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  • Italia e Arabia Saudita, ecco come è fallita l’alleanza per i Mondiali 2030: c'entrano Conte, Draghi e il caso Regeni

    Italia e Arabia Saudita, ecco come è fallita l’alleanza per i Mondiali 2030: c'entrano Conte, Draghi e il caso Regeni

    Italia e Arabia Saudita, ecco come è fallita l’alleanza per i Mondiali 2030. Il Sole 24 racconta gli elementi che hanno portato al fallimento dell'idea di una candidatura congiunta per l'edizione della rassegna iridata che si giocherà fra otto anni, e per la quale si sono già candidati Argentina, Uruguay, Paraguay e Cile, e Portogallo e Spagna (a cui si dovrebbe aggiungere l’Ucraina). 

    Il quotidiano economico riporta di come, al momento, la candidatura dell'Arabia sia rimasta ancora nel mondo delle idee, fra incontri formali e non, in cui anche l’Italia ha preso parte, ma che non hanno portato a nulla per un accordo che portasse a ospitare il Mondiale nei due Stati, insieme all’Egitto. Ora l’Arabia Saudita potrebbe cambiare partner e organizzare la manifestazione con la Grecia.

    Se quella europea è portata avanti dal presidente della UEFA Aleksander Ceferin, la candidatura di Arabia Saudita, Egitto e Grecia è sostenuta da Infantino. Il numero uno della FIFA, prossimo alla rielezione, sostiene da tempo la rivoluzione sportiva del Paese arabo, come ha sancito l’incontro fra lo stesso dirigente e il principe ereditario Mohammed bin Salman lo scorso 1° febbraio in Bahrein.

    Ma come è fallito il progetto Arabia Saudita-Italia per ospitare l’evento? Facendo un passo indietro che ci porta tra l’autunno del 2020 e la primavera dell’anno successivo, la federazione saudita, sempre con il sostegno della FIFA, ha avviato un pressing sulla FIGC e promosso nel contempo colloqui riservati con il governo italiano all’epoca guidato da Giuseppe Conte. Colloqui che hanno assunto rilevanti connotazioni economiche e diplomatiche.

    Formalmente i colloqui si incentrano sulla possibilità che l’Italia fornisse assistenza a Riad per la formazione di allenatori, arbitri, dirigenti sportivi e per lo sviluppo del calcio femminile (nel frattempo Riad sponsorizzerà i prossimi Mondiali di calcio femminili in Australia e Nuova Zelanda, con Visit Saudi, l’ente nazionale per il turismo).

    A un certo punto, però, sul tavolo del presidente della FIGC Gabriele Gravina arriva il dossier Mondiali. Una proposta che appunto prevede l’organizzazione congiunta, assieme all’Egitto, della rassegna iridata. Il piano prevede (come per l’edizione del 2026 allargata a 48 nazionali) che siano tre i Paesi ad ospitare i match, ma addirittura in tre continenti diversi. In cambio del know how calcistico dell’Italia, Riad sarebbe stata disposta a farsi carico di gran parte degli ingenti investimenti infrastrutturali necessari ad ammodernare il parco stadi della Penisola.

    Gravina prese tempo, data la rilevanza della questione. Il presidente federale aveva già in mente di candidare l’Italia all’Europeo del 2032 e soprattutto aveva chiare tutte le conseguenze di una scelta, che in termini di politica calcistica, avrebbe messo l’Italia in difficoltà nel contesto UEFA. Della proposta venne perciò informato Palazzo Chigi.

    Il 9 settembre del 2020, nella prima missione internazionale dopo il lockdown, Infantino volò a Roma ad incontrare il premier Conte, insieme a Gravina. Come riferiscono le agenzie, si discusse del cosiddetto piano Marshall elaborato dalla FIFA per sostenere le federazioni indebolite dalla pandemia. Ma, di fatto, la questione della potenziale candidatura italo-saudita fu il piatto forte della riunione. Infantino sondò la volontà di Palazzo Chigi. A Conte non dispiacque la prospettiva che l’Italia organizzasse un Mondiale di calcio.

    Tuttavia, il presidente del Consiglio pose una serie di questioni ostative legate al rispetto dei diritti umani e, soprattutto, fece presente le complicate relazioni che intercorrono tra Italia ed Egitto a causa della mancata collaborazione del governo egiziano nel fare chiarezza sulla morte di Giulio Regeni avvenuta al Cairo all’inizio del 2016. Inoltre, stava per scoppiare a livello mediatico il caso di Patrick Zaki, ingiustamente detenuto nelle prigioni egiziane dal 7 febbraio 2020.

    Di mezzo, quindi, ostacoli diplomatici, ma l’Arabia Saudita non si arrese e promise di farsi carico per provare a risolvere queste controversie che coinvolgevano i due Paesi con i quali avrebbe voluto organizzare il Mondiale. Si arrivò quindi a fine ottobre 2020, quando le massime autorità dello sport saudita sbarcarono a Roma per sottoscrivere con il presidente Gabriele Gravina un accordo bilaterale diretto ad intensificare la collaborazione reciproca.

    Dopo la firma, l’Arabia Saudita proseguì nella preparazione del dossier per quanto la nuova ondata di Covid rallentasse ogni decisione. Nell’aprile del 2021, venne anche mostrato ai vertici della FIGC il video della possibile candidatura con il volo del pallone tra la Mecca, Luxor e Roma.

    Nel frattempo, scoppiò il caso Superlega, con la spaccatura tra la FIFA di Infantino e la UEFA di Ceferin che vide la FIGC saldamente schierata sul fronte europeo. A Palazzo Chigi dal febbraio 2021 intanto si era insediato Mario Draghi. Zaki era ancora in carcere e rischiava 25 anni di prigionia, mentre nessuna novità si registrava sulla vicenda Regeni. Riad capì allora che sarebbe stato ancora più difficile persuadere l’Italia e decise di puntare le sue fiches sulla Grecia, passando da Roma ad Atene. 

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