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  • Crespo: 'Lazio, non sbagliare più. Klose sempre numero uno'

    Crespo: 'Lazio, non sbagliare più. Klose sempre numero uno'

    • M. A.

    Nel 2004 Pelè lo inserì nella Fifa 100, la lista dei 125 migliori calciatori viventi. Come dargli torto quando si parla di Hernan Crespo. Alla Lazio arrivò dopo la gloria dello scudetto, ma comunque in tempo per godersi gli ultimi successi dell’era Cragnotti. Al cielo la Supercoppa italiana, in bacheca anche la scarpa d’argento: nella sua prima stagione biancoceleste, quella 2000/2001, si laureò capocannoniere della serie A con 26 gol. Poi la maglia del Milan nel 2004, coi suoi sei gol portò i rossoneri in finale di Champions con tanto di doppietta prima dell’incubo Liverpool. Dal rettangolo verde al sogno di sedere in panchina, l’ex attaccante aspetta solo l’occasione per far l’allenatore. Intanto racconta il calcio, col suo accento così argentino, e nell’intervista a Il Tempo presenta la sfida dell’Olimpico tra Lazio e Milan.

    Ormai è un’illustre voce di Fox Sports in veste di commentatore tecnico. Preferisce parlare di calcio o sogna di fare calcio?
    «Non sogno, io voglio far calcio come allenatore (nel luglio 2013 è stato brillantemente promosso al corso di Coverciano come tecnico, ndc). Soltanto che è arrivata l’occasione di iniziare questa avventura e ho accettato. È una grande scuola per allenare l’occhio, come dico io, e poi è sempre bello seguire il calcio e commentarlo per un amante come me. Nel futuro però mi vedo allenatore, magari di un club importante. Ci vuole tanta dedizione e io ne ho da vendere. Ma mi accontenterei di ottenere anche solo la metà delle soddisfazioni avute nella mia carriera da calciatore».

    Nel suo cuore c’è più Roma o Milano?
    «Troppo difficile scegliere, ho ricordi splendidi di entrambe le esperienze. Il mio cuore è per l’Italia, non sono più voluto andar via, qui ho avuto le più grandi gioie. Da piccolo seguivo il Milan, sono cresciuto con Van Basten e Gullit, giocare a San Siro con la maglia rossonera è stato grandioso. Ma quando ho avuto la possibilità di andare alla Lazio non ci ho pensato due volte: era ormai una potenza quella squadra di Cragnotti. E poi una metropoli come Roma mi ricordava Buenos Aires e l’Olimpico i miei esordi in Argentina, dopo quattro anni a Parma ci voleva».

    Lazio, un punto di forza e una debolezza. Può centrare l’Europa League?
    «La sua qualità sta nel gruppo compatto, ma la ciliegina sulla torta è sempre Klose, i biancocelesti non possono farne a meno. Se il tedesco gira, la squadra va perché sono sempre i campioni a fare la differenza. Forse quest’anno è mancata la continuità di risultati su cui ha influito anche il cambio in panchina. Centrare l’obiettivo europeo non sarà facile, Parma e Inter corrono, ma la Lazio ha le carte in regola per giocarsela con tutti».

    E il Milan che stagione sta vivendo?
    «Un’annata difficile, tra pochi alti e molti bassi, ma può capitare. Non fa per i rossoneri un posto a metà classifica, pagano il cambio generazionale e di allenatore in corsa».

    Chi ha più da perdere domenica?
    «Lazio-Milan è sempre una sfida affascinante. Serve far bene, altrimenti il percorso diventa veramente complicato per entrambe. Per questo non esiste una favorita, può succedere di tutto».

    Ma qual è il Lazio-Milan che le è rimasto dentro?
    «Era un Milan-Lazio, in realtà e io vestivo la maglia rossonera (2-1 il 6 febbraio 2005, ndc). Eravamo in svantaggio dopo il gol di Oddo su rigore e una vittoria ci avrebbe garantito il primato in campionato. Poi ci fu il pareggio di Shevchenko su punizione e all’ultimo secondo, dopo il palo di Kakà, arrivai io all’arrembaggio e con un tap-in segnai con San Siro che esplodeva».

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