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  • Juvemania: Agnelli ha previsto tutto

    Juvemania: Agnelli ha previsto tutto

    • Andrea Bosco
    Presidente Andrea Agnelli: come pensa di poter colmare il gap finanziario e sportivo con i migliori club europei?
    “Ho una convinzione: lo staff dirigenziale della Juventus, tranne Marotta e Mazzia, che sono fuori quota, è fatto di quarantenni. Lavorando assieme e duramente, per un'altra decina d'anni, credo che questo gruppo possa portare la Juventus a diventare il primo club d'Europa“.
    Tradotto: del mondo.
    E se fra un anno o fra due, le portassero via Marotta, Paratici o Nedved? 
    “Non è previsto“. 

    I novanta minuti di intervista fatta dal parterre degli opinionisti di Sky mediati da una raffinata e composta conduttrice hanno svelato  progetti e pensieri del numero uno dei campioni d'Italia. Ma hanno detto nelle singole specificità molto di più. Hanno riannodato il passato con il presente. E hanno illuminato i possibili futuri scenari.
    Non è previsto, ha detto Agnelli. E la sua non sembrava una ipotesi. Quanto piuttosto la volontà determinata di centrare un obiettivo tanto ambizioso. Che guarda caso è simile a quello che poco prima di Calciopoli, Antonio Giraudo aveva consegnato in una intervista al Corriere della Sera: “La mia intenzione è quella di far diventare la Juventus il club più potente del mondo“.
    Dati alla mano, introiti e fatturato, prima di Calciopoli, collocavano al Juventus di Giraudo, Moggi e Bettega, al terzo posto in Europa. A poche decine di milioni di euro di differenza da Real Madrid e Barcellona. Oggi dopo la “purga” giudiziaria e mediatica, la Juventus è al decimo di quella speciale classifica. Con un fatturato che è poco più della metà dei club di vertice, guidati, ancora, come allora, dal Real Madrid.

    QUELLA “RIFORMA“ DA RIVEDERE - Per capire cosa potrà accadere negli anni a venire, quali alleanze si svilupperanno in Italia, in Europa e nel mondo, a livello di progetto sportivo, di riforme, di mercato, il sistema-calcio nazionale, non potrà prescindere da questa intervista. Dalle domande e dalle risposte. Forse è un segno della capricciosa Eupalla. Che nel momento in cui sia l'Inter che il Milan sembrano avviate (ma sarà vero? Sarà vero che Moratti e Berlusconi vogliano farsi definitivamente da parte?) a proprietà interamente cinesi, Agnelli abbia parlato, in modo determinato  di cosa rappresenti la sua famiglia da quasi cento anni al comando della Juventus.

    Ancora gli chiedono: e se domani arrivasse uno sceicco con una offerta pari al doppio o al triplo del valore della Juventus? 
    “Ogni offerta, risulta proporzionale - risponde Agnelli - alla volontà di cedere. La mia famiglia detiene il 63% del pacchetto azionario della Juventus. Ergo...”. 
    Tradotto: si può vendere la quota di maggioranza del "Corriere della Sera" rilevando quella dell'Economist. Ma la Juventus non è in vendita.
    Ha parole aspre, con retrogusto ironico, Agnelli verso i gattopardi che in Lega gli dicono di “frenare” con le riforme, perché la cosa più importante è (a parere di lorsignori) la “conservazione“. Spiega che al termine di un paio d'ore di discussione, la Lega ha partorito una bozza d'accordo per far sì che fra due anni si possa trovare una data per giocare anche dopo Natale, senza stoppare il campionato per settimane. Come fanno in altre Leghe. Ma dure sono le parole di Agnelli verso la riforma Melandri,  che per il presidente della Juventus, ha partorito una legge sulla spartizione dei diritti televisivi, che ha affossato (a differenza di quanto accade in altre Leghe) la capacità delle società del campionato con maggiore bacino di utenza di vendere unilateralmente il proprio prodotto.

    Gli chiedono quale sia stato il momento più delicato della sua gestione, se l'addio di Del Piero, quello di Conte, o quella classifica da retrocessione dopo la decima giornata del campionato appena archiviato.
    “Nessuna delle tre . Ce n'è una quarta: quando per sei mesi - dice - la Juventus, stante la condanna sportiva di Conte, si è ritrovata senza allenatore“. Ma è stato più traumatico - lo incalzano - l'addio di Del Piero o quello di Conte? 

    “STILE“ JUVE?: VINCERE - Qui esce la grinta del presidente manager, ma soprattutto dell'uomo al quale la famiglia, sei anni fa, ha consegnato le insegne del comando.
    “I giocatori passano. Passano gli allenatori. Si alternano i dirigenti e i presidenti. Non la Juventus: la società resta“. 
    Tradotto: nessuno può pensare di essere al di sopra della società. Nessuno può pensare di contare più della società.
    Non reputa che se la Juventus dovesse vincere il sesto scudetto di fila, il campionato italiano diventerebbe una noia, avrebbe minore appeal, anche all'estero? 
    Agnelli spiega che il Bayern ne ha vinti quattro di fila. Che in Spagna con la variante Atletico, il bottino viene spartito tra Real e Barcellona. Mentre sta completando il pensiero gli chiedono cosa sia mai lo “stile“ Juventus? 
    “Francamente non lo so. Però posso dire  cosa sia per me : vincere“.  
    I tifosi hanno scelto lo slogan “Fino alla fine“. La società li ha accontentati e ne ha fatto il suo mantra. Ma che quella di vincere - di bonipertiana memoria - non sia importante, ma l'unica cosa a contare, è una idea che il figlio di Umberto ha ereditato dal padre e dallo zio Gianni oltre che dal nonno fondatore della dinastia calcistica. 

