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  • Isco, che fenomeno! C'è lo zampino di Ancelotti dietro la disfatta dell'Italia

    Isco, che fenomeno! C'è lo zampino di Ancelotti dietro la disfatta dell'Italia

    • Furio Zara
    Siamo di fronte a un fenomeno? Forse. La sensazione è quella. In ogni caso ci sbilanciamo: se non lo è ancora, Isco lo sta diventando. Molto presto farà il salto di qualità da ottimo giocatore a fuoriclasse. Dovrà essere sempre più decisivo, solo così entrerà a far parte dell’élite dei grandissimi di questo momento storico. Ma i segnali ci sono. Ha talento, personalità, sfrontatezza. Ha l’età giusta. 25 anni. E’ cresciuto con calma, gradualmente, baby-boom a Malaga, giovane artista da gestire a Madrid, ora è sbocciato definitivamente, in maniera impetuosa. Nato trequartista puro a Malaga, fu Ancelotti a spostarlo indietro regalandogli orizzonti nuovi, ora è Zidane a godere del suo estro.

    Non è stata la prestazione con l’Italia a illuminarci, non sono stati i due bellissimi gol (destro, sinistro), Isco ormai da un paio d’anni è uno di quei potenziali campioni che riempiono gli occhi e consolano l’anima di chi ama il calcio, a prescindere dal tifo. Quella che è cominciata è la sua quinta stagione a Madrid, ha debuttato in nazionale nel 2013, sia col Real che con la Spagna non sempre in questi anni ha brillato, pause e passaggi a vuoto sono stati fisiologici, ma il momento è arrivato. Ci siamo. Cosa ci piace di Isco? Facile: tutto. Ma più di tutto, la sua conoscenza dell’abc del calcio. La semplicità con cui ripulisce ogni gesto e lo porta vicino alla perfezione. Guardatelo: niente è superfluo in lui, tutto è funzionale all’idea di calcio che il ragazzo porta con sè. Isco è uno di qui rari casi di giocatori-armonici, che danno respiro ad ogni movimento. Partiamo da un dato basilare: ci sono due-tre giocatori al mondo, in questo momento, che nel primo controllo del pallone creano già i presupposti per la fase successiva, quella della giocata che andranno a fare.

    E’ questione di tempi, di reattività, di cervello collegato al piede, di movimenti naturali. Banalmente: pochissimi sono quelli che stoppano il pallone come Isco. Con la sua naturalezza, la sua pulizia, la sua ricerca della perfezione. Ogni volta è un libro nuovo che si apre. Siamo qui a raccontare di un gesto elementare, forse il più elementare dei gesti quando si gioca a calcio, perché è facile rimanere abbagliati dalle qualità evidenti dello spagnolo: il tiro con entrambi i piedi, la lettura del gioco, i tagli al centro, il dribbling nel breve, il saper giocare “a testa alta” come dicevano gli allenatori di una volta, i colpi da circo con cui solletica la nostra fame di calcio (tunnel e sombrero, per dire). Ma è nel controllo del pallone che Isco si distingue e si avvicina, l’abbiamo detto, alla perfezione. Quando il pallone impatta il suo piede trova riparo e consolazione, trova soprattutto un orizzonte di bellezza: questo è il calcio, nient’altro.

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