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    La Juve di Allegri è un'opera d'arte: si può vincere anche giocando bene

    La Juve di Allegri è un'opera d'arte: si può vincere anche giocando bene

    • Giancarlo Padovan
    La migliore Juventus della stagione - anche più bella di quella che travolse il Sassuolo - rifila tre gol (e un palo di Lemina) all’Atalanta dei miracoli con una partita quasi perfetta (non ci sarebbe voluta la rete dei nerazzurri). Riscatta la sconfitta di Marassi, tiene la barra ritta del comando in classifica e si prepara alle prossime tre gare: la Dinamo Zagabria per qualificarsi da prima del girone in Champions League, il derby, la Roma

    Quando si gioca bene, vincere è più bello perché accresce il merito. La Juve, secondo me, l’aveva fatto poche volte. Era stata cinica, a volte sadica, sempre sufficiente a se stessa, ma mai pienamente soddisfatta. Contro l’Atalanta, invece, è successo e il fatto che non fosse facile - per le troppe assenze dei bianconeri e per la condizione splendida dell’avversario - rende il 3-1 una piccola opera d’arte

    Partita azzeccata da Massimiliano Allegri  (ha schierato un 4-3-1-2 dai più inaspettato) e interpretata in maniera adeguata da tutti i giocatori. Il migliore è stato Mandzukic, che ha fatto tutto,  compreso il terzo gol, seguìto a corta distanza da Pjanic. Mai avevo visto esprimersi così compiutamente il bosniaco. Meno che mai pensavo che ciò potesse accadere nel ruolo di trequartista. Invece proprio questa è stata una delle chiavi della vittoria. 

    Bravo Allegri. L’ho detto, ma vale la pena ripeterlo. Perché con Pjanic libero di abbassarsi e di svariare ha messo in difficoltà il dispositivo delle marcature a uomo di Gasperini.

    Non basta: con tutta una serie di movimenti preordinati che partivano dai centrocampisti - prima stretti e poi larghi, a volte bassi, a volte alti - l’allenatore della Juventus ha cercato di non dare punti di riferimento all’avversario che invece mirava - come al solito - a coppie fisse.

    Un altro merito gli va ascritto nella scelta degli interpreti, tutti fisicamente dotati, forti e resistenti. Cosicché, laddove ancora avesse resistito l’uno contro uno in qualche zona del campo, a spezzarlo avrebbe provveduto o la superiorità morfologica o quella tecnica. 

    Nel gol di Alex Sandro, il primo, dopo un quarto d’ora, si sono fuse entrambe. Il brasiliano, prima ha vinto il duello con Conti, poi ha protetto palla, infine l’ha scagliata a fil del primo palo, poco protetto da Sportiello, certamente un po’ complice.

    La seconda (al 18’) e la terza rete (al 63’) sono discese entrambe da calcio d’angolo battuto da Pjanic. Nel primo caso, ha svettato Rugani in anticipo su Kurtic che lo marcava (male) a uomo. Nel secondo, Mandzukic è andato più alto di tutti girando in rete. Comunque, se non l’avesse presa lui, l’avrebbe messa dentro Chiellini che gli stava subito dietro.

    A fronte di oltre un’ora di gara fatta di assoluta intensità, aggressione, combattività e sacrificio - tutti elementi che hanno annichilito l’Atalanta -, viene da chiedersi a cosa sia riconducibile la metamorfosi di una squadra che, sei giorni prima, era stata surclassata dal Genoa. A parte l’orgoglio e la necessità immediata di un riscatto, è stato fondamentale per la Juve avere a disposizione quasi una settimana per recuperare le energie fisiche e nervose dissolte in Champions e per lavorare in modo più assiduo solo su questa sfida. 

    Penso che la società e l’allenatore siano stati capaci di operare con calma e professionalità, che i rapporti interni (vedi la lite tra Mandzukic e Cuadrado) siano stati ripristinati felicemente e che a tutti sia stato chiesto di pensare e di giocare come si conviene in un collettivo.

    Quello che si è visto in campo difficilmente si vede altrove: Madzukic ha sprintato inanellando recuperi e accorciando la squadra, Higuain si è abbassato fino a centrocampo per consentire gli inserimenti altrui, Alex Sandro ha spinto, Sturaro ha contenuto, tutti con un altruismo finora desueto. 

    Peccato per quel gol (Freuler) subito nel finale. Fossi in Allegri, mi sarei arrabbiato. Una prestazione del genere avrebbe meritato che Buffon rimanesse immacolato. Tutti, però, hanno capito una cosa: la Juve a Genova non c’era, ma in fondo non è mai andata via.          

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