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  • Juventus-Milan in Arabia, il calcio si è venduto le donne

    Juventus-Milan in Arabia, il calcio si è venduto le donne

    • Mino Fuccillo
      Mino Fuccillo
    Quel segno rosso sulla guancia cosa era, pubblicità? Uno sbaffo rosso simil logo Nike adornava settimane fa il volto di giocatori, arbitri, chiunque fosse in un campo di calcio. Era il logo di cosa? Del calcio a fianco, a sostegno, in aiuto culturale ed etico alla condizione femminile ancora oggi sottoposta alla volontà del maschio padrone, dicevano... Lo sbaffo rosso sulla guancia del calcio era il noi non ci stiamo all'idea che la donna sia inferiore al maschio e sia cosa di cui il maschio può disporre, dicevano...

    Dicevano ma non era: settimane dopo il calcio italiano le donne se le è vendute. E se possibile ha fatto anche di peggio: dopo essersele vendute ha fatto la faccia innocente, intonando il classico chi, io? Con ancora i soldi in mano della vendita.

    Ecco la storia, scovata dal sindacato dei giornalisti Rai, in sigla Usigrai. E già questa che se ne accorga un sindacato aziendale mentre tutto il calcio non aveva visto, sentito, letto...Comunque l'Usigrai ne fa una buona, onore al merito. Che fa l'Usigrai? Legge quel che il calcio italiano mette nero su bianco in un pubblico comunicato. Legge che per Juventus Milan Super Coppa italiana che si giocherà a Gedda Arabia Saudita il 16 gennaio si possono acquistare due tipi di biglietti.

    Il biglietto single e il biglietto family. Il biglietto single lo possono acquistare solo uomini, maschi. Perché allo stadio ci saranno interi settori (i migliori ma questo è davvero dettaglio) riservati solo ai maschi, uomini. Settori vietati alle donne.

    Settori dello stadio dove le donne non possono sedere in una gara ufficiale della Lega italiana. Settori no donna perché donne inquinano, corrompono, portano la loro impurità di genere troppo a contatto con i maschi. E questo in una partita ufficiale della Lega italiana!

    Non è infatti Juventus Milan una partita che una squadra italiana va a giocare in un paese dove vigono regole che se vai in casa altrui devi rispettare o subire. La partita di Super Coppa è una gara ufficiale italiana dove il calcio italiano accetta tranquillo l'apartheid di genere. In punta di diritto è come se settori di san Siro, San Paolo o dell'Olimpico fossero vietati alle donne.

    Questo è e quando si viene a sapere il capo del calcio italiano, Gaetano Micciché, dice che...il rancio è ottimo e abbondante. Cosa dice Micciché? Dice che se con L'Arabia Saudita fanno affari tutti, anche il calcio fa affari con l'Arabia. Insomma invoca il così fan tutti. Realismo tosto in nome dei 22 milioni di euro per tre partite che l'Arabia paga.

    Realismo tosto, pelo sullo stomaco, crudezza da manager. Non bello, non edificante, un filo disgustoso ma almeno sembra ci sia il coraggio di ammettere: sì, le donne ce le siamo vendute.

    E invece no, invece arriva Micciché azzeccagarbugli. Dicono di Micciché manager con molte qualità, questa dell'azzeccagrabugli ce la poteva risparmiare. La versione in contemporanea e concordata (?) con l'ambasciata di Riad secondo cui non è vero le donne non possano quel giorno andare allo stadio da sole. Bontà loro, di Micciché e dell'ambasciata saudita, le donne non dovranno essere scortate in strada. Giunte allo stadio però non potranno sedere dove vogliono, ci sono i settori no donna. E su questo Micciché fa finta di non sapere.

    E poi l'ipocrisia a piene mani dello sport che unisce, del prima allo stadio lì le donne non ci potevano neanche andare...E il vittimismo del classico: "non strumentalizzate".

    Qui c'è nulla da strumentalizzare (qualunque cosa voglia dire strumentalizzare, verbo ormai usato da tutti ad assoluto sproposito). Mettiamo che Micciché con strumentalizzare voglia dire quel che strumentalizzare significa e cioè piegare i fatti a strumento delle proprie tesi ed azioni. Qui però non ci sono fatti da piegare: il calcio italiano accetta sereno che in una gara ufficiale delle Lega italiana allo stadio ci siano posti no donna. Accetta in una sua gara settori no donna, come spazi no dog. Accetta di giocare una sua gara accettando in quello stadio una cultura che fa della donna un'appendice materiale e giuridica del maschio, la donna come persona non allo stesso rango del maschio.

    Nulla da strumentalizzare, purtroppo. Magari da strabuzzare gli occhi sì: quella sera in diretta tv su Rai1 inquadrando le tribune ognuno potrà vedere gli spazi puri per soli maschi e quelli impuri con donne allo stadio. Spazi separati per evitate il contagio che una cultura sessuofoba teme allo spasimo.

    Nulla da strumentalizzare, purtroppo. Quella sera su Rai1 il calcio italiano mostrerà una scena coerente in fondo con quanto accade in India dove alle donne in età fertile è vietato entrare in tempio indù perché se entrano tentano la divinità.

    Il calcio italiano ha accettato, ci sta. E lo ha fatto per soldi. Il resto d'Italia, ministri, partiti, destra, sinistra, Salvini, Boldrini, M5S, Lega, Pd, Forza Italia, giornali e tv hanno tuonato indignati che è uno schifo, una vergogna, una cosa intollerabile.

    Tanto intollerabile che si farà, l'argomento forte è: ce le siamo già vendute, le partite e le donne. Un sovranismo pezzente, non solo del calcio.

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