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Laziomania: big e pressione tradiscono. Rigore negato, VAR ostacolo per la Champions ma un fattore per crederci
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Difficile darle un senso. Difficile spiegare come si possa partire non una ma ben due volte con handicap e regalare il doppio vantaggio al Parma in un Olimpico che continua ad essere tabù, ma non certamente per demerito di una Curva Nord e di una tifoseria ancora una volta straordinarie. Il doppio approccio della Lazio di Baroni meriterebbe analisi approfondite e spiegazioni che però risultano difficili da trovare. “Perché quando c'è la Lazio in mezzo non c'è mai nulla di facile" recita lo striscione apparso sugli spalti a ridosso del fischio d’inizio. E quanto accade in campo racchiude perfettamente il concetto.
Un pareggio che non serve a nulla, ma che se non fosse arrivato avrebbe lasciato strascichi ben più pesanti più nella testa che sulla classifica dei biancocelesti. E una Lazio a due facce, che si fa scappare Ondrejka dopo due minuti nel primo tempo e dopo sessanta secondi nella ripresa, prima di rialzare la testa, ma solo nel finale, quando è troppo tardi per ribaltare non uno ma ben due goal.
L’ingresso di un Pedro monumentale rinvigorisce una squadra che trova nello spagnolo - insieme a Vecino - quella scossa necessaria per cominciare davvero a giocare, ma solamente a 11 minuti dalla fine, quando di tempo non ce n’era poi molto per costruire una rimonta riuscita a metà. Tutto maturato grazie ad un Mandas che compie un paio di miracoli e tiene in vita i capitolini in tutti i modi e a un Romagnoli in formato 'muro invalicabile'.
Resta il rammarico per una gara che la Lazio avrebbe anche potuto vincere alla fine, con Suzuki in stato di grazia a impedire la clamorosa rimonta biancoceleste. In una partita in cui si è mostrata in tutta la sua essenza, nel male prima e nel bene poi, la squadra di Baroni non può che fare mea culpa per aver fallito ancora una volta una chance clamorosa per la Champions. I cinque punti su sei persi contro il Parma in questo campionato rappresentano un dato incredibile, che inevitabilmente peserà alla fine, così come i 20 goal stagionali segnati nell’ultimo quarto d’ora, segno di carattere e cuore di un gruppo che non molla proprio mai.
La Lazio, però, paga ancora una volta la tensione e la pressione di chi sa di avere il suo destino nelle mani dopo il pari del Bologna a Udine. Un crollo emotivo netto di fronte a un Parma a caccia di punti salvezza e paradossalmente più sereno e tranquillo all’Olimpico. La rete dello 0-1 dopo meno di 120 secondi disegna il peggior copione tattico in assoluto per i biancocelesti, che devono fare i conti con una squadra ducale con blocco basso e reparti stretti, che non concede nulla. Se a questo aggiungiamo la serata no dei ‘big’ in attacco, il gioco (per Chivu) è pressoché fatto…
Dia e Castellanos vivono una serata da comparse, come come un Isaksen costantemente raddoppiato e mai capace di saltare l'uomo e incidere, mentre Zaccagni viene bersagliato dai falli degli avversari, ma che evidenzia qualche segnale chiaro di stanchezza e poca brillantezza. L’arbitraggio di Sacchi, però, lascia più di perplessità fino alla fine, soprattutto sul contatto Delprato-Romagnoli, con il difensore della Lazio che anticipa l’avversario e viene colpito sul piede. Per il direttore di gara è tutto regolare, decisione avallata dal VAR, che incredibilmente non nota il tocco del calciatore ducale sul piede del numero 13 biancoceleste. Un episodio che rischia di pesare non poco sulla corsa Champions. L'ultimo in ordine di tempo di una serie di eventi inspiegabili dal punto di vista dell'applicazione del regolamento tra i quali spicca evidentemente il rigore clamorosamente negato all’Inter sul contatto Bisseck-Ndicka e l’audio del VAR sparito. Un errore grossolano che pesa e compromette una lotta punto a punto.
La corsa all’Europa si fa sempre più complicata e la Lazio non può che rammaricarsi per aver trasformato in quello che è sempre stato il suo fortino, l’Olimpico, in un tabù e una maledizione da sfatare. L’ultimo successo dei biancoceleste, infatti, risale al 9 febbraio con il 5-1 sul Monza: praticamente tre mesi senza vittorie tra le mura amiche, considerando che la prossima davanti ai propri tifosi, contro la Juventus, la squadra di Baroni la giocherà l’11 maggio. Tanto, troppo. Una ‘colpa’ imperdonabile in una corsa Champions che continua a regalare colpi di scena.
