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  • Inter-Roma: Pioli e Spalletti 'facce da talk'. L'unica rivalità è contro la Juve

    Inter-Roma: Pioli e Spalletti 'facce da talk'. L'unica rivalità è contro la Juve

    • Giampiero Timossi

    Manipulite e Piedipuliti. Tangentopoli o Calciopoli (che poi starebbe a significare città del calcio e quindi nulla a che vedere con l'inchiesta del 2006), pallone o politica: è tutto un “talk”, non si scappa. E lo show pretende che la formula sia sempre la stessa: dopo la caduta di qualsiasi ideologia bisogna chiacchierare, a prescindere.

    Occhio: l'importante è cambiare idea il più spesso possibile. Quel che raccontano i “dibattiti” politici in tv lo spiega benissimo “Una settimana da Talk”, la prima inchiesta fatta dal divano che ho deciso di leggere, senza assolutamente pentirmene. Gran pezzo quello di Andrea Minuz (docente di Storia del cinema e dei media alla Sapienza) e pubblicato su Il Foglio del lunedì. Leggendolo, sul solito Italo, treno Milano-Roma, ho pensato che quello che vediamo e facciamo in tv è (quasi) la stessa cosa, anche quando si parla di calcio e in fondo ormai di tutto lo sport.


    Prendete il nuovo stadio di Roma, che “ a Tor di Valle non si farà mai” e “farlo a Tor di Valle è stata una nostra grande vittoria”; prendete “stiamo con Uber” e poi “stiamo con i tassinari”: in quest'arte del talk tutto vale e il MoVimento di Beppe Grillo recita un ruolo da protagonista. Non è l'unico, ovvio, c'è chi ha fatto e farà peggio. Con una sfumatura: i grillini dicono che ai talk non vogliono partecipare e invece lo fanno e vanno anche alla grande. Ecco, in questo sono assolutamente assimilabili (e viceversa) ai protagonisti del calcio-business. I signori del pallone parlano solo quando gli pare.

    Così ha fatto Stefano Pioli: ha straperso la sfida con la Juve, ha attaccato per giorni l'arbitro, tralasciando come Handanovic sia stata in quella sfida il migliore in campo, mentre il portiere bianconero sia di fatto rimasto inoperoso. Non entro più nel merito di quegli episodi, posso solo dire che la squalifica di Icardi mi è sembrata eccessiva, che lui ha comportamenti sciocchi, ma che in quel caso mi sembrava volesse scagliare il pallone al Diavolo e non verso quel diavolo dell'arbitro Rizzoli.

    Non è questo il punto. Che è invece un altro: l'Inter ha meritato la sconfitta, anche contro la Roma. E pure in questo caso gli episodi per protestare c'erano, eccome: l'intervento di Strootman su Eder, in area giallorossa, era un rigore, questo sì inequivocabile. Eppure niente proteste, alla faccia dei “graffi” in settimana, dei sospetti buttati alla rinfusa, del computo dei rigori dati e negati.

    Il che, con immutata stima e simpatia nei confronti di Pioli (pronto a lasciare il posto ad Antonio Conte, ormai sembra che a fine campionato andrà davvero così), porta a considerazione. E' questa: nell'Italia della chiacchiere un'ideologia resta. E' quella dell'interista contro lo juventino. E dello juventino contro l'interista. Così, 25 anni dopo Tangentopoli. E quasi undici estati dopo l'inizio della cosiddetta Calciopoli.

    Il resto sono chiacchiere, appunto. “Sugli errori arbitrali, in conferenza, ho detto che alla fine si bilanciano. La differenza tra i rigori dati c'è, ma non l'ho detto per fare polemica”, ha sostenuto Pioli. Ieri sera. “Abbiamo vinto meritatamente. La moviola non mi interessa, per tutta la settimana non si è parlato d'altro e si è mancato di rispetto verso i miei giocatori”, ha risposto Spaletti. Ieri sera. Che gran facce di talk.    


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