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La Juve aspetta: Pjanic, è ora di far vedere che vali tutti quei soldi!
Per necessità, per età, quello che era uno dei reparti più potenti e illuminanti del panorama calcistico internazionale è lentamente scivolato in un magma mediocre. D’accordo, Pirlo, Vidal, Pogba, se ne sono voluti andare; dei grandi è rimasto solo Marchisio contornato da giocatori che si chiamano Lemina, Sturaro, Rincon. Non c’è bisogno di essere laureati in matematica per trovare, nell’equazione tra il prima e il dopo, un risultato odierno con segno negativo. Khedira è un caso a parte: tecnicamente capace, ottimo senza palla, ma - si sapeva - con una tenuta atletica assai discontinua. L’attuale realtà della zona nevralgica del campo fa sì che il povero Marchisio (per altro reduce da un grave infortunio che non poteva far prevedere un rapido recupero ad alti livelli) sia costretto a rattoppare orizzontalmente le falle aperte costantemente dai piedi di Lemina, Sturaro o Hernanes, specialisti del passaggio corto sbagliato.
Chi avrebbe dovuto aumentare il tasso tecnico (inventivo in avanti oppure strategico di fronte alla difesa) è Miralem Pjanic, ma così non è stato. Ora, la domanda, anzi le domande, sono queste: Pjanic vale veramente i trenta milioni e più che è costato? Serve, ammesso che lo sia, un elegante e felpato danzatore in un coacervo di onesti legnaioli, per ottenere un armonico corpo di ballo?
Per sapere chi fosse, come giocasse Pjanic, non c’era alcun bisogno di aspettare a vederlo giocare nella Juve. A Roma, Pjanic alternava giocate geniali ad errori banali, presenze significative ad altrettante assenze significative. Davanti alla difesa non era sufficientemente veloce per non rischiare di essere infilato, in mezzo al campo troppo trotto e poco galoppo, bravo in alcuni inserimenti in area, sublime nelle punizioni con la barriera. Si compra un giocatore a quel prezzo per tirare le punizioni? Tra l’altro, Dybala risultava in costante progresso proprio in questa specialità.
La fissazione storica di Allegri è sempre stato Sneijder, attualmente trequartista del Galatasaray. E’ possibile che il tecnico labronico avesse temerariamente pensato che alla Juve si può tutto e che alla Roma non sanno utilizzare così bene i giocatori: Pjanic poteva diventare lo Sneijder dei suoi sogni. Così non è stato e così non poteva essere. Anzi, a ben vedere, Pjanic ha subito una specie d’involuzione. A forza di spostarlo da una parte all’ altra, non sa più dove si trovi. Per di più, la fissazione di Allegri è che i centrocampisti non perdano mai palla, non tentino mai la giocata. Risultato: le non molte volte in cui il giocatore bosniaco entra nel vivo dell’azione, tende a mortificarla col passaggino laterale, dopo essersi guardato a destra e a sinistra, timoroso che qualcuno gli rubi il pallone. Gli assist, soprattutto quelli geniali, si fondano su una certa dose di rischio e sulla capacità di essere dettati dal giocatore che li riceve. Quanti assist ricordiamo di Miralem? Quello, bellissimo, per Higuain contro il Bologna. Abbiamo ben presenti, invece, una miriade di appoggi laterali, di sei, sette metri in mezzo al campo. Forse è ciò che vuole Allegri, la tessitura, il possesso palla. Una specie di attiva staticità. Ma si doveva spendere una trentina di milioni per questo? Certo, Lemina il passaggio laterale lo sbaglia quattro volte su cinque, Hernanes ci pensa dai tre ai sei minuti e spesso i compagni stanno, come gli angeli, a guardare.
Il risultato, per adesso, è un giocatore poco sicuro, che se prima era intermittente, ora rischia il buio, tanto da svernare mezzo girone d’andata in panchina. Serviva alla Juve un giocatore così e serve impiegarlo in questo modo? Pjanic può essere una bella ciliegia su una buona e variegata torta, su un centrocampo che sa cantare e portare la croce. Miralem per ora fischietta, il centrocampo non canta e rimane una problematica croce.