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  • Inzaghi 'Milan, voglio dare la maglia a Paloschi'
Inzaghi 'Milan, voglio dare la maglia a Paloschi'

Inzaghi 'Milan, voglio dare la maglia a Paloschi'

 

C’è quella storia del cuscino di Milanello. Pippo Inzaghi l’ha raccontata nella sua ultima autobiografia. “Quando pranzo a Milanello metto un cuscino, lo stesso cuscino, sulla sedia: è un rito iniziato per caso e da allora è diventata una piccola scaramanzia”. Nel libro ‘300 gol (e non ho ancora finito)’ trovi immagini, commenti, aneddoti: Pippo che alza la Champions League vinta nel 2007 col Liverpool grazie a una sua doppietta, Pippo con una bottiglia di Beck’s sul pullman scoperto che gira per le strade di Milano, Pippo che mostra ai tifosi la maglia celebrativa per i trecento gol in carriera: “Avete visto cos’ho fatto?” Ancora un altro gol. Non importa come, Pippo se ne frega dello stile. L’importante è buttarla dentro, segnare, godere, esultare sotto una curva che urla il tuo nome. Gol. Di destro, di testa, di sinistro, di punta, di piatto, di stinco, di nuca, di petto, di tibia, di naso, di spalla. Di culo, anche. Il fine giustifica i mezzi e il fine è sempre la rete. Dieci, venti, trenta, quaranta, cinquanta, sessanta, settanta. Record. Inzaghi l’ha stabilito una sera di novembre cominciando dalla panchina. Doppietta al Real Madrid e settanta gol in Europa, uno in più di Gerd Müller e stessa cifra di Raul, che ha eguagliato Inzaghi approfittando del grave infortunio occorso al bomber rossonero pochi giorni dopo. Rottura del legamento crociato del ginocchio sinistro. Stagione finita, dicevano. E però Pippo vuole rientrare prima della fine del campionato per dare una mano al Milan nella volata scudetto. Nel frattempo è tornato per un giorno a San Nicolò, il suo paese d’origine, per inaugurare un campo a lui dedicato dopo la vittoria al Mondiale 2006. “Per me è una grande soddisfazione. Mi fa piacere che i giovani possano giocare a calcio nel posto dove sono nato e cresciuto - dice Inzaghi a Generazioneditalenti.com - e in cui è iniziata la mia carriera”.
I giovani. Pippo li segue, li incoraggia, li consiglia. “Da piccolo - continua - sapevo che avrei fatto il calciatore, ma non avrei mai immaginato di raggiungere certi traguardi. Pensare che un giorno qualcuno del mio paese possa ripercorrere le mie orme è motivo di grande orgoglio. La cosa più importante, però, è giocare per divertirsi. Il resto viene dopo, anche perché non è facile diventare un campionissimo”.
 
Inzaghi è nato in un rettangolo con i lati di gesso e un dischetto al centro: questa è l’area di rigore, è zona mia, è la mia proprietà. Un campo, due porte, un pallone da buttare dentro: oggi Pippo ha bisogno di quello che gli serviva ieri, quando era un giovane centravanti di una squadra di provincia che giocava con i calzettoni abbassati e la maglia fuori dai pantaloncini. “La passione deve esserci sempre. Non solo nel calcio, ma in qualsiasi professione. E’ la passione che ti permette di raggiungere grandi traguardi, oltre all’impegno e al sacrificio”. La settimana scorsa Gigi Cagni, allenatore di Inzaghi ai tempi del Piacenza, ha detto a Generazioneditalenti.com che i giovani d’oggi non sanno cosa sia il vero sacrificio. “E’ chiaro che non si diventa campioni da un giorno all’altro. Sinceramente - prosegue Inzaghi - non riesco a parlare di ‘sacrificio’ per un calciatore, che rispetto ad altri ha la fortuna di conciliare lavoro e passione. Penso che un giovane giocatore debba sapersi gestire: allenarsi sempre e bene, seguire un’alimentazione corretta, andare in campo con il massimo impegno, senza però avere l’assillo di diventare un campione”.
 
L’erede è Alberto Paloschi. Pippo sogna di cedere a lui la maglia numero 9 del Milan, che al momento detiene il cartellino dell’attaccante a metà col Genoa. “In Paloschi vedo l’Inzaghi del futuro. Alberto - dice ancora il bomber rossonero - è giovane, ha la testa giusta ed è umile”. Pippo ammira Gilardino e Pazzini, spera di rivedere Cacia in serie A e augura una grande carriera a Guerra, attaccante classe ‘89 del Piacenza che come lui è nato a San Nicolò. “So che Simone sente la pressione di giocare con la maglia della propria città e davanti ai suoi tifosi, ci sono passato anch’io. Guerra è un ragazzo serio e sono sicuro che con la maglia biancorossa farà ottime cose”. Pippo va a letto presto ogni sera, cura l’alimentazione e non sgarra neppure oggi che viene considerato come uno degli attaccanti più forti di sempre. Da piccolo Inzaghi segnava tre gol, trascinava le giovanili del Piacenza e alla fine della partita si fermava ad allenarsi da solo. Palleggi, tiri in porta, destro-sinistro-destro. Oggi è uguale. “Ai genitori dei giovani calciatori mi sento di dire che fare sport è bello perché ti permette di stare insieme agli altri e ti insegna a rispettare determinate regole. Non si gioca a calcio per diventare fuoriclasse, ma per divertirsi”. Il luna park è ancora a San Siro.

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