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  • L'incosciente follia dei milanesi abbracciati sui Navigli. E il Sud dà una lezione
L'incosciente follia dei milanesi abbracciati sui Navigli. E il Sud dà una lezione

L'incosciente follia dei milanesi abbracciati sui Navigli. E il Sud dà una lezione

  • Marco Bernardini
    Marco Bernardini
Oggi, tra qualche ansietà e molte accortezze, i giocatori dell’Inter riprendono gli allenamenti. Sull’altra sponda, quella rossonera, si è fatta sentire la voce di Paolo Maldini il quale ha espresso l’augurio affinchè il campionato possa ripartire al più presto per poi concludersi in maniera regolare. Perché questo accada occorrerà attendere il 18 di questo mese. Una data nevralgica, anche per il mondo del pallone, che dovrà essere ratificata dal linguaggio dei numeri. Soltanto tra dieci giorni, infatti, sapremo se tutti i sacrifici fatti dagli italiani in questi due mesi drammatici sono serviti almeno ad 'addomesticare' il virus in attesa del vaccino che ci consentirà di annullarne i tragici effetti. Quel momento sarà la risultante della buona volontà e del senso comune di responsabilità che ciascuno di noi dovrebbe aver saputo esercitare. Strade diverse non ne esistevano e non ce ne sono.

Sicchè, sono state di sconcerto e di grande preoccupazione le scene arrivate, in rete o attraverso la narrazione dei media, ieri da Milano e più specificatamente dalla zona dei Navigli, il tempio indiscusso della movida italiana prima del tempo del coronavirus. Un’autentica folla perlopiù di giovani a fare capannello e a immortalarsi con selfie davanti ai tanti bar già aperti per l’asporto del tradizionale spritz. Sorridenti, con il bicchiere in mano, uno a fianco dell’altro addirittura abbracciati e senza mascherina sul viso.

Beata gioventù? Proprio per niente. I ragazzi di Milano forse pensavano di trovarsi in Antartide, unico luogo della Terra dove il virus non è arrivato, oppure molto più semplicemente avevano malinteso il senso della Fase 2, interpretandolo con un scellerato liberi tutti. Gioventù incosciente, dunque. Gravissimo, soprattutto, che un evento simile sia accaduto proprio a Milano. La città, ancora prima in classifica per il computo dei morti e dei contagiati, dove l’onda virale non accenna a decrescere tanto da spingere il sindaco Sala e il virologo dell’ospedale Sacco ad annunciare che un ritorno della metropoli alla 'zona rossa' è un rischio molto concreto.

Milano è una città che, con ottime ragioni, si è sempre dichiarata all’avanguardia nei settori più disparati della vita produttiva e di quella sociale. I milanesi non hanno mai nascosto di sentirsi un gradino sopra al resto degli italiani e in particolare alla gente del Sud, vista e giudicata dall’alto del Duomo come "facilona, pressapochista e ingovernabile". Un teorema da ribaltare anche alla luce di ciò che sta avvenendo da Roma in giù, dove sono davvero pochi quelli che trasgrediscono o infrangono le regole salvifiche. Milano oggi è una bomba. Basta sfiorarla per saltare in aria tutti quanti. Anche il calcio il quale, con un ritorno a due mesi fa, non avrebbe più la possibilità di riaprire.

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