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  • La violenza della polizia americana emersa dal rapporto di Amnesty International: i dati

    La violenza della polizia americana emersa dal rapporto di Amnesty International: i dati

    • Davide Fantozzi
    Amnesty International USA contro le forze dell’ordine. Il report della nota organizzazione, reso pubblico appena qualche giorno fa, ha stupito soprattutto per la sua disarmante crudezza: se in Italia la discussione sui diritti delle minoranze in generale (e delle iniziative di protesta del movimento Black Lives Matter in particolare) è andata gradualmente scemando, negli Stati Uniti le manifestazioni si sono susseguite, e non sempre in maniera pacifica. Il punto focale è che la responsabilità di questi disordini è attribuibile non solo a quei pochi “manifestanti” che hanno approfittato della situazione per seminare il caos, ma della stragrande maggioranza dei corpi di polizia. 

    I video condivisi sui social hanno spesso mostrato come molti poliziotti non si facessero scrupoli nello sparare ad altezza uomo con proiettili di gomma (che ricordiamolo, dovrebbero essere indirizzati verso il suolo e colpire quindi di rimbalzo, diminuendo la propria energia cinetica), usare i manganelli (questi non di gomma) e gas lacrimogeni per disperdere la folla (non una grande idea se pensiamo che il gas penetra nella mascherina e la vittima è costretta a togliersela e a tossire non sapendo dove, con il Coronavirus che ringrazia). Tra i manifestanti, però, spesso c’erano e ci sono anche medici, giornalisti, fotografi, politici e uomini di legge, ma queste forze del (dis)ordine non hanno fatto distinzioni. 

    Nel periodo preso in considerazione dalla Amnesty, che va appena dal 25 maggio al 6 giugno, in 40 degli Stati e nel distretto di Columbia sono state denunciate le situazioni di oltre 120 proteste concluse con l’uso di forza ingiustificata da parte della polizia. Numerose le testimonianze di manifestanti, reporter e semplici passanti coinvolti nella mattanza di civili, che adesso richiedono a gran voce l’approvazione di una legge che tuteli i manifestanti, il Protecting our Protesters Act of 2020, proposta il 24 giugno dalla democratica Ilhan Omar. La fiducia del popolo americano nei tutori della legge è ai minimi storici, e le cose non sembrano essere migliorate dopo il periodo preso in analisi dalla Amnesty. Ci vorranno sicuramente del tempo e una ricostruzione completa della pubblica sicurezza, senza contare i processi contro questa (e nel nostro paese, teatro del G8 di Genova, sappiamo quanto tempo serva per cambiare pochissimo, figurarsi in un paese generalmente tradizionalista come gli USA). Trump si augura di essere il presidente in carica durante questo rinnovamento, ma chissà se gli elettori gli daranno una seconda chance.

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