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  • L'Italia e il caos centravanti: Immobile l'unico possibile, perché Mancini lo obbliga a non essere se stesso?

    L'Italia e il caos centravanti: Immobile l'unico possibile, perché Mancini lo obbliga a non essere se stesso?

    • Alberto Polverosi
      Alberto Polverosi
    Alla prima partita impegnativa da titolare in Nazionale il giovane Raspadori non ha convinto. Lo stesso si dica di Kean, che ha preso il suo posto nel secondo tempo. Nessun problema, l’età consente loro di maturare con calma. Mancini ha detto che vede un grande futuro per il ragazzino del Sassuolo e il punto è proprio questo: il futuro. Quanto tempo occorrerà al tenero (per ora) Giacomo per diventare una seria alternativa a Immobile? Fra tredici mesi giocheremo (ce lo auguriamo di cuore) il Mondiale in Qatar, gli basterà un campionato per crescere e raggiungere i livelli intravisti dal suo ct?

    Già alla fine del meraviglioso Europeo si capiva che il tema principale della Nazionale riguardava il ruolo del centravanti. Nel secondo tempo della finale contro l’Inghilterra, quando ancora eravamo sotto nel punteggio, Mancini tolse Ciro Immobile per far entrare Berardi e schierare Insigne come attaccante centrale, ruolo appena sfiorato dal napoletano durante tutta la sua carriera. Era evidente che non si fidava del laziale e nemmeno dell’altro centravanti in organico, Belotti, entrato in campo nei minuti di recupero della ripresa, solo prima dei supplementari. Non abbiamo Benzema, non abbiamo Lukaku, non abbiamo Kane, né Lautaro Martinez, né Neymar che saranno i centravanti delle nazionali favorite al prossimo Mondiale, insieme alla Germania (Werner non è il massimo), all’Italia e alla Spagna che, pur potendo contare su Morata e Moreno, se ne frega del problema, anzi lo volge a suo favore schierando il tridente mobile, senza centravanti di ruolo.

    Noi abbiamo Ciro Immobile, penultima Scarpa d’Oro, un attaccante che segna una montagna di gol ma che in Nazionale ha sempre qualche problema di intesa. Mancini non ne è entusiasta, ma da qui al Qatar la possibilità che un altro bomber italiano di quella statura si affacci sul palcoscenico della Serie A ci sembra remota. Resta Immobile, che per noi non è poco, anzi, è tanto, solo che va sfruttato secondo le sue caratteristiche, spesso in contrasto con quelle del resto della squadra. Ciro è l’unico azzurro che, quando si mette addosso la maglia azzurra, deve cambiare gioco. Tutti gli altri giocano come fanno nei loro club. Il laziale resta al centro dell’attacco, ma gli viene tolta la profondità e gli si chiede un palleggio che non è nelle sue corde. Va aiutato di più perché lui possa aiutare di più la squadra.

    Mancini va avanti col suo 4-3-3, e fa bene perché la nostra forza sono gli esterni (Chiesa, Insigne e Berardi davanti, Spinazzola e Di Lorenzo dietro), ma forse un tentativo di schierare due punte centrali, una che va sulla profondità, l’altra che ricuce il gioco, si potrebbe fare. Il ct dice che, giocando bene, in un modo o nell’altro i gol arrivano, ed è giusto anche questo. Ma se ai gol che nascono dal bel gioco si aggiungono anche quelli che nascono dalla qualità di un bomber istintivo come Immobile, forse è meglio.

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