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  • Juve, come te nessuno mai

    Juve, come te nessuno mai

    • Matteo Quaglini
    C’è un’egemonia che perdura nel tempo, trasversale e duratura sul campionato italiano. Questa egemonia, questo fenomeno ha un nome, Juventus. L’affare Higuain ha certificato il controllo e la capacità rapida e precisa di movimento di una società che pensando sempre al futuro, sta con la testa e la mente ben salda sul presente. Questa è la mentalità dei vincenti, quella fatta di tanti passi alla volta, di lungimiranza, d’intuizioni laddove gli altri vedono il deserto. Quello che a noi interessa però, ora che domina il campionato e il mercato, non è fare un peana alla Juventus, ma raccontare e spiegare i perché di un fenomeno calcistico trasversale: l’egemonia imperitura della stessa squadra in cent’anni di calcio italiano. 

    Il fenomeno è proprio questo un periodo di governo e forza che dura da sempre. Qualcosa che nel calcio non è mai riuscita a nessuno né in Italia e nemmeno in Europa, anche il leggendario Real Madrid ha avuto periodi nei quali ha ceduto la sua supremazia, pur vincendo.  Per capire dobbiamo mettere insieme due dati storici: le vittorie traversali della Juventus e le altre egemonie che si sono conclamate nella storia della nostra serie A e vedere che c’è chiara e netta una differenza, sostanziale e decisiva.
    La Juventus oggi è quella degli anni ’30, del quinquennio di Edoardo Agnelli, di Combi-Buffon, di Rosetta-Barzagli, di Calligaris-Bonucci, di Orsi-Dybala. E’ quella dei migliori talenti stranieri ieri e oggi ingaggiati in Sud America, ieri e oggi scritturati in quelle sacche europee dove vigeva e vige la carriera aperta al talento, Francia e mondi slavi. E’ quella dei grandi italiani. E’ insomma una linea continua, semplice e precisa che ha stabilito i suoi connotati nel 1925 con la politica del calcio industriale e programmatico. Questo è il primo dei perché la Juventus sia un fenomeno trasversale e inattaccabile nel calcio italiano. 

    La serie A ha avuto altre egemonie mitiche, il Bologna degli anni ’30 di Dall’Ara che “tremare il mondo fa” prima squadra italiana a vincere un trofeo internazionale (la coppa Europa centrale 1932, ma non c’erano nomenclature UEFA allora); il Grande Torino, scritto con la G maiuscola per dire con una lettera, tutto.  La grande Inter dell’iperbole H.H e dal fascino gotico; fino al Milan del primo decennio Berlusconi 1988-96, costruito nell’anima dall’ideologia indipendente olandese, dall’opulenza della ricchezza che tutto può e poco considera, ma anche su un’idea suggestiva e internazionale di rottura col classicismo italiano.  Nessuno di questi eretici del football è diventato “modello” cioè architrave del suo pensiero. Nessuno pur vincendo tutto o molto, pur rimanendo nella storia della serie A per estetica e classe, nessuno ha compiuto la rottura dell’egemonia chiamata Juventus. Perché? Uno dei motivi l’abbiamo individuato sopra ed è la politica di una continuità stilata e organizzata a tavolino, quella è e da quella non si deroga. Il modello, il classico incontrovertibile. 

    Le squadre più forti della storia in campo internazionale hanno ragionato così, ma dopo non prima del modello inventato da Edoardo: Il Real di Don Santiago Bernabeu; il Liverpool di Bill Shankly, L’Ajax di Michels, il Barcellona di oggi che è figlio di quello di Cruijff. Un altro perché sta in Boniperti. La sua Juventus 1972-86 ha vinto con lui alla presidenza 9 scudetti più tutti i trofei internazionali dell’UEFA. Allora come oggi c’erano avversari di valore che poco alla volta si sono arresi. Erano la Milano del calcio che a metà anni ‘70 era in crisi economica esattamente come oggi; erano il Napoli di Vinicio e Maradona, la Roma illuminista di Dino Viola. Su tutto però c’era Boniperti un hombre della casa per dirlo con linguaggi spagnoli. Un uomo che faceva della conoscenza sia dei meccanismi interni che di quelli del campionato, da grande giocatore qual era stato, la sua diversità. 

    Ecco il punto che ha dato trasversalità alla Juventus avere un soldato che si batte per una causa, per un ideale di vittoria. Può piacere oppure no, può affascinare oppure apparire grigio in chi ad esempio ama anche le suggestioni, i controsensi, le oscurità e non ragiona solo in funzione del vincere ma, in ogni caso, costituisce una differenza storica che ha contribuito a creare un solco col resto dei pretendenti al trono di questa egemonia.
    Il romanticismo di altre grandi figure come Rivera, Bulgarelli, Facchetti, Antognoni che hanno tentato la carriera di Deus ex machina nel milanismo, nell’interismo, nella Bologna del calcio fino e nella città- stato per eccellenza, si è scontrato col pragmatismo di un altro fuoriclasse come loro. Ecco dunque un perché ancora una volta incontrovertibile: nessun interesse per una filosofia di alto livello ma tutta l’attenzione sul concretismo, sul risultato.
    Questi eretici hanno combattuto assieme alle loro squadre una battaglia impari e per questo meravigliosa, contro un avversario imperituro cha ha sempre fatto, nella sua storia pluricentenaria, le stesse mosse ma sempre bene, sempre al momento giusto. Spiegare le altre diversità richiederebbe tempo, molto. Le elenchiamo così come fossero bastioni di una fortezza inattaccabile e dove ciascun tifoso “eretico “potrà analizzare e, accostandolo/i alla sua squadra cercare di capire da dove possa entrare a far breccia appunto, la sua squadra del cuore. Eccoli dunque questi pilastri di egemonia: gli Agnelli; dirigenti scaltri e mammasantissima del mercato; la forza ammirevole e gloriosa del non arrendersi mai e credere nella vittoria di fronte all’ostacolo mica davanti alla strada spianata; il senso feroce di appartenenza; i migliori giocatori.

    A noi resta un compito giornalistico capire se ci sia un vuoto nel quale qualcuno possa infilarsi e rompere l’egemonia. Il punto di rottura del magistero Juventus va cercato, a nostro modesto avviso, nelle stesse rivali. Ci vuole un programma che sia pluriennale che tenda alla costante costruzione, che imposti un’identità non più solo eretica, ma soprattutto filosofica. Ci vuole per le rivali un Edoardo Agnelli che dica da oggi e per sempre noi lavoriamo così! Ci vuole la mentalità del superare l’ostacolo.  Il campionato che sta per arrivare sembra chiuso e non c’è attacco all’egemonia si dice, ma di questo parleremo a tempo debito, con un’analisi eretica sulla fenomenologia juventina della vittoria. 

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