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  • L'Italia senza centrocampisti, un errore da non ripetere. Il 4-2-4 salva Ventura

    L'Italia senza centrocampisti, un errore da non ripetere. Il 4-2-4 salva Ventura

    • Giancarlo Padovan
    Lungamente sul ciglio del baratro, l’Italia si salva in Macedonia, contro la Nazionale numero 146 del mondo, con due gol, dentro l’area del portiere, di Ciro Immobile, negli ultimi sedici minuti di partita. Il risultato ci permette di tenerci agganciati alla Spagna in testa al girone, ma solo un punto sotto premono Albania e Israele.

    Purtroppo, giocando così - l’ho già scritto e lo riscrivo - si rischia di perdere anche il secondo posto che darà accesso ai play off. E’ stata una partita grottesca che Ventura, come al solito, ha affrontato con la formazione sbagliata. Non tanto nel modulo (il solito 3-5-2), ma negli uomini che, involontariamente, hanno dilatato il sistema di gioco in un inverosimile 3-1-6. La causa erano le posizioni di Bernardeschi e Bonaventura che non facevano le mezzali, ma le punte accanto a Candreva, da una parte, e De Sciglio dall’altra. Nel contesto, a rimanere prigioniero tra i flutti del centrocampo avversario, era Verratti che ha sbagliato più del solito e servito un assist delittuoso per il pareggio di Nestorovski.

    Eppure non sarebbe stato difficile capire che con appena due uomini a centrocampo avremmo pareggiato il numero di un reparto avversario ridotto all’osso. Infatti, con cinque difensori fissi e tre elementi offensivi, la Macedonia presentava appena due elementi di interdizioone. Ventura se ne è accorto solo a venticinque minuti dalla fine, quando eravamo sotto e, come al cospetto della Spagna, stavamo rischiando il tracollo. Questa volta Buffon ci ha salvato dall’1-3 con un volo plastico su colpo di testa di Mojsov. Parata, per me, decisiva perché con uno svantaggio di due reti l’Italia si sarebbe disunita definitivamente.

    E’ successo tutto molto in fretta, tra il 12’ e il 14’ della ripresa. L’Italia, in vantaggio per 1-0 con il primo gol di Belotti in azzurro, ha affrontato il secondo tempo molle e svagata, come se la partita fosse una pratica chiusa e ci si dovesse aspettare un paio di gol di lì alla fine. Invece, prima Nestorovski, servito da Verratti (!), è partito in contropiede fulminando Buffon. Poi, nel giro di poco più di sessanta secondi, Hasani ha chiuso con un tiro, sempre alla sinistra di Buffon, uno scambio tra Pandev e Nestorovski, a séguito di una palla velenosa persa da Bernardeschi

    I due gol, così come tutte le azioni pericolose della Macedonia, hanno avuto origine da sfondamenti centrali, con i nostri difensori costretti a rinculare pericolosamente. Questo è accaduto, al di là delle mancanze tecniche di Verratti e Bernardeschi, anche perché in mezzo non avevamo uomini né di filtro, né di schermo.

    Nel quarto d’ora successivo al sorpasso, l’Italia, già povera di risorse ed idee, si è pericolosamente allungata, concedendo alla Macedonia non solo il controllo del gioco, ma un predominio territoriale in tutto simile a quello che una volta, noi cronisti d’antan, chiamavamo assedio.

    L’unico a non perdere la testa - gliene va dato atto - è stato Ventura. Non solo perché ha inserito Sansone per Bernardeschi e Parolo per Bonaventura, ma anche perché ha ridato ordine alla squadra con l’amato 4-2-4. Parolo accanto a Verratti è stato provvidenziale, non perché abbia fatto cose eccezionali (anche se ha segnato un gol valido annullato per inesistente fuorigioco), ma per il solo fatto di essere un centrocampista e di tenere la posizione secondo dettato tattico.

    La Macedonia, che aveva corso e speso troppo, ha cominciato a perdere sicurezza, distanze, controlli. Più che l’Italia, a chiuderla nella propria metacampo ha provveduto la paura di non farcela. Infatti non ce l’ha fatta. Decisivo Ciro Immobile con i due gol (di punta e di testa). Ma non meno fondamentale di lui che l’ha messa dentro, anche Candreva, fornitore di due assist delicati e imprescindibili.

    Così, da una possibile Corea balcanica con un c.t. in bilico, si è passati alla gioia per una vittoria ormai insperata. Sì, l’Italia è brutta, quasi orrenda. Ma respira ancora.

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