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Librerie come palestre per allenare il cervello. La vera domanda è: 'Perché andavano chiuse?'

Librerie come palestre per allenare il cervello. La vera domanda è: 'Perché andavano chiuse?'

  • Marco Bernardini
    Marco Bernardini
Piccoli e timidi passi verso una parvenza di normalità. Il nuovo decreto firmato dal premier Giuseppe Conte prevede, per martedì, la riapertura di alcune attività industriali e commerciali. Tra quelle che più interessano e toccano da vicino il nostro quotidiano, due sono state accolte dalla comunità con spirito differente. Totale apprezzamento per il 'via libera' concessa a tutti i negozi che vendono articoli di abbigliamento per neonati e bambini. Una scelta giusta e motivata senza alcun tipo di riserva. I piccolissimi e i piccoli crescono alla velocità della luce. Un paio di scarpette o una tutina comprate un mese fa non vanno più bene e occorre provvedere. Così come per le mamme le quali in stato di gravidanza erano obbligate a indossare grembiuloni e vestiti extralarge e ora rivendicano giustamente abiti più femminili.

Curiosa e di fatto inattesa la reazione della gente al secondo provvedimento che prevede la riapertura a tempo pieno delle librerie, grandi o piccole che siano. Una cascata di commenti in rete. Alcuni di compiacimento, molti di indifferenza, tantissimi di critica. Alla base una domanda unica e precisa: 'Perché le librerie?'. Un quesito a mio avviso posto in maniera sbagliata perché, in realtà, l’interrogativo avrebbe dovuto essere un altro e formulato a tempo debito. Ovvero: 'Perché chiudere le librerie?'. Non si tratta di un sofisma ma di un ragionamento sul quale ciascuno di noi dovrebbe riflettere. 

Sarebbe troppo facile ragionare in termini romantici e squisitamente letterari della serie 'il libro nutre l’anima come il pane soddisfa le esigenze del corpo'. È ciò che, legittimamente, sostengono intellettuali e scrittori venendo per questa loro posizione giudicati 'radical chic' lontani dal pensare comune. Mettiamola dunque in un altro modo, più terra a terra, e diciamo che le librerie in un momento tanto complicato come questo sono in grado di fornire ciò che viene comunemente definito come un bene necessario. Esattamente e al pari delle edicole, grazie alla cui attività non abbiamo mai smesso di garantirci la corretta e democratica informazione su quel che di tragico sta accadendo in Italia e nel mondo. Tra l’altro in edicola vengono venduti anche alcuni libri così come nelle librerie possiamo trovare quotidiani, riviste, cd di musica e cinema.

L’aspetto economico della vicenda, poi, non dovrebbe rappresentare motivo di perplessità. Oltre alle grandi catene editoriali - Feltrinelli, Mondadori e Rizzoli - esistono migliaia di piccoli librai indipendenti che vivono il loro status commerciale da autentici artigiani con i pochi 'pro' e i molti 'contro' determinati dall’emergenza. Alcuni si sono inventati la distribuzione di libri a casa come per le pizze e i piatti da asporto garantendosi un minimo di incasso. Una goccia di dolce nel bicchiere colmo di veleno. Ora, con la riapertura, è augurabile che la situazione possa trovare una quadra almeno accettabile.

Tutto dipenderà dalla risposta che saprà e vorrà dare la gente a questa nuova fase la quale, è bene sottolinearlo, non comporta alcun tipo di rischio sanitario e nel caso certamente minore di quelli che possiamo correre andando al supermercato o in panetteria. Gli utenti di questo mercatino ritrovato potrebbero essere non solo i frequentatori abituali delle librerie, ma tutti coloro i quali sentiranno in bisogno di allenare anche il cervello. Le palestre sono chiuse e il divieto di andare a correre liberamente per fortuna ci risparmia le scene un poco patetiche dei maratoneti inventati con la pancetta e il fiato corto. A loro, che magari non hanno mai aperto un libro, l’invito a fare un salto in libreria per scoprire quanto leggere sia bello e faccia bene.

 

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