    LA PANTERA E LA MANGUSTA - E' una nuova Juventus,quella di Andrea Agnelli. Che ha pagato i suoi conti dopo il tornado Calciopoli, che considera forfora sulla giacca le accuse di sudditanza psicologica da parte degli arbitri, che rammenta senza troppo infierire di non avere un solo uomo in Lega e in Federazione. Non so se avete mai letto “Il libro della giungla“ che Kiplig pubblicò nel 1894. E' un libro istruttivo, pieno di metafore, con animali che sembrano umani. In quel libro c'è una protagonista che si chiama Bagheera: è la pantera nera che protegge il giovane eroe della storia. Così veloce e feroce da mettere in soggezione anche la possente tigre Shere Khan, mangiatrice di uomini. La Juventus di Gianni e di Umberto era simile a Bagheera. Magari non era imbattibile, ma non potevi non essere sedotto dalla classe e dall'eleganza delle sue movenze, che di volta in volta, sul campo si chiamavano Martino, Sivori, Platini, Baggio, Zidane, Del Piero. Quello che forse non sapete è che un anno prima, Kipling aveva pubblicato un racconto che poi avrebbe inserito nel “Libro della jungla“ intitolato “ Rikki-tikki-tavi “. Un nome esotico che avrebbe acceso, in tempi più recenti, la fantasia musicale del menestrello Donovan e di un gruppo metal del quale non rammento il nome. Rikki-tikki-tavi è una mangusta. Un animale immune al veleno dei cobra. E' una cacciatrice di serpenti velenosi. E' di dimensioni ridotte. Ma è velocissima e il suo morso, micidiale. Nel racconto di Kipling, uno alla volta, fa fuori serpenti e serpentelli. Con chirurgica precisione. Anche lei al servizio di Mowgli, il fanciullo in grado, nella giungla,  di parlare con gli animali. 

    CORSA PER LA LEGGENDA - La Juventus di Andrea Agnelli – pur nel segno della continuità - ha qualche cosa di diverso rispetto a quelle del passato. Ha la storia, la tradizione. Ora è in lizza  per la leggenda. Per essere - se arriverà il sesto scudetto di fila - "la" leggenda  della lunga storia bianconera. Come la mangusta, del Nobel Kipling , sembra invincibile. Certamente non lo è: nessuna squadra al mondo lo è. Ma che “questi“ considerati nell'insieme siano un gruppo in missione, come i Blues Brothers per conto di “Madama“ è fuori discussione. Immune a qualsiasi tipo di veleno, uno alla volta, ha sbaragliato ogni avversario.

    E adesso sta programmando il finale che non ti aspetti. Mi dicono lo abbiano fatto il giorno seguente la “beffa“ di Monaco di Baviera. Dove, oltre al fatale minuto 94, il rimpianto è andato agli “eccellenti“ assenti: Chiellini, Dybala, Marchisio, un Mandzukic a mezzo servizio. Maturando la convinzione che con quei tre le cose sarebbero probabilmente andate diversamente. E che con qualche correzione, la grande, orecchiuta “bellezza“ possa essere afferrata, non già in due stagioni, ma dalla prossima .

    NON SI VENDE POGBA - Ha parlato Andrea Agnelli anche di mercato. Ha spiegato che le ali e i terzini li prendono Marotta, Paratici, Nedved, dopo essersi consultati con Allegri.  Che “non si vende Pogba“ perché il Polpo, non solo, così come Stephen Curry, è un uomo agonisticamente venuto dal futuro. Ma perché lo sponsor di riferimento lo ha collocato subito dopo, l'alieno dei Guerrieri della Baia. E perché la Juve dopo le partenze di Pirlo e di Tevez, ha bisogno nel mondo, per performare il brand, di nuovi supereroi. Come Paul Pogba. E come Paulo Dybala, per il quale impazziscono - ha rivelato Agnelli - i ragazzini. Non si è sorpreso dell'inserimento di Sturaro nei 23 selezionati da Conte. “E' uno tosto - ha detto mister president - uno che mi piace“. Tradotto: Sturaro al pari di Pogba non è sul mercato.

    E sempre in chiave mercato, ha spiegato  Agnelli,che la filosofia della Juventus resta immutata: metà della squadra titolare e possibilmente della rosa deve restare costituita da giocatori italiani. Per i successi della Juventus e possibilmente – come da tradizione - anche della Nazionale. Ogni giovedì, Andrea Agnelli, gioca con un gruppo di amici, una partitella. Fa il difensore. E pare lo faccia - per il suo livello - con efficacia.


    IL NASO DEL PRESIDENTE - Quindi immagino che quando alla domanda  “chi  è il suo calciatore preferito?“ alla stupita squadra di intervistatori ha risposto  “Montero“, solo i più disattenti non abbiano notato il suo linguaggio del corpo. Tradotto: Montero era un leader e un duro. Uno che non mollava mai. E soprattutto era uno che non “mollava“ i compagni nel momento del bisogno. La soddisfazione nella risposta era evidente. Non così nel momento di spiegare il time dei suoi attuali rapporti (“buoni“ ha detto Agnelli) con Antonio Conte, ora Ct della Nazionale. Dal divano di casa certamente la suggestione è diversa. E quindi non dirò che il naso del presidente si è impercettibilmente mosso. Ma forse dovrei, visto che poco prima aveva definito “inutili“ e in poche parole senza senso, “stage“ programmati a febbraio, per Europei da disputare a giugno . Dite che Morata, ha spiegato di voler vincere a Madrid? Che la Roma blinda Pjanic? Che l'armeno del Borussia non ha rinnovato e che Raiola lo porterà alla Juventus? Che Dani Alves è a un passo e che per Berardi è certamente fatta? Lo so. Ma per questa puntata passo. Ci aggiorniamo alla prossima .  
     

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