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    Inzaghi ma non solo: perché i processi sommari toccano esclusivamente gli allenatori?

    Inzaghi ma non solo: perché i processi sommari toccano esclusivamente gli allenatori?

    Simone Inzaghi è un esempio che vale per tutti. Nel suo caso, la stagione non si è ancora conclusa ma i primi processi sono già iniziati: è bastato perdere due partite di fila e vedere sfumare il primo traguardo stagionale che la maggior parte delle critiche del mondo Inter sono tornate a farsi particolarmente severe a proposito dell'operato dell'allenatore piacentino. Lo abbiamo scritto nei giorni scorsi, a proposito della “dolce” condanna che spetta soprattutto a giocatori e tecnici delle grandi squadre: almeno in Italia, arrivare nell'ultimo mese della stagione a giocarsi la possibilità di conquistare tre titoli e rischiare poi di rimanere a mani vuote cambia ogni tipo di prospettiva. E di giudizio. In pochissimo tempo.

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    Soltanto domenica sera, Sergio Conceiçao si lamentava del trattamento mediatico riservatogli nei quattro mesi della sua avventura alla guida del Milan. Un'avventura caratterizzata da improvvisi ma isolati picchi, come la conquista della Supercoppa Italiana a pochi giorni dal suo arrivo o la recentissima qualificazione alla finale di Coppa Italia a spese dell'Inter, e da lunghi periodi di down, riassunti nel nono posto in Serie A (a distanza siderale dai piazzamenti europei) e dall'eliminazione dalla Champions League per mano di Dinamo Zagabria e Feyenoord. La ridda di voci sul nome del suo successore ha fatto da colonna sonora ad un'esperienza destinata a concludersi, a prescindere dall'esito della finale di coppa a Roma, nella quale le sue responsabilità sull'andamento altalenante della squadra sono state molte. Ma non esclusive ed assolute.

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    Igor Tudor può essere preso ad esempio come un altro protagonista di questo complicato e poco equilibrato mondo che è quello del calcio. Accolto come salvatore della patriaa fare da contraltare ad un Thiago Motta dipinto quasi coi toni dell'untore di manzoniana memoria – dopo un paio di successi risicati, oggi sembra essere finito a sua volta nel “frullatore” in cui si è convertita la Juventus, reduce dal brutto stop di Parma. Un “frullatore” che sembra scombussolare tutti, dai vecchi agli ultimi arrivati, denotando che la causa di un rendimento per certi versi assimilabile a quello del Milan – tremendamente altalenante – non potesse essere solo attribuibile all'allenatore di turno.

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    Queste tre storie ci raccontano che nell'analisi di una squadra vanno tenuti in considerazione molti più fattori. All'Inter, per esempio, Simone Inzaghi ha saputo costruire un'annata che già oggi è tra le migliori della storia recente nonostante la sconfitta del derby di Coppa sia stata solo l'ultima dimostrazione che alcune riserve non siano allo stesso livello di determinati titolari. La gestione delle forze è stata possibile finché l'importanza delle partite non ha rivelato una verità certificata dai fatti: che la rosa a disposizione di Inzaghi non è così lunga come si immaginava e che le ultime finestre di mercato non siano state così redditizie.

    A detta di tanti, il valore dell'organico del Milan non è rispecchiato dai risultati ben al di sotto delle aspettative che sono stati raccolti. Da queste pagine, abbiamo evidenziato in più occasioni che i problemi della prima metà di stagione non potessero essere ascrivibili solamente agli errori di Paulo Fonseca e che oggi non sia del tutto giusto correlare i numeri anche peggiori di Conceiçao al fallimento degli obiettivi minimi. La decisione di tornare ad affidarsi ad un direttore sportivo “tradizionale” per la prossima stagione è la naturale conseguenza di una serie di scelte tecniche poco centrate che hanno pesantemente condizionato il rendimento della formazione rossonera.

    Alla Juventus ha pagato Thiago Motta, colpevole certamente di non essere riuscito a calarsi un contesto particolare e molto diverso da quello di Bologna e, al netto di qualsiasi giustificazione, di aver fallito alcuni appuntamenti alla portata. Poi ci sono delle valutazioni che andrebbero fatte sull'acquisizione di giocatori che non si sono dimostrati quello che chi ha puntato su di loro credeva che fossero. Il mercato di “riparazione” di gennaio ha corretto poco delle contraddizioni e delle mancanze lasciate in eredità da quello estivo e tra qualche settimana rischia di essere uno dei motivi per provare a spiegare un flop che, anche sotto il profilo economico, sarebbe complicato da giustificare agli occhi della proprietà.

    Abbiamo scelto tre casi eclatanti, ma potremmo estendere il ragionamento a mille altri situazioni: perché i processi sommari colpiscono soltanto gli allenatori?

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