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    Juvemania, andare in Champions sarà un'impresa: lo spiega una frase di Tudor

    Juvemania, andare in Champions sarà un'impresa: lo spiega una frase di Tudor

    • Cristiano Corbo
    "Mi è piaciuto il primo tempo, mi è piaciuto il secondo". Non serve aggiungere molto altro. Negli occhi fieri di Igor Tudor si riflette il senso profondo di questa squadra, di questa partita, di questo momento. La verità è semplice e brutale: per la Juventus, conquistare la Champions sarà un’impresa. E può sembrare paradossale, se si pensa al mercato estivo, ai rinforzi di gennaio, alla possibilità di sostituire Vlahovic con Kolo Muani, o di avere Nico Gonzalez al posto di Koopmeiners. Ma il problema non è tecnico: il problema è che manca un filo conduttore. Questa è una stagione scollegata, senza una trama solida. E, soprattutto, è una squadra fragile. E ingenua, in egual misura.

    C'è un'altra risposta che pesa più di tante parole, ed è ancora Igor Tudor a offrirla, in conferenza stampa. Alla domanda, tanto semplice quanto pungente, "Si poteva giocare solo così, nel secondo tempo?", la risposta è arrivata cristallina: "Sì, si poteva giocare soltanto così, altrimenti chissà cosa sarebbe successo". Una dichiarazione che segna in modo netto la distanza tra Tudor e Motta – dal punto di vista caratteriale, senza addentrarci in altre analisi – e che rappresenta la prima, autentica ammissione di debolezza da parte della Juventus. Tudor lo dice senza giri di parole: al di là dei colori, degli stemmi, degli slogan, non c’è alcuna certezza di vittoria. Ogni partita è ancora tutta da guadagnare.

    Non esistono partite facili. E può sembrare una banalità, ma è il concetto chiave per comprendere questa Juventus. Negli alti e bassi, nelle dinamiche interne e nelle aspettative esterne. Non esistono partite facili perché, troppo spesso, è la Juventus stessa a complicarsele. È successo con il Monza, è successo a Parma: un buon inizio si è sciolto nella paura, nell'ansia, nelle sensazioni che bloccano gambe e testa. E scappare dall’ansia, quando alla pressione si aggiunge l’obbligo della prestazione, diventa quasi impossibile. Diventa una questione di vita o di morte, seppure sportiva.

    Ripartendo dall’onestà di Tudor, si arriva al cuore del problema: nella corsa alla Champions, la Juventus non parte favorita. Nonostante il nome, nonostante il blasone, nonostante una rosa che, sulla carta, resta superiore a quelle di Bologna, Lazio e Roma. Non parte favorita perché le altre, tutte, anche e forse soprattutto la Roma, hanno dimostrato di avere qualcosa in più: una traiettoria coerente, una crescita costante, una capacità di mantenersi oltre le aspettative. Non improvvisazioni, ma percorsi solidi.

    Che la Juventus sia ancora lì a giocarsela è più frutto del caso che del merito. È la stessa dinamica vista nel percorso di Kenan Yildiz: errori clamorosi che, però, diventano lezioni preziose. Ogni caduta è stata seguita da un tentativo di rialzarsi. Ogni rialzarsi, però, ha portato – per limiti di campo e di carattere – a un nuovo crollo. Un circolo vizioso che ha messo tutti in difficoltà. Tutti, tranne uno: Igor Tudor. Tra le righe, lo ha detto chiaramente. Questi "giovanotti", come li aveva chiamati, sono sicuramente talentuosi, ma non ancora pronti per affrontare davvero le difficoltà di un campionato. Figuriamoci la pressione di un duello spietato come quello per la Champions.

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