Servirà un finale di stagione super per prova a conquistare un complicato posto in Europa. E chissà che la Lazio dei 20 goal nell’ultimo quarto d’ora non trovi la forza di rialzarsi nell’ultimo spaccato di campionato e regalarsi un finale incredibile. Tutto o niente, dentro o fuori. Empoli e Inter in trasferta, Juventus e Lecce in casa. 360 minuti che diranno tanto e peseranno non poco sul giudizio finale di un’annata vissuta sulle montagne russe, alternando grande vittorie a serate da dimenticare. Proprio come le due contro il Parma.
Un pareggio che non serve a nulla, ma che se non fosse arrivato avrebbe lasciato strascichi ben più pesanti più nella testa che sulla classifica dei biancocelesti. E una Lazio a due facce, che si fa scappare Ondrejka dopo due minuti nel primo tempo e dopo sessanta secondi nella ripresa, prima di rialzare la testa, ma solo nel finale, quando è troppo tardi per ribaltare non uno ma ben due goal.
L’ingresso di un Pedro monumentale rinvigorisce una squadra che trova nello spagnolo - insieme a Vecino - quella scossa necessaria per cominciare davvero a giocare, ma solamente a 11 minuti dalla fine, quando di tempo non ce n’era poi molto per costruire una rimonta riuscita a metà. Tutto maturato grazie ad un Mandas che compie un paio di miracoli e tiene in vita i capitolini in tutti i modi e a un Romagnoli in formato 'muro invalicabile'.
Resta il rammarico per una gara che la Lazio avrebbe anche potuto vincere alla fine, con Suzuki in stato di grazia a impedire la clamorosa rimonta biancoceleste. In una partita in cui si è mostrata in tutta la sua essenza, nel male prima e nel bene poi, la squadra di Baroni non può che fare mea culpa per aver fallito ancora una volta una chance clamorosa per la Champions. I cinque punti su sei persi contro il Parma in questo campionato rappresentano un dato incredibile, che inevitabilmente peserà alla fine, così come i 20 goal stagionali segnati nell’ultimo quarto d’ora, segno di carattere e cuore di un gruppo che non molla proprio mai.
La Lazio, però, paga ancora una volta la tensione e la pressione di chi sa di avere il suo destino nelle mani dopo il pari del Bologna a Udine. Un crollo emotivo netto di fronte a un Parma a caccia di punti salvezza e paradossalmente più sereno e tranquillo all’Olimpico. La rete dello 0-1 dopo meno di 120 secondi disegna il peggior copione tattico in assoluto per i biancocelesti, che devono fare i conti con una squadra ducale con blocco basso e reparti stretti, che non concede nulla. Se a questo aggiungiamo la serata no dei ‘big’ in attacco, il gioco (per Chivu) è pressoché fatto…
Dia e Castellanos vivono una serata da comparse, come come un Isaksen costantemente raddoppiato e mai capace di saltare l'uomo e incidere, mentre Zaccagni viene bersagliato dai falli degli avversari, ma che evidenzia qualche segnale chiaro di stanchezza e poca brillantezza. L’arbitraggio di Sacchi, però, lascia più di perplessità fino alla fine, soprattutto sul contatto Delprato-Romagnoli, con il difensore della Lazio che anticipa l’avversario e viene colpito sul piede. Per il direttore di gara è tutto regolare, decisione avallata dal VAR, che incredibilmente non nota il tocco del calciatore ducale sul piede del numero 13 biancoceleste. Un episodio che rischia di pesare non poco sulla corsa Champions. L'ultimo in ordine di tempo di una serie di eventi inspiegabili dal punto di vista dell'applicazione del regolamento tra i quali spicca evidentemente il rigore clamorosamente negato all’Inter sul contatto Bisseck-Ndicka e l’audio del VAR sparito. Un errore grossolano che pesa e compromette una lotta punto a punto.
La corsa all’Europa si fa sempre più complicata e la Lazio non può che rammaricarsi per aver trasformato in quello che è sempre stato il suo fortino, l’Olimpico, in un tabù e una maledizione da sfatare. L’ultimo successo dei biancoceleste, infatti, risale al 9 febbraio con il 5-1 sul Monza: praticamente tre mesi senza vittorie tra le mura amiche, considerando che la prossima davanti ai propri tifosi, contro la Juventus, la squadra di Baroni la giocherà l’11 maggio. Tanto, troppo. Una ‘colpa’ imperdonabile in una corsa Champions che continua a regalare colpi di scena.
Servirà un finale di stagione super per prova a conquistare un complicato posto in Europa. E chissà che la Lazio dei 20 goal nell’ultimo quarto d’ora non trovi la forza di rialzarsi nell’ultimo spaccato di campionato e regalarsi un finale incredibile. Tutto o niente, dentro o fuori. Empoli e Inter in trasferta, Juventus e Lecce in casa. 360 minuti che diranno tanto e peseