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  • Juve, Allegri non ha più niente da dire

    Juve, Allegri non ha più niente da dire

    • Giancarlo Padovan
      Giancarlo Padovan
    E’ tempo che la Juventus, dopo la Champions e la Coppa Italia, perda la sua prima partita anche in campionato. Accadrà questa sera al San Paolo contro il Napoli e non ci sono posto e avversario più meritevoli di questa soddisfazione. Se poi la sconfitta sarà solo un incidente di percorso o riaprirà davvero il campionato lo diranno le gare successive. Dieci punti, comunque, non rappresentano un margine di sicurezza adeguato per una squadra stanca e angosciata dalla probabile eliminazione in Champions. Nel 1999/2000 proprio la Juventus, guidata allora da Carlo Ancelotti, aveva nove punti di vantaggio sulla Lazio a otto giornate dalla fine. Eppure perse lo scudetto nella fatal Perugia.

    Perché sono così pessimista nei confronti della squadra di Allegri?

    Perché una settimana fa, a Bologna, abbiamo dovuto constatare quanto, dopo la sconfitta di Madrid in casa dell’Atletico, la Juve sia sulle gambe, quale grigiore determini la totale assenza di idee, come Ronaldo e Mandzukic risultino latitanti, a che cosa vada incontro una difesa statica ed esitante.

    La vittoria contro il Bologna è stata immeritata e casuale, i giocatori di Mihajlovic avrebbero dovuto incassare addirittura qualcosa più del pareggio. La Juve ha tirato una sola volta in porta ed ha fatto gol. Non è la forza dei forti, è la fortuna di un gruppo che possiede ancora la migliore qualità individuale e ogni tanto la ritrova, anche se ormai sempre più raramente.

    Allegri è sotto tiro non perché probabilmente fallirà di nuovo in Champions, ma perché la rivolta dei tifosi non gli risparmia accuse a proposito del gioco e dell’organizzazione, soprattutto quella offensiva. Non è vero, poi, che l’allenatore juventino è uscito dai social solo perché gli erano venuti a noia. La sua è la scelta di uno che, nel momento cruciale della stagione, non ha più niente da dire. Sarebbe preferibile che facesse parlare il campo, ma in questa fase mancano gli uomini, quindi i presupposti. Chi gioca sta peggio di chi è infortunato (Khedira, Cuadrado, Douglas Costa che forse andrà in panchina) e c’è da chiedersi come siano stati calibrati i carichi di lavoro durante la pausa invernale. Un dato è certo: quando avrebbe dovuto viaggiare quasi al massimo, la Juve si è piantata.

    Rispetto a Bologna può avere fatto solo minimi passi in avanti. Una settimana non è sufficiente per ritrovare brillantezza e anche pensare che arrivi fra dieci giorni, quando a Torino è atteso l’Atletico, è avventato per non dire di peggio.  

    Per me a Napoli l’aspetta una dura lezione. Sia perché la squadra di Ancelotti ha ritrovato il gol (quattro a Parma), sia perché cerca questa partita per dare un senso non ancora irreversibile al campionato. Certo, se non si dovesse riaprire la sfida per lo scudetto, al Napoli resterebbe sempre l’Europa League, un trofeo tutt’altro che secondario che anzi regalerebbe al club di De Laurentiis una dimensione raggiunta solo una volta nella storia.

    Però sono convinto che il Napoli, pur essendo lontano dalla Juve in classifica, giochi meglio dei bianconeri, che Ancelotti abbia valorizzato elementi lasciati in retrovia nel gruppo di Sarri, che Milik sia vicino alla definitiva consacrazione

    Il giorno per dimostrare che tutte queste cose sono vere è oggi. Novanta e passa minuti nei quali il Napoli mostrerà forza e varietà di gioco, freschezza atletica e determinazione, compattezza e dinamismo per battere i migliori, incluso Cristiano Ronaldo. La Juve resterà prima, ma avrà ancora meno certezze di prima. E da una falla può aprirsi una voragine. 

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