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  • L'incubo dei tifosi: quando dormire è un optional

    L'incubo dei tifosi: quando dormire è un optional

    • Vittorio Niccolai
    Il sonno è importante, si ripete. Lo sa bene il Leonardo DiCaprio di “Inception”, che grazie a un apparecchio futuristico entra nei sogni delle persone per rubare segreti, modificare ricordi e inserire pensieri estranei. Col senno di poi, Carlo Tavecchio avrebbe potuto ingaggiarlo per invadere gli incubi di Jakob Johansson e instillare nella sua mente la mancanza di fiducia nel tiro dal limite dell'area. Ma esistono anche alternative più a buon mercato alla macchina dei sogni di DiCaprio. I petardoni, per esempio. Qui, i peruviani insegnano. “Hanno usato ogni trucco per provare a buttarci fuori” le parole del difensore neozelandese Andrew Durante, al termine della gara valida per la qualificazione ai Mondiali di Russia.

    ACCOGLIENZA SUDAMERICANA - Eppure l'ospitalità, in Sud America, è tutto. Per questo, sbarcata sul suolo peruviano intorno alla mezzanotte locale, la delegazione della Nuova Zelanda trova pronto un bus ultimo modello la cui unica missione è di accompagnarli all'hotel. Il tragitto dall'aeroporto al distretto di Miraflores si trasforma in una piacevole gita turistica in notturna; il traffico a Lima, al giorno d'oggi, non rispetta chi va di fretta, quindi tanto vale fare con calma. Anche alle due di mattina. Il pomeriggio successivo, episodio divertente: non si trovano le chiavi del cancello dello stadio di allenamento. Il bus è costretto a utilizzare un ingresso differente, più basso, dove finisce con l'incastrarsi. Alla fine la seduta di preparazione va in cavalleria, è vero, ma il riso fa buon sangue. La sera, in hotel, gli ospiti si possono rilassare con le esercitazioni a bassa quota di tre jet militari peruviani recanti il messaggio “Vamos Perù”; e verso le tre e mezzo di mattina, ecco i fuochi d'artificio sparati a ridosso delle vetrate dell'hotel. Con uno spettacolo così non ti passa per la testa di dormire. E poco importa se il giorno dopo il campo parla solo delle occhiaie della Nuova Zelanda e delle reti del Perù (che la prossima estate tornerà a un Mondiale dopo 36 anni di magra).

    NOTTI ARGENTINE - La penultima partecipazione dei peruviani a una Coppa del Mondo, nel 1978, li vede polverizzati per 6-0 dall'Argentina padrona di casa. Con questo successo i biancocelesti guidati da César Luis Menotti accedono alla finale contro l'Olanda, al Monumental di Buenos Aires, una città che in quei giorni cerca di nascondere gli orrori della dittatura militare di Jorge Rafael Videla mischiando la confusione della torcida con il silenzio assordante dei sequestri di persona. Nel ritiro orange si dorme poco; il clima è aggressivo, la pressione tangibile. Rivedendolo oggi, il viaggio verso il Monumental sembra particolarmente sconcertante. “Durante il tragitto verso lo stadio ci fecero fare un giro molto lungo. A un certo punto il bus si fermò in un sobborgo di Buenos Aires: la gente ci circondò, prese a colpire i finestrini e a urlare Argentina! Argentina! Non potevamo andare né avanti né indietro, eravamo intrappolati. Rimanemmo bloccati per venti minuti, terrorizzati, con le persone che continuavano a premere sui vetri,” il ricordo di Ruud Krol, uno dei leader di quell'Olanda. Non potendo popolare i sogni, gli incubi escono nella realtà. Il risultato finale dice 3 a 1 in favore dell'Argentina: è il primo titolo mondiale per l'Albiceleste, la seconda sconfitta consecutiva in una finale per il calcio totale dei tulipani.

