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  • Siviglia e la sua nuova vita: 'Cerco un progetto per il mio calcio verticale. Mi ispiro a Klopp, mi rivedo in Conte'

    Siviglia e la sua nuova vita: 'Cerco un progetto per il mio calcio verticale. Mi ispiro a Klopp, mi rivedo in Conte'

    • Francesco Guerrieri
    Più di vent'anni di carriera da giocatore, quasi dieci da allenatore: Sebastiano Siviglia conosce il calcio come le sue tasche. Oggi però vuole vederlo da un'altra prospettiva: dopo aver chiuso il ciclo d'esperienze nelle giovanili con i due anni nella Primavera del Lecce, l'ex difensore lavora per il grande salto nel calcio dei grandi. Idee chiare e obiettivi ben focalizzati, il Siviglia allenatore si racconta a tutto tondo nella nostra intervista.

    21 di carriera da giocatore, qual è stato il momento migliore?
    "La parte finale è quella che ho vissuto con maggiore intensità raccogliendo i frutti di anni e anni di lavoro. Essere arrivato in un club importante come la Lazio e aver vinto due trofei è stata una grande soddisfazione, non avrei potuto chiedere di meglio".

    Come ha iniziato ad allenare?
    "Voglio precisare una cosa: su internet c'è scritto che ho allenato il Monterotondo, ma è una fake news. E' vero che mi hanno cercato quando mancavano tre partite alla fine della stagione, ma non me la sono sentita di accettare e prendermi eventuali meriti non miei. La mia prima vera esperienza è stata la Primavera della Nocerina, quando sono arrivato a metà stagione e ho finito il campionato. Poi sono ritornano per due anni alla Lazio con i Giovanissimi Regionali e Nazionali; successivamente sono ho fatto per sei mesi il club manager della Ternana e ho allenato un anno la Primavera, per chiudere la mia esperienza con le giovanili con due stagioni nella Primavera del Lecce".

    E adesso?
    "Ora mi sento pronto per iniziare un percorso con gli adulti, in una prima squadra. Voglio mettere in pratica quello che ho sperimentato con i giovani. Ci sto lavorando aggiornandomi quotidianamente in un calcio sempre più in evoluzione. Stiamo vivendo un continuo mescolarsi di volti nuovi e nuove idee: penso a Pirlo, Italiano, De Zerbi...".

    Che differenze ci sono tra il calcio giovanile e quello dei grandi?
    "In campo cambia poco, la differenza secondo me sta nella gestione della squadra e nell'approccio. Nel mondo degli adulti sono importanti i risultati, nel settore giovanile bisogna accompagnare la crescita dei ragazzi partendo da zero. Mi piacerebbe mettermi in discussione in un calcio dove a fare la differenza è il risultato".

    Quand’è scattata la voglia di fare l’allenatore? 
    "C'è sempre stata la voglia di voler applicare dei concetti che mi hanno trasmesso i tecnici che ho avuto in tanti anni di carriera. Mi piace l'idea di essere un condottiero e leader di una squadra, mi ci vedo. Negli ultimi anni da giocatore ero diventato un allenatore in campo, ascoltavo e assorbivo per poi dare il mio contributo. Parlavo molto con i compagni più giovani".

    A chi dava più consigli?
    "Negli anni alla Lazio davo dei suggerimenti a Tuia quando era nel settore giovanile (oggi in Serie A a Benevento, ndr) e anche a Diakite appena arrivato a Roma. A di là delle parole, però, penso che il leader deve dare l'esempio dal punto di vista pratico, lavorando sempre seriamente e concentrato".

    Tra il 2012 e il 2013 ha frequentato il corso per allenatori a Coverciano insieme a Pippo Inzaghi, Crespo, Cannavaro... ci racconta un aneddoto di quelle giornate? 
    "Farlo con loro è stato un grande stimolo, ero circondato da campioni. Ricordo che parlavamo molto tra noi su cosa fare e in che modo, ma quando Ulivieri ci chiedeva come ci saremmo comportati da allenatori in determinate situazioni, non era sempre semplice rispondere perché entravamo in un nuovo contesto che all'epoca ancora non ci apparteneva".

    Chi era il suo compagno di corso sul quale avrebbe scommesso? 
    "Ivan Juric. Si vedeva che aveva idee chiare e voglia di arrivare in alto. Ma anche Andrea Stramaccioni, che forse in quel periodo era nella Primavera dell'Inter. Allora era un ragazzo che voleva dare una sua impronta e già ricopriva un ruolo importante. L'allenatore deve essere bravo a livello didattico ma anche a mettere in pratica le idee. Un vincente, senza se e senza ma. Il tecnico che emerge è quello che riesce a cogliere le sfumature che altri non vedono".

    Preferirebbe allenare in Italia o all'estero?
    "Sono due tipi di calcio diversi. Da noi c'è sicuramente molta pressione e si vuole tutto e subito, ma vorrei partire da qui. Poi è chiaro che un'esperienza estera non la escluderei perché penso che potrebbe arricchirmi".

    Che allenatore è Sebastiano Siviglia?
    "Un esigente che pretende si facciano determinate cose per arrivare al risultato. Chiedo il rispetto per la squadra e per il lavoro, ma sono anche un democratico che cerca di mettere i ragazzi nelle condizioni migliori per lavorare. Né troppo freddo, né troppo coinvolto: ci vuole il giusto equilibrio".

    C’è un modello al quale si ispira?
    "Mi piacciono molto gli allenatori offensivi che praticano un calcio verticale e pragmatico. Sono amante di chi non antepone l'estetica all'obiettivo, perché alla fine bisogna essere concreti. Mi piace molto Jurgen Klopp del Liverpool, per esempio. Oltre a fare un gran calcio cercando sempre il risultato, mi dà la sensazione di essere un leader empatico. Un po' come Simone Inzaghi".

    E' andato a studiare qualche suo collega da vicino?
    "Sì, sono stato proprio a Formello da Simone, lui è il nuovo che avanza. Negli ultimi quattro anni ha ottenuto molti risultati attraverso un calcio verticale e concreto, perché il possesso palla sterile serve a poco. Inzaghi ha una grande capacità nel gestire il gruppo, le risorse e fare scelte vincenti. Negli 11 titolari la Lazio è una delle squadre più forti in Serie A, penso che alla fine possa qualificarsi in Champions".

    Nei Giovanissimi Nazionali della Lazio ha allenato anche Manolo Portanova, oggi al Genoa.
    "Vorrei attribuirmi il merito di aver consigliato alla Lazio di prendere Manolo, perché già si vedeva che era un giocatore diverso rispetto agli altri. Venne a fare un provino a Formello e mi colpì fin da subito. E' un ragazzo con ampi margini di crescita, superiore alla media. Se oggi è arrivato al Genoa, passando anche dalla Juve, è merito mio ma soprattutto del giocatore e della Lazio che mi ha dato fiducia".

    Qual è il tipo di giocatore che le piacerebbe allenare?
    "Quello che ha un forte desiderio di primeggiare, mi piace chi ha fame e forti ambizioni. Su questo mi rivedo un po' in Antonio Conte. Anch'io avevo un forte desiderio di arrivare, e quella era la benzina quotidiana che mi spingeva a fare sempre di più. Poi è chiaro che ognuno ha i propri limiti, ma non bisogna mai fermarsi perché con il lavoro e il desiderio si possono superare".

    Dopo l'ultima esperienza con la Primavera del Lecce ha avuto contatti con altri club?
    "Ci sono stati approcci in Serie D e in Lega Pro, ma non si è concretizzato nulla. Il mio obiettivo è quello di partire da un progetto nel quale ci sia ambizione di crescere e migliorare. Accettare una proposta tanto per allenare non fa per me, non è l'approccio giusto per arrivare lontano".

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