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  • La Juve e l'Euro spread.| Buffon: 'In Italia più facile'

    La Juve e l'Euro spread.| Buffon: 'In Italia più facile'

    Lo spread tra serie A e Champions, in preoccupante aumento, l’ha spiegato Gigi Buffon, appena uscito dal pareggio con il Nordsjaelland, terza squadra di Danimarca, terra che pure sarebbe fuori dalla zona deluxe del pallone: «In Europa l’asticella si alza, e capita che quel che ti può bastare per vincere in Italia, in Champions non sia sufficiente».  

    Anche se poi, tre pareggi non fanno la crisi dell’export, sostiene il capitano bianconero: «Quando costruisci sette-otto occasioni e ne concedi solo due-tre, se finisce pari, c’è anche un po’ di casualità». E pure per questo ha fiducia nella ripresa, a livello continentale: «Ora abbiamo due partite in casa, e dovremo far pesare questo fattore». Solo dopo si farà di conto, per l’ultimo viaggio, a Donetsk: «Dobbiamo pensare a vincerne due, senza fare calcoli, poi vedremo».


    L’analisi resta, se in Champions il patto di stabilità vacilla anche per chi, come la Juve, in Italia sta dominando da un anno: «Il fatto è che nello sport ci sono dei gradini - spiega ancora Buffon - e, rispetto al campionato, avventurarsi in Champions è un salto di qualità, e di difficoltà. L’asticella si alza». Detto che tre partite, di Champions, sono poche per tracciare un’affidabile tendenza, se ne può però analizzare il fatturato, tanto per rendere l’idea. Rispetto al prodotto interno, quello della serie A, all’estero la Juve trova maggiori difficoltà, davanti e dietro. In attacco s’abbassa la percentuale di gol per tiri fatti, di poco superiore all’8 per cento, e soprattutto non c’è mira, neppure se si spara da vicino: i bianconeri sono terzi in tutta la Champions per tiri dentro l’area di rigore, ma solo undicesimi per gol fatti (3 su 17 tiri). Nella specialità, in Danimarca, non ha aiutato avere Vucinic solo a mezzo servizio, per l’intossicazione alimentare presa con la Nazionale e che lo mette in dubbio per Catania. In Europa, pare s’allenti anche la sorveglianza, se in campionato gli avversari calciano verso Buffon 2,75 volte a partita, dato che in Champions raddoppia. Anche il possesso palla è meno esteso: in Italia si assiste invece alla sistematica occupazione del territorio.  

    C’è pure la stanchezza, patologia endemica per chi è iscritto a tutti i tornei: del resto, l’altra sera hanno rischiato pure il grande Barcellona e il Manchester United. «Penso che sia una logica conseguenza dell’avere più impegni», ragiona ancora Buffon. Già, per quel calendario intasato che la Juve non aveva la scorsa stagione e il Napoli sì: e si vide che fine fece in campionato. Prima di far programmi, allora, sarebbe bene dare un’occhiata all’agenda: la sfida con il Chelsea, il 20 novembre, sarà in mezzo ai duelli con Lazio (in casa) e Milan (San Siro). Non proprio due gite. Bisognerebbe tenerne conto, perché nella notte danese, la delusione per il pari sembrava aver subito lasciato spazio all’ottimismo. In fondo, visto con occhi juventini, basta battere Nordsjaelland, e passi, e Chelsea, il che pare un po’ più complicato. Ma c’è fiducia: «Non sono preoccupato, abbiamo due partite in casa», ripete Buffon.  

    Per l’impresa, conterà pure l’esperienza in Champions, proprio quella che mancava, mediamente, e manca, al gruppo bianconero. La merce rara che hanno invece i Blues e, per recenti e continuate frequentazioni, lo Shakhtar. Ci vuole anche altro, se gli undici bianconeri scesi in campo a Copenaghen avevano un totale di 312 presenze in Champions, contro le 306 dello United che ha ribaltato la partita con il Braga. Magari, per una volta, la spiegazione non è nei numeri, ma nei nomi: Hernandez, Rooney, Van Persie. Attaccanti.


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