    IL RUMORE DEI NEMICI - Se nel calcio sudamericano le serenate sono ormai tradizione, anche in Europa si sta diffondendo la moda di vegliare sul sonno della squadra ospite. Nell'aprile del 2010 ne è testimone l'Inter di Mourinho: infervorati da un video in cui i campioni blaugrana promettono la rimonta del 3-1 subìto all'andata, i tifosi accolgono la squadra nerazzurra all'aeroporto El Prat con la benevolenza che si riserva a un invasore barbarico, ovvero con spintoni, insulti e inviti a tornarsene a casa propria. Tutto nella norma. Al termine della conferenza stampa della vigilia, José Mourinho si riscopre bambino sull'ottovolante quando un manipolo di catalani decide di trasformare l'automobile che lo deve riportare in hotel in uno sbattitore: l'intervento della polizia evita che il portoghese impazzisca. E finalmente, intorno alle 3 di mattina del grande giorno, ecco apparire davanti all'hotel Don Juan Carlos i concertanti. Tamburi, corni e perfino suonatori di pentole, in mezzo a bandiere, magliette celebrative, cori e fuochi d'artificio. Nessuna Giulietta si affaccia dal balcone, e gli spagnoli vengono allontanati con poca poesia da un servizio di vigilanza privata; il Barcellona vince la partita, ma a passare in finale sono i nerazzurri.

    LIVERPOOL CALLING - Nel 2014 ancora Mourinho protagonista, stavolta nelle vesti da notte di allenatore del Chelsea, disteso sul letto di un albergo di Hull. Niente petardi, solo una telefonata nella notte precedente alla gara di campionato. A chiamare è un buontempone, tale James Smith, che si finge direttore dell'hotel. “I suoi giocatori stanno disturbando gli altri clienti con un estintore”. Il portoghese risponde con la bocca impastata: “No, no, non possono essere i nostri”. Solo un antipasto. Quattro mesi più tardi, la Premier League passa da Liverpool-Chelsea: terz'ultima giornata, la squadra di casa arriva all'appuntamento da prima in classifica, con tre punti di vantaggio sul Manchester City e cinque sui londinesi. Dopo aver individuato l'hotel dei Blues, Formby Hall, i tifosi organizzano l'azione di disturbo. Il piano di battaglia prevede un mega party con invasione della piscina dell'albergo, razzi e altoparlanti da discoteca. Alla fine, forse per la pioggia, non se ne fa di nulla: in compenso l'albergo viene bombardato per tutta la notte da telefonate. “Scusi, sono la moglie di Fernando Torres, mi può passare mio marito?” Lo spam telefonico non serve: ad Anfield il Chelsea vince 1 a 0, con l'errore di Gerrard che passa alla storia. Il Manchester City di Pellegrini raggiunge il Liverpool e lo supera: la volata per il titolo è sua.

    NAPOLI CANTA - A Napoli si dorme bene. Se non sei un giocatore del Real Madrid e devi giocare il ritorno degli ottavi di finale di Champions. Come il Barcellona sette anni fa, la squadra di Maurizio Sarri deve recuperare il 3 a 1 dell'andata: è la declinazione della remuntada in salsa partenopea. Un muro di fischi accoglie il gruppo di Zidane all'arrivo a Napoli, alla vigilia del match. Sarri chiama a raccolta l'ambiente: “Loro i più forti, noi avremo l'appoggio del pubblico migliore del mondo”. Nella notte un corteo composto da un centinaio di tifosi risale Via Carbonara e sfila attorno a Palazzo Caracciolo, dove dormono i calciatori spagnoli. Si canta “Un giorno all'improvviso”, l'orchestra che accompagna è composta da clacson e padelle. Considerando che per valutare il fragore del tifo durante l'inno della Champions è pronto per l'indomani un rilevatore di decibel, non è una sveglia semplice per i Blancos. Secondo il quotidiano “Marca”, in previsione di disturbi notturni, il Real Madrid avrebbe chiesto camere insonorizzate: è il primo esempio di contromisura difensiva. In mezzo ai cori, però, le tende di Palazzo Caracciolo ballano. Non si sa se l'ombra che si affaccia alla finestra sia quella di un calciatore spagnolo o di un poveretto con una riunione di lavoro al mattino. Al San Paolo i madrileni replicano il 3-1 e passano il turno, il tentativo di privarli del sonno non si è dimostrato efficace. A marzo. Ora siamo a novembre, ed è di nuovo una notte Champions. Arriva lo Shakhtar Donetsk di Paulo Fonseca. Chissà come si sono svegliati gli ucraini stamattina...

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