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  • Inter, anche Mancini colpevole

    Inter, anche Mancini colpevole

    Come fosse il salvatore della patria, così è stato (ri)accolto Roberto Mancini sulla panchina dell'Inter. Come Il più persuasivo predicatore del verbo vincere; perché il tecnico jesino - a distanza di molti anni - fu in grado di condurre nuovamente il club nerazzurro ai vertici del campionato nazionale, preparando terreno fertile per José Mourinho. E dopo qualche tempo, per uno strano scherzo del destino, i nerazzurri sembravano esser tornati al punto di partenza, affossati dalla gestione Mazzarri (tecnico mai entrato nelle grazie della tifoseria), ma soprattutto dalle difficoltà incontrate dalla nuova società. Ecco perché l'Inter ha nuovamente pensato a Roberto Mancini, convinta che chi ha saputo sollevarla una volta, avrebbe potuto tranquillamente farlo una seconda. 

    TROPPI ESPERIMENTI - Una scelta rischiosa, che al momento non ha ancora totalmente pagato , nonostante la campagna acquisti condotta in estate sia stata completamente adattata ai desideri del tecnico di Jesi. Un fattore che mette a riflettere tutti quelli che pensavano che Roberto Mancini fosse il vero top player di questa squadra e che adesso si ritrovano probabilmente a doversi ricredere. A Mancini tanti meriti per aver attratto a Milano, come una calamita, parecchi elementi che solo qualche anno fa non sarebbero transitati neanche per sbaglio dal capoluogo lombardo, ma è lecito attendersi qualcosa in più. Ad oggi l'ex City non ha fatto la differenza in campo e l'Inter sta pagando molti dei suoi esperimenti. 

    FILO CONDUTTORE - Impossibile non imputare al tecnico nerazzurro un pizzico di arroganza e qualche scelta eufemisticamente definibile dubbia: dopo nove giornate di campionato, il Napoli di Sarri inizia a mostrare concetti di squadra, mentre l'Inter di Mancini arranca. 4-3-3, 4-3-1-2, 4-3-2-1, 3-5-2, 4-4-1-1, l'ex City le sta provando quasi tutte, ma raccogliendo sempre i medesimi risultati. Dopo le prime cinque gare vinte giocando male, sono arrivati anche tre pareggi e una sconfitta, tutte contraddistinte da prestazioni di basso livello. 

    PIU' CONCRETEZZA MENO UTOPIA - L'utilizzo dei diversi giocatori in zone di campo non propriamente di loro competenza è uno degli elementi di maggiore discussione: Da Guarin ala destra a Kondogbia interno di centrocampo, Mancini ha spesso dimostrato di badare poco alla concretezza, rincorrendo un calcio utopico difficilmente applicabile alle caratteristiche dell'attuale Inter. In mezzo al campo manca la qualità, ma Gnoukouri continua a guardare dalla panchina Melo e Medel sforzarsi nel tentativo di compiere giocate che non gli appartengono . Lo stesso accade in attacco: Ljajic - vero attaccante - si accomoda in panchina, Guarin finto attaccante gioca tra i titolari largo a destra nel tridente, una posizione mai interpretata prima. Perché? Gli interrogativi sono tantissimi e tutti legittimi e Roberto Mancini, giunto a Milano come una specie di santone, inizia a percepire intorno a lui un alone di dubbio. Chiaro che il tecnico non sia neanche lontanamente in discussione, ma se l'Inter fatica a diventare grande non è solo per colpa degli altri. 

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