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  • Juve padrona:| Grandi acquisti solo nel 2014

    Juve padrona:| Grandi acquisti solo nel 2014

    Padrona in Italia, ma non basta: le vittorie “pagano” la scalata in Europa. Il piano industriale del 2010 rispettato in pieno. Top player solo nel 2014. A meno che Drogba... L’ascesa finanziata dagli introiti della Champions. Gli affari affidati a vivaio e osservatori.
    Progetto Juve: il meglio deve ancora venire.
    Vincere aiuta a vincere è tra le più banali e inesatte massime calcististiche, ma nel caso della Juventus è il fondamento stesso del piano industriale compilato nel 2010 e che prevede cinque anni di successi e di guadagni. Anzi: di guadagni basati sui successi, o viceversa, perché davvero la vittoria è la benzina che alimenta il progresso bianconero. È una necessità, prima che un obiettivo. È l’unica garanzia possibile sul futuro. La Juve è molto avanti in classifica, è campione d’inverno malgrado sia ancora autunno, ma è molto avanti soprattutto nel suo meticoloso progetto di espansione, compilato al dettaglio e cadenzato dai risultati della squadra. A gioco lungo, la missione è entrare stabilmente tra le otto società più ricche d’Europa e di conseguenza tra le otto squadre migliori. Oggi, in base al fatturato è tredicesima e in base ai risultati sportivi tra le prime sedici, in linea con il piano. Vincendo s’arricchisce, e dà un senso alla profezia di Conte: «Adesso non possiamo permettercelo, ma arriverà il giorno in cui anche noi prenderemo un campione da quaranta milioni». La data è stabilita: giugno 2014. L’estate prossima ancora no, è troppo presto. Prima, la Juventus ha la necessità di qualificarsi per altre due volte in Champions e di centrare poi almeno gli ottavi di finale: questo garantisce ricavi per cinquanta milioni a stagione. I primi cento serviranno a ridurre di tre quarti il passivo di bilancio. Gli ultimi 50 per comprare l’uomo del salto di qualità. Resisterà il tetto salariale di quattro milioni a stagione, cui si adeguerà Buffon con il nuovo contratto a al quale dovrebbe adattarsi Drogba, se volesse venire a Torino. Con i bonus (fino a un milione per ogni trofeo conquistato), la paga del top player può però aumentare anche del cinquanta per cento. Quello che conta è che al rischio d’impresa partecipano i giocatori: la Juve ha quella che definisce una «strategia modulata» che calibra il costo del lavoro e i ricavi, che a loro volta dipendono dai successi sportivi. Nel piano quinquennale è ammessa una sola eccezione, un solo anno senza Champions, che verrebbe compensato sacrificando un gioiello. Ma adesso, al contrario di Inter e Milan, la Juventus non ha la necessità né l’intenzione di vendere. In estate ha rifiutato 30 milioni per Vidal e Marchisio, e non ha neanche dovuto sforzarsi. A gennaio non sono previste spese: può arrivare un prestito o un parametro zero (tipo Drogba) in attacco (Bendtner è stato operato, tornerà a marzo) e verrà un difensore, probabilmente Peluso, al posto di Lucio, con cui è stata formalizzata la rescissione del contratto, ma solo attraverso uno scambio. Nel gennaio scorso, invece, si decise un “extrabudget” di cinque milioni per assoldare Padoin e Caceres: l’opportunità di vincere lo scudetto caldeggiò quel passivo non previsto. Per il resto tutto è calcolato, preparato, pianificato. In attesa di poter spendere, si lavora sui parametri zero (il prossimo sarà Llorente, gran colpo) e sui giovani: la Juve destina al vivaio 6-7 milioni a stagione, è l’unico club d’Italia ad avere un dirigente dedicato alla cura dei calciatori in prestito o in comproprietà che, dalla A alla seconda divisione, sono una settantina, diciotto dei quali (tipo Immobile, Gabbiadini, Boakye, Leali, Sorensen) sono considerati di primo livello, ovvero potenzialmente buoni per la prima squadra o per lo meno in grado di generare valore sul mercato. Finora Marotta e Paratici hanno reclutato diciottenni, o giù di li. Ma il secondo step è l’innalzamento dell’asticella e l’abbassamento dell’età: ora si andrà a rastrellare quindicenni in giro per il mondo, perché costa meno e in prospettiva può rendere di più, se alla base ci sono organizzazione, conoscenza e competenza. Alla Juventus sono consapevoli che in Italia nessuno, se non la Roma, ha un piano di sviluppo del genere, e quindi la distanza con la concorrenza è destinata ad aumentare. L’unica condizione è che Conte continui a vincere, è lui che ha in mano il bancomat. L’anno scorso ha accelerato i tempi: “bastava” la Champions, è arrivato lo scudetto. La strategia modulata prevede gli intoppi, ma sa adeguarsi anche alle sorprese belle.


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