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  • L'avvocato nel pallone: Genoa-Siena, chi sono i buoni e chi i cattivi?

    L'avvocato nel pallone: Genoa-Siena, chi sono i buoni e chi i cattivi?

    Nella nuova stagione sportiva e dei deferimenti “a pioggia” della Procura Federale uno, sebbene poco pubblicizzato, ha riguardato la vicenda della partita Genoa-Siena, disputata nel girone di ritorno dello scorso campionato di Serie A. Per chi non ricordasse, nel corso dell’incontro in questione, un manipolo di “tifosi” genoani interruppe la partita costringendo letteralmente i calciatori rossoblu a consegnare le maglie, in segno di protesta per lo scarso impegno tenuto dai giocatori sino a quel momento.

    L’episodio ha mobilitato anche la Procura della Repubblica di Genova, la quale ha chiesto il giudizio immediato (la cui udienza è fissata per il dicembre prossimo) per i tifosi individuati quali responsabili delle suddette condotte. 
    Ai tifosi- imputati, viene contestato, tra gli altri, il reato di violenza privata in concorso perché, come si legge nel provvedimento del 19 settembre scorso, “tramite violenza e minaccia, costringevano i giocatori del Genoa a togliersi le magliette sociali che indossavano per la partita (…)”.
    Curiosamente, solo una settimana prima la Procura Federale, sulla base dei medesimi “atti di indagine posti in essere dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova”, deferiva il Presidente del Genoa Enrico Preziosi, tutti i giocatori nonché il dirigente accompagnatore per lo stesso episodio. 
    Un errore?
    No, nessuno sbaglio. Secondo la Procura Federale, infatti, consegnando le maglie ai tifosi contestatori, i giocatori (e Preziosi nel consentirlo) avevano ceduto ad un’illegittima pretesa dei facinorosi legittimandone un comportamento violento, con violazione del principio di lealtà sportiva di cui all’art. 1 del Codice di Giustizia Sportiva.
    Proprio così: per il Pubblico Ministero i giocatori vittime della violenza dei tifosi, per il Procuratore Federale rei, assieme al loro Presidente, di una condotta contraria alla lealtà sportiva.
    Non si può fare a meno di notare l’incongruenza nella valutazione di un medesimo fatto, valutazione completamente diversa tra la Procura Federale e la Procura della Repubblica di Genova.
    Poco importa che, alla fine dei conti, i giocatori del Genoa siano andati esenti da condanna da parte della Commissione Disciplinare per una mera questione di diritto, ovvero l’applicazione del principio del “ne bis in idem” che, mutuato dal diritto penale, vieta di giudicare due volte un medesimo episodio.
    Infatti, secondo la Commissione Disciplinare, il fatto che la condotta dei calciatori del Genoa fosse già stata oggetto di valutazione del Giudice Sportivo impediva alla Commissione di rivalutare i fatti.
    La vicenda si è chiusa quindi in silenzio, ma una riflessione è d’obbligo sullo stato della giustizia sportiva nel calcio e, in particolare, sui tempi e i modi in cui questa viene gestita.
    Sicuramente ci sono state vicende più note, vedasi il caso Conte tra tutti, o per andare indietro nel tempo (ma non troppo) la c.d. Calciopoli, che hanno però evidenziato le lacune della giustizia sportiva e l’acquisizione senza le necessarie tutele di risultati delle indagini svolte nei procedimenti penali che si sono sviluppati di volta in volta parallelamente, e tocca aggiungere purtroppo, alle vicende sportive.
    Se, come evidente, non si tratta più di un gioco, ma di questioni a cui sono legati interessi molto più alti che i tre punti dell’incontro di cartello, forse sarebbe finalmente il caso di ripensare a nuove norme, in grado di assicurare processi giusti e con sistemi probatori a garanzia della ricerca della verità.
    Perché la c.d. celerità della giustizia sportiva non voglia automaticamente dire sommarietà, perché si assicuri la c.d. “parità delle armi” tra accusa e difesa, perché si proceda per fatti realmente gravi e individuati precisamente, senza dover ricorrere sempre e genericamente alla violazione di quell’articolo 1 in cui può ricadere tutto ma anche niente.
     
    Avv. Anna Cerbara
     
    Anna Cerbara, avvocato in Genova, si occupa professionalmente di diritto sportivo e diritto civile. Ha partecipato come relatrice a numerosi convegni nonché a pubblicazioni in materia di diritto sportivo. 

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