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    La buonanotte di Bernardini: il coraggio di Ginevra Elkann e la solitudine dei potenti

    La buonanotte di Bernardini: il coraggio di Ginevra Elkann e la solitudine dei potenti

    • Marco Bernardini
    La buonanotte è una parola. Una tra le più usate da noi italiani. “Magari” che significa due stati d’animo opposti. Il desiderio che qualcosa di speciale accada. La disillusione per qualcosa che non si è mai realizzato. “Magari” è il titolo del film che ha aperto il Festival del Cinema a Locarno. Opera prima di una regista dal cognome prestigioso. Lo ha scritto e diretto Ginevra Elkann, sorella di Lapo e di John, figlia di Margherita Agnelli e quindi nipote di Gianni.

    E’ la prima volta che un membro della dinastia trova il coraggio di narrare pubblicamente una parte della storia del suo clan. Non un documentario compiacente, ma un ottimo film che è persino “outing” appena mascherato dalla finzione. L’autobiografia è evidente. La storia di tre ragazzini obbligati a crescere praticamente “senza famiglia”. Padre e madre (Alain Elkann e Margherita Agnelli) hanno divorziato. La protagonista, Ginevra, sogna e si illude che un giorno il gruppo possa riunirsi. Così dalla sua anima, tormentata dal vuoto della solitudine, esce quell’urlo, “Magari!”, rivolto inutilmente alla luna. Destino e affetti non sono in vendita, neppure per i potenti. Buonanotte e fate sogni colorati. 

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