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  • La notte in cui ho danzato con Dino Zoff intorno al falò del quindicesimo scudetto

    La notte in cui ho danzato con Dino Zoff intorno al falò del quindicesimo scudetto

    • Marco Bernardini
      Marco Bernardini
    Mamma mia! E’ sufficiente una fotografia in bianco e nero a farti precipitare nel Paese delle Meraviglie. Al posto di Alice c’è Dino Zoff. Quello che mai ti aspetteresti di vedere scatenato in uno shake, camicia aperta, cinturone a reggere i pantaloni, aria trasognata proprio come un “collettone” di Rita Pavone: "Eppure, lo garantisco, ero proprio io quello lì", non fa fatica ad ammettere a quasi cinquant’anni da quello scatto con il quale il paparazzo torinese Pepè lo immortalò sulla pista da ballo del Pick Up, che era la discoteca più alla moda di allora appena inaugurata dai fratelli Lunardi, i re delle notti.

    Mamma mia! Rivedendo quell’immagine, che sta spopolando sui social, sento lo stanco cuore accelerare i battiti. Sorpresa, emozione, malinconia si miscelano a creare un’unica pozione che fa girare la testa. Ieri sono tornati sulla Terra i primi viaggiatori dello spazio dopo aver inaugurato le vacanze del futuro. Il sottoscritto, insieme con altri sopravvissuti, ha avuto il privilegio di realizzare una puntatina nel passato tornando a rivivere emozioni importanti condivise con quelli che allora erano imiti che oggi sono vecchi amici e compagni di avventura. Come Dino Zoff, appunto.

    Era il 1973. Il campionato di calcio si concludeva allo sprint con il successo, inatteso, del terzo incomodo. La Juventus, al via degli ultimi novanta minuti era terza in classifica dietro a Milan e Lazio. I rossoneri franarono a Verona, i biancazzurri vennero ingabbiati dentro un pareggio. A Roma la squadra bianconera allenata da Vycpalek vinse grazie ad un gol segnato a tre dalla fine da Antonello Cuccureddu. Era il quindicesimo scudetto. Avevo ventisei anni. Da cinque lavoravo alla Gazzetta del Popolo dove, con Franco Tropea, mi occupavo degli Esteri. Essendo bravino nel “colore” e anche tifoso juventino, il direttore mi destinò a seguire la festa che i bianconeri avrebbero consumato, in privato, al Pick Up. Una notte che si iniziò dopo il tocco passato e che si concluse quando era già giorno.

    I bianconeri erano sbarcati a Caselle intorno alla mezzanotte. Il tempo di andare a casa a cambiarsi per poi uscire in compagnia delle rispettive mogli e fidanzate. Destinazione discoteca ovvero il luogo che, per definizione e ordine bonipertiani, era tabù lungo tutto il tempo della stagione. Chi veniva pizzicato durante la settimana si beccava una multa salata dal presidente. Eppure quella sera anche Boniperti era, con moglie e figli. Non solo. Scese in pista una tantum per danzare, a tempo di shake, intorno al falò del quindicesimo scudetto. Fu baldoria autentica e anche parecchio alcolica. L’unico a bere soltanto Coca Cola fu Francesco Morini, che non trasgrediva mai la sua dieta da guru indiano. Il più scatenato era Haller, tenuto a bada dalla sua valchiria Waltraud che conosceva bene la tendenza del marito verso le gonnelle. Poi c’era Josè Altafini che salì in pedana per cantare il samba. Era la sua prima stagione alla Juventus. Proprio come Zoff il quale, in compagnia della mogli Anni, regalò a chi lo immaginava diverso e musone la sua vera immagine di uomo per tutte le stagioni a patto che a giovernarle ci fosse sempre la serietà e la coerenza. Nella vita, in campo e anche in una discoteca.

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