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  • Laziomania: Beato chi tifa questa Lazio (la rivedremo tra 100 anni)

    Laziomania: Beato chi tifa questa Lazio (la rivedremo tra 100 anni)

    • Luca Capriotti
    Chi era venuto allo stadio per Balotelli, al massimo avrà notato il suo furtivo movimento dalla panchina allo spogliatoio durante il secondo tempo (in bagno?) e poco altro. Chi era venuto per Sneijder, stella del triplete nerazzurro, l'avrà visto lasciare l'Olimpico zoppicando vistosamente, con una fasciatura enorme di ghiaccio e tacchetti di Luiz Felipe. Chi era venuto a vedere la Lazio, avrà visto pochino: la squadra biancoceleste si è accontentato del minimo sforzo, in totale e assoluto controllo del match contro un Nizza di Favre impegnato con tutto sé stesso a non rovinarsi da solo la festa, come all'andata. 

    La partita ha visto ritmi bassi, una certa voglia di ricreazione, ed in generale le statistiche Uefa certificano la sensazione sonnolenta avuto dal vivo: 0 tiri nello specchio per la Lazio, 0 tiri nello specchio per il Nizza. La Lazio ad onor del vero prende una volta la porta, con deviazione, e si porta a casa 3 punti, qualificazione, primato, testa di serie, e due partite da giocare con la Primavera, in caso, senza doversi più preoccupare dell'Europa fino ai sedicesimi (scusate se è poco). 

    A fine partita qualche collega, risvegliato all'improvviso e forse in maniera sgradevole dal triplice fischio, o dal gol, ha provato a battere il tasto della partita moscia di Inzaghi e dei suoi. Luis Alberto praticamente ha riso (e in qualche modo poi si è detto ossessionato dai gol su calcio d'angolo, direttamente a rete), de Vrij ha commentato sarcastico con le statistiche impietose di una Lazio storica: 4 vittorie nelle prime 4, se poi una volta non ci va tanto, stateci. E tocca starci, eccome: l'impressione forte è che rivedremo una squadra così tra 100 anni, ed erano 100 anni che non si vincevano 9 partite di fila. Ora tocca all'Udinese, con la speranza che la sosta seguente restituisca giocatori integri, un Immobile non troppo ciancicato dalla Svezia, in vista di una gara che a Roma qualcosina conta, e conta anche per la classifica, il derby della Capitale (ansia crescente). 

    Comunque l'unico che non dorme mai deve essere Simone Inzaghi: in panchina è sempre una furia, da qualche tempo ha un po' cambiato registro in conferenza. Ha maggior consapevolezza, e si vede: la squadra ne ha pure in abbondanza, la tifoseria, che oramai in trasferta è ampia e altrettanto abbondante, pure. Gli adesivi sono alle spalle, derubricati come fatto di pochi (ed è pure vero), mentre Lotito riapre lo stadio agli abbonati, in aperta sfida e tenzone con Tavecchio (chissà quanto reale). Ieri intanto, il n.1 biancoceleste a fine partite ridacchiava con il suo braccio destro Calveri: ha messo il suo mister alla guida di una Ferrari, più o meno costruita con saggia consapevolezza (da Tare, che ci ha azzeccato pure su Luiz Felipe, per dire, classe '97 lucido e attento). C'è da sistemare la grana rinnovo di de Vrij, e in fretta: l'olandese ieri ha glissato di nuovo, con cappellone degli Yankees, come se la cosa un po' non lo turbasse, un po' cominciasse a pesargli. Intanto ieri era capitano, ed è stato messo di fronte alla stampa di nuovo, forse per scalfirne una certa scorza di pax interiore e resistenza relativa a quelli che sono "i suoi desideri". Chissà Inzaghi che regalo natalizio desidererà per il mercato di gennaio? Ma è presto pensarci, anche se qualcuno le luminarie di Natale, a Roma, già le mette (ansia). 

    Chi era venuto allo stadio per vedersi una vittoria divertente magari non sarà asceso in un nirvana zemaniano, ma chi non è venuto (più di qualcuno, comunque) si sta perdendo una Lazio che forse rivedremo tra 100 anni (ansia). Vorrei comunque incontrarlo, il tifoso tra 100 anni, e raccontargli questa Lazio. Beato chi la rivedrà, ma beato soprattutto chi va allo stadio a seguire questa Lazio. Per i record, per Inzaghi, per lo sguardo divertito di Luis Alberto e la sua ossessione per il gol su angolo, per il cappellone di de Vrij e lo strapotere in campo. Ma più di tutto perché fa sognare in grande. Chi è venuto allo stadio per sognare ancora, si  accomodi, il sogno continua. 

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