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  • La signora Ibra snobba Parigi:|E rimpiange Milano
La signora Ibra snobba Parigi:|E rimpiange Milano

La signora Ibra snobba Parigi:|E rimpiange Milano

 

Tranne che a fare gol, la specialità della casa, lei gli ha insegnato tutto. A stare a tavola: coltello a destra, forchetta a sinistra, brodo senza risucchio; solo il pollo arrosto, eccezionalmente, con le mani. Ad arredare casa. A vestirsi in modo presentabile. A convogliare quell’energia selvaggia che da bambino lo mantenne in vita dentro la giungla del ghetto di Rosengard (Malmoe) dentro il progetto di una famiglia tradizionale. Lei lo guarì da un febbrone a 41 gradi con aspirina, succo d’arancia e virtù maieutiche. E fu così convincente che Ibra entrò nell’influenza single e ne uscì fidanzato. Non avrai altro dio all’infuori del pallone. E di una distinta signora svedese bionda e tatuata di undici anni più grande, Helena Seger, che in soli tre mesi potrebbe aver deciso che in fondo in fondo, al netto del nebiùn e di certi screzi con Allegri, forse, pourquoi pas?, Milano era meglio di Parigi.
 
Non erano trascorse nemmeno due settimane dal trasferimento di Zlatan Ibrahimovic dal Milan al Paris Saint Germain (18 luglio 2012), che Helena veniva scippata per strada in pieno giorno (allora non succede solo a Napoli alle mogli dei calciatori...), avenue Montaigne, una delle vie del lusso, 5 mila euro in contanti sopravvissuti allo shopping nella boutique di Ralph Lauren, volatilizzatisi insieme alla borsetta sullo scooter di due malviventi; niente rispetto ai 14 milioni all’anno di stipendio del marito ma vuoi mettere lo choc. Ibra, furibondo (toccategli tutto ma non Helena), dopo aver riflettuto se considerare l’episodio giusta causa di uno dei suoi mal di pancia passeggeri, aveva derubricato il fatto a enorme scocciatura. E poi, a ruota, il traffico, i tempi di percorrenza tra il centre ville e Camp des Loges, base degli allenamenti della squadra di Ancelotti (Saint Germain en Laye, sobborgo a ovest della città), l’enorme frustrazione di trovare casa nel perimetro degli arrondissement più prestigiosi, tanto che dopo due mesi nella suite dell’Intercontinental, con vista su Place dell’Opera, Zlatan si prese la libertà di scherzare con L’Équipe: «Pare sia impossibile aggiudicarsi un appartamento nel centro di Parigi: se va avanti così, dovrò comprarmi l’albergo ». La missione sembrava compiuta quando è stato annunciato lo sbarco della famiglia più ingombrante del calcio mondiale nella Villa Montmorency, XVI arrondissement, zona residenziale très chic e costosissima, vicini di casa Sarkozy, Celine Dion, Arnaud Lagardère e altri miliardari protetti da un sistema di videosorveglianza più asfissiante del possesso palla del Barça (do you remember, Zlatan?). Ma il trasloco è sfumato in zona Cesarini quando il padrone di casa, proprietario del team Marussia di F1, ha improvvisamente alzato il canone d’affitto, facendo sfumare l’affare e dando agli Ibra l’ennesimo dispiacere. Helena, che non prende nemmeno in considerazione soluzioni prive di 4 grandi stanze da letto, 4 bagni, un salone per i ricevimenti e un garage sotterraneo, requisiti minimi chez Zlatan, avendo già visitato un’ottantina di appartamenti, ha fatto rotta su Place du Trocadero e Boulogne, dove, come scrive Le Figaro raccontando con disdoro le avventure parigine dei parvenue nordici, in doppia fila si trovano solo Porsche e Maserati.
 
Se Veronique Zidane convinse Zizou a preferire Madrid a Torino, non si vede perché l’ascoltatissima Helena non possa, prima o poi, aver successo nell’ambizione di tornare a frequentare con assiduità i negozi di Via Montenapoleone, convincendo Zlatan che Parigi (dopo Barcellona) non vale Milano. Ecco perché il pensiero degli Ibrahimovic torna spesso da queste parti, dove la coppia tiene casa (centralissima), investimenti e cuore. Ah, Milano, il luogo dei sogni da cui, prima dell’austerity berlusconiana, né Zlatan né Helena sentivano il bisogno di separarsi. I primi messaggi verso Via Turati sono già partiti: «Se il Milan vuole aiuto, io ci sono» ha detto Ibra mercoledì dal ritiro della Svezia, scatenando un simpatico putiferio di parole e nulla. E poi com’era fresco il sushi da Nobu in Via Manzoni, signora mia, altro che le salsine con cui imbrattano il pesce a Parigi.

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