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  • Inchiesta Prisma, questa è la giustizia italiana: sentenza nel 2025, ma la FIGC ha già emesso il verdetto per la Juve

    Inchiesta Prisma, questa è la giustizia italiana: sentenza nel 2025, ma la FIGC ha già emesso il verdetto per la Juve

    • Marcello Chirico
      Marcello Chirico
    Niente di fatto. Se ne riparlerà il prossimo 10 maggio, praticamente tra un mese e mezzo, data alla quale il GUP Marco Picco del Tribunale di Torino ha rinviato, nella delusione generale, la prima udienza dell’inchiesta Prisma che vede coinvolta la Juventus. 

    In pratica, dopo tanta spasmodica attesa, non è stato deciso nulla: se gli imputati (tutti assenti in aula) verranno rinviati a giudizio, se sarà demandata alla Cassazione la decisione sulla competenza territoriale del processo, se verranno accolte tutte le istanze delle parti civili. Nulla di nulla. 

    Questa è la giustizia italiana, bellezza! Non c’è da stupirsi. 

    I tempi quindi si allungano, e per arrivare anche solo ad una sentenza di primo grado (sempre se ci celebrerà il processo) si dovrà attendere come minimo un altro anno, che diventerebbero automaticamente due nel caso di ricorsi in appello e Cassazione. Significherebbe 2025. 

    Tre anni per una sentenza definitiva su un caso che ,invece, la giustizia sportiva sta già esaminando ora e su cui, in parte, ha già sentenziato. Tre anni (ipotetici) contro pochi mesi (reali). E con la FIGC che , dopo tutto il casino che ha sollevato, ha deciso a sorpresa di non costituirsi nemmeno parte civile. Anomalia nelle anomalie.

    Il presidente Gravina prima dichiara che il caso Juve sta “danneggiando l’immagine del calcio”,  impugna la decisione del Tar sulle carte Covisoc presentando immediato ricorso al Consiglio di Stato, eppoi non si pone parte lesa  nel processo ordinario. Qualcosa non torna.

    Il rinvio a maggio della prima udienza sul caso Juve  ripone inoltre in discussione il tema su tempistica e superficialità della giustizia sportiva. Soprattutto quando la materia in giudicato è particolarmente complessa e controversa , ed un giudizio affrettato e magari sbagliato può compromettere la gestione stessa di un club. E non può essere di certo la spinta del “sentimento popolare”, spesso iper-giustizialista, a determinare con celerità le decisioni delle istituzioni sportive.

    Persino il Consiglio di Stato, chiamato di recente a pronunciarsi sul ricorso federale, sta prendendo tempo prima di mettere per iscritto l’intero dispositivo della sentenza emessa già  l’11 marzo. Venerdì scorso è stata riunita la Camera di Consiglio  per esaminare nel dettaglio il caso, ma ad oggi ancora non è stata pubblicata la spiegazione nel merito della decisione presa dalla corte 15 giorni fa. Perché ogni parola va pesata, misurata, pensata. 

    Solo la Federazione ha sempre fretta di decidere, col rischio di produrre aborti come quello di Calciopoli. Con Giraudo che adesso, col suo ricorso già accettato dalla Corte di Giustizia di Strasburgo, potrebbe anche riuscire a riaprire dopo 17 anni. Eventualità che, finora, alla FIGC nessuno ha mai preso in considerazione. A torto. Sempre per colpa della solita fretta che trasforma le questioni giudiziarie sportive in partite di calcio, metafora usata anche per il caso Prisma dal ministro Abete, tornato a chiedere “regole uguali per tutti”. Juventus e le altre.  

    Giustizia e coerenza. Perché se la CAF usa prima il pugno duro sulla Juve e poi la FIGC non si costituisce parte civile nel processo che la riguarda qualcosa stona.
     

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