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  • Juve: 5 maggio, scudetto infinito

    Juve: 5 maggio, scudetto infinito

    Dalla soleggiata Udine, quel giorno, alla Torino inumidita dalla pioggia, secondo le previsioni odierne. Ma è sempre 5 maggio. Sono passati 4.018 giorni, ma è come se il tempo non fosse passato. Il ricordo dei gavettoni bianconeri al Friuli e delle lacrime interiste all’Olimpico romano è fresco. Antonio Conte che abbraccia Alessandro Del Piero Ronaldo il Fenomeno incredulo e disperato per un epilogo che neanche i migliori giallisti avrebbero potuto pensare in quel modo. Ecco perché se c’era un modo per rendere speciale il 31° scudetto, il destino ha scelto quello migliore. La possibilità di brindare a un nuovo 5 maggio riaccende nei tifosi quei brividi che l’ennesimo successo - annunciato dall’abitudine zebrata alle vittorie - avevano un po’ sopito. Se tutto andrà secondo copione (manca un punto per l’aritmetica), oggi per i tifosi della Juventus sarà come festeggiare una gioia nel giorno di Natale o in quello del compleanno. Perché lo scudetto è lo scudetto, ma il 5 maggio è una ricorrenza a prescindere nel calendario bianconero. Gigi Buffon e Conte c’erano nel 2002 e saranno protagonisti anche oggi. Sono i punti di contatto tra due giornate diversissime tra loro. Lo scudetto del 5 maggio 2002 è entrato nella storia per la sua imprevedibilità, questo al massimo può entrarvi per una superiorità mai messa in dubbio. «Prima di entrare in campo a Udine, nessuno di noi sperava in un finale così», assicurano Tacchinardi Zambrotta Iuliano . «Quel 5 maggio - aggiunge Conte - se mi avessero chiesto le percentuali di vittoria prima della partita con l’Udinese, avrei detto lo 0,0001%. Invece... poi accadde qualcosa di incredibile, che solo il calcio sa regalare: la sconfitta dell’Inter in casa della Lazio e noi che vincendo a Udine conquistiamo uno scudetto che veramente era qualcosa di bello, di straordinario e, sinceramente, anche di insperato». L’opposto, insomma, dell’attuale stato d’animo della truppa juventina. Che non si sente al sicuro («Manca ancora un punto» è il ritornello dell’ultima settimana), ma è ben consapevole che nemmeno un finale thrilling potrebbe mandare all’aria la missione.


    FESTA DOPPIA Il 31° scudetto è a un passo. Ma oggi - per le vie di Torino e in tutti gli angoli bianconeri del mondo - la sensazione è che non si brinderà soltanto al trionfo di Buffon, Pirlo e tutti gli altri. Gli applausi agli attuali idoli si mixeranno idealmente ai ringraziamenti per l’impresa indimenticabile di undici anni fa. Un pomeriggio tanto sorprendente quanto godurioso per il popolo juventino. Vincere in rincorsa (e nel 2002 la Juve, a 90 minuti dal gong, era dietro di un punto) procura sempre un gusto particolare, riuscirci all’ultimo ostacolo (e per giunta ai danni dell’Inter) è qualcosa di ancor più gigantesco. A maggior ragione per un gruppo che, due anni prima, aveva bagnato le lacrime nel nubifragio di Perugia. «Lo scudetto perso contro la Lazio in quel modo era stata una tragedia sportiva. Ma il 5 maggio ci ha ricompensato di quella delusione. Ricordo, infatti, un bellissimo abbraccio spontaneo tra quelli che - come me nel 2000 - avevano vissuto lo psicodramma», racconta Alessio Tacchinardi.

    ANEDDOTI Abbracci, urla, gavettoni. Se per i tifosi il 5 maggio è storico, per i giocatori immemorabili sono anche i momenti vissuti in quell’ora e mezza trascorsa al Friuli. A Tacchinardi capita ancora adesso di rivedere nei sogni il Marcello Lippi adrenalinico degli ultimi minuti contro l’Udinese. Il tecnico urlava «calma, calma», ma in realtà il cuore gli batteva all’impazzata: «Si girò verso di me perché sentiva boati contrastanti sulle tribune e, nonostante avesse vietato le radioline in panchina, mi chiese cosa stava accadendo all’Inter contro la Lazio. E quando io gli risposi che i nerazzurri stavano perdendo 4-2, per tre volte mi ha ripetuto: “Non ci credo, dai non ci credo, dimmi la verità”. E subito dopo si è messo a incitare la squadra con una carica incredibile». Antipasto dell’eccitazione successiva: « Maresca era impazzito, a tal punto da meritarsi le battute ironiche di Del Piero. Ma perfino Thuram , abitualmente pacato e riflessivo, non stava fermo un secondo. Beh, Conte era incontenibile: impossibile dimenticare anche la sua polemica con Materazzi ». Sotto la doccia erano finiti tutti, compresi i magazzinieri «che in realtà - conferma Gianluca Zambrotta - forse erano gli unici che avevano immaginato veramente il miracolo. Al fischio finale, stupendo un po’ tutti, avevano pronte le maglie celebrative con la scritta 26. Quello del 5 maggio è stato il mio primo campionato vinto. Conquistarlo in quel modo non dico che valga una Champions, ma quasi quasi...».

    TELEFONO CECO In mezzo al delirio assoluto, anche una telefonata più sentita delle altre. Destinatario Karel Poborski , trasformatosi nell’incubo interista del 5 maggio: «Tramite Nedved - spiega Mark Iuliano - lo abbiamo chiamato tutti insieme per ringraziarlo. Cosa gli abbiamo detto di preciso non lo so, ricordo invece che lui stava scappando da Roma in auto...».
     


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