Russo
    Quel denaro sta viaggiando nella direzione sbagliata. Non poteva non generare polemiche l'accordo di sponsorizzazione concluso nei giorni scorsi fra l'Arsenal e il Rwanda Development Board, l'agenzia governativa che cura le politiche per lo sviluppo di competitività del paese africano. Ai Gunners vengono assicurati 30 milioni di sterline (34,2 milioni di euro) per il triennio 2018-21, in cambio di una scritta da esibire sulla manica sinistra della muta da gioco: "Visit Rwanda". Come annunciato dal club attraverso il sito ufficiale, è la prima volta che l'Arsenal vende quello spazio della maglia. Lo fa a un prezzo molto caro, ciò che ci dice quanto rimanga siderale la distanza fra i club della Premier e quelli delle altre leghe europee di massimo livello.

    Ma l'aspetti appena citato è soltanto uno fra i tanti per i quali la vicenda desta attenzione. Altri ve ne sono, e di maggiore spessore polemico viste le reazioni causate. I dubbi si concentrano tutti sul fatto che il Ruanda sia uno dei paesi più poveri al mondo (un reddito pro capite di 702 dollari all'anno, secondo quanto riferiscono i dati della Banca Mondiale, la diciannovesima peggiore economia del pianeta, e che da un sistema economico tanto fragile parta una così rilevante somma di denaro destinata a uno fra i club più ricchi del pianeta. Un'operazione in stile Robin Hood alla rovescia, e è proprio questo il senso delle proteste che si sono accese intorno all'operazione. Le prime reazioni sono giunte dall'Olanda, uno dei paesi maggiormente impegnati nei progetti di cooperazione col Ruanda. Dal gruppo parlamentare dei cristiano-democratici sono giunte parole durissime nei confronti del governo ruandese, reo di spendere una cifra così pesante anziché indirizzarla ai programmi di sviluppo e al benessere dei propri cittadini. In particolare, il deputato Joël Voordewind ci è andato giù pesante parlando di uso distorto dei fondi che dovrebbero essere dedicati alla cooperazione. Voordewind si è visto restituire le accuse, ritrovandosi tacciato di atteggiamento neo-colonialista. Cioè trattato come l'europeo che, essendo stato generoso attraverso la concessione dei fondi a un paese in via di sviluppo, pretende poi di stabilire per quel paese quale sia il modo migliore di usarli. Un paternalismo doppio, con prospettiva che i paesi aiutati non possano mai uscire dalla condizione di minorità. E a rincarare la dose ha provveduto Olivier Nduhungirehe, ministro del governo ruandese con deleghe agli Esteri e alla Cooperazione, secondo il quale la scritta Visit Rwanda potrebbe un giorno campeggiare anche sulle maglie dell'Ajax o del Feyenoord, ma a patto che questi club raggiungano la statura economica e d'immagine dell'Arsenal.

    Più circostanziata la risposta alle critiche argomentata da Clare Akamanzi, CEO del Rwanda Development Board, che ha dovuto parare gli attacchi provenienti anche dall'Inghilterra. Nata in Uganda da genitori ruandesi, formazione post-universitaria presso le università di Pretoria e di Harvard. Akamanzi ha respinto al mittente le accuse sostenendo che i 30 milioni di sterline sborsati per sponsorizzare l'Arsenal fanno parte di una politica di promozione del turismo. Perché sarà anche vero che il Ruanda sia il diciannovesimo paese più povero al mondo, ma è altrettanto vero che la sua economia venga indicata fra quelle emergenti in Africa, e che a queste performance contribuisca un settore turistico capace di incidere per il 12,7% sul PIL del 2017. Dunque, messa in questi termini, quei 30 milioni di sterline investiti per occupare pochi centimetri quadrati della maglia arsenalista avrebbero un senso. Ma invero sono altri i motivi di perplessità suscitati dall'operazione.

    A illustrarli ha provveduto David Himbara, docente universitario in Canada. Himbara ha scritto una lettera aperta a Sir Chips Keswick, presidente dell'Arsenal, in cui fa notare le assurdità della vicenda. Cifre alla mano, Himbara sottolinea come il valore stimato dell'Arsenal (1,9 miliardi di dollari, valutazione effettuata da Forbes) pareggi quasi il budget annuale del Ruanda (2,3 miliardi di dollari), per insistere poi sulle condizioni di povertà estrema in cui vive una parte ancora vasta della popolazione nazionale. Soprattutto, Himbara si sofferma sulla figura di Paul Kagame, l'ex militare cui viene attribuito un ruolo centrale nella conclusione della spaventosa guerra civile che insanguinò il paese nel 1994. Dal 2000 Kagame è presidente della repubblica ruandese, grazie a un referendum del 2015 potrebbe restare in carica fino al 2034, e detiene il potere col ricorso a metodi che hanno nulla di democratico. Del presidente, Himbara è stato consigliere. Salvo convertirsi in uno dei suoi critici più sistematici, e illustrare i motivi del suo dissenso attraverso libri ben documentati. Proprio Kagame è il regista dell'operazione che ha portato all'accordo di sponsorizzazione. Il presidente è tifosissimo dell'Arsenal, e in anni recenti è stato fra i più feroci critici di Arsene Wenger. Già a gennaio 2012 ne chiedeva l'esonero, e forse non è una coincidenza che la sponsorizzazione arrivi giusto nella prima stagione dopo il lungo regno del tecnico alsaziano. Certo, il sentimento arsenalista dell'inamovibile presidente ruandese è difficile da mettere in dubbio. Quanto al senso dell'operazione, invece, qualche domanda in più sarebbe lecito farsela. Non soltanto per questioni di destinazione più adeguata dei denari che transitano dalle casse dello stato, o di carente profilo profilo democratico del regime politico ruandese. Piuttosto, sono alcune frasi pronunciate da Clare Akamanzi, e contenute nel comunicato ufficiale pubblicato dal sito dell'Arsenal, a destare qualche riflessione: "Visitate il Ruanda e scoprirete come mai siamo diventati l'economia in maggior crescita dell'Africa. Gli investitori in Ruanda possono costituire un business in sole sei ore e predisporsi a godere delle opportunità rese possibili dagli accordi di libero scambio che abbiamo siglato con oltre 50 paesi". Il Ruanda sta diventando l'omologo africano di Malta? Giusto ieri The New Times, quotidiano vicinissimo al regime, dava notizia delle missioni diplomatiche inviate a Kigali da Russia, Emirati Arabi e Tanzania. Paesi ansiosi di stringere relazioni col Ruanda di Kagame, con nessuno scrupolo rispetto alle violazioni dei diritti civili nel paese. In questo quadro, il calcio è una straordinaria vetrina per l'immagine e i rapporti commerciali. Ma forse non soltanto per quello. E sui lati oscuri di questa relazione i dirigenti dell'Arsenal avrebbero fatto meglio a riflettere con maggiore attenzione.

    @pippoevai

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