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  • L'Inter non salva la stagione, ma condanna il Milan al fallimento e agli 'zeru tituli'

    L'Inter non salva la stagione, ma condanna il Milan al fallimento e agli 'zeru tituli'

    • Giancarlo Padovan
    Il peggiore ha perso. Anzi, non è proprio esistito. L’Inter si è presa la Supercoppa italiana con tre gol (Dimarco, Dzeko e Lautaro) al termine di una partita che non c’è stata, perché l’ha giocata una squadra sola (l’Inter per l’appunto) contro un Milan che non c’è più e chissà quando tornerà. Non siamo nemmeno a metà stagione e il bilancio rossonero è fallimentare: meno nove dal Napoli in campionato, fuori dalla Coppa Italia agli ottavi (e in casa) per opera di un Torino in inferiorità numerica, sconfitta pesante, per non dire altro, nel derby della Supercoppa d’Arabia. Falliti due obiettivi e trequarti (sarebbe lo scudetto) , resta la Champions League dove, bene che vada, il Milan potrebbe arrivare ai quarti (affronterà un Tottenham in piena crisi), ma dopo uscirà certamente, consapevole che nel resto d’Europa è più dura che in Italia.

    Insomma la squadra di Pioli, tanto osannato la stagione scorsa, sta viaggiando verso gli zero titoli di mouriniana memoria e la conferma che lo scudetto dell’anno passato è stata un’eccezione. O, se volete, una concessione dell’Inter (che se lo è mangiato) e del Napoli (che l’ha regalato). Il resto l’ha fatto un mercato che non solo non ha portato benefici economici, ma ha imbottito la squadra di riserve di nessuna utilità. Il misterioso affare De Ketelaere (ieri in campo dal 65’ al posto di Brahim Diaz) racconta della sproporzione calmorosa tra investimento e rendimento. Delle due l’una: o hanno sbagliato Maldini e Massara o Pioli non gli sa trovare un ruolo, non riesce a motivarlo, in pratica non lo fa rendere come (forse) potrebbe.

    Alla vigilia, chi esplicitamente (il direttore di Calciomercato.com Gianni Visnadi), chi in maniera più sibillina (io), tutti avevamo detto o fatto capire che il Milan stesse peggio dell’Inter. Nessuno, credo, si aspettasse un divario tanto netto, una facilità di subire gol così manifesta, un’inerzia così palese. Dimarco, su assist di Barella, ha segnato dopo appena dieci minuti. Dzeko, su assist di Bastoni, ha raddoppiato al 21’. In entrambi i casi la difesa rossonera si è fatta sorprendere. Nel primo caso Dimarco era solo, come Barella, partito sul filo del fuorigioco. Nel secondo, l’unico difendente, “scherzato” da Dzeko, era il povero Tonali. Questo è avvenuto non tanto e non solo perchè la linea difensiva era alta (se si fa, bisogna far scattare il fuorigioco), ma perché il reparto era disattento. Kjaer, tra l’altro, ha tenuto in gioco Barella, gli altri non hanno saputo scalare all’indietro su palla scoperta. Anche perché la palla ha viaggiato veloce, sempre di prima. Va detto con chiarezza che l’Inter, oltre a strameritare il successo, non ha atteso, dunque non è ripartita. Ma, casomai, ha comandato a piacimento. Solo il terzo gol (77’) è arrivato da un lancio lungo, sul quale Lautaro si è fatto beffe di Tomori (scavalcato dal rimbalzo) prima di insaccare con un pregevole esterno destro sul secondo palo.

    Simone Inzaghi ha rivendicato il successo come “importantissimo”: E, in effetti, tutti i trofei lo sono. Tuttavia anche l’allenatore dell’Inter deve ricordare almeno un paio di cose. La prima: la Supercoppa è il meno “pesante” dei titoli che si possono vincere. La seconda: ammesso che, come la scorsa stagione, gli riuscisse anche questa volta la doppietta Supercoppa-Coppa Italia, non potrà dire che il bilancio è positivo. Sia l’anno scorso che quest’anno l’Inter aveva e ha la rosa più forte, più ampia, più guarnita. Forse perdere lo scudetto in questo campionato (il Napoli è di un’altra categoria) è meno grave che in passato. Tuttavia all’Inter si va per cogliere il massimo, non per due successi che fanno contorno. Per una volta, però, nessuno può imputare a Simone il 3-5-2 come modello di avarizia tattica. L’Inter si è spesa in tutte le fasi, è arrivata prima sulla palla, ha fraseggiato con precisione, ha proposto soluzioni offensive in quantità, senza mai speculare sul vantaggio. Di sicuro è stata agevolata dall’avversario, ma il merito è stato chiaro. E legittimamente premiato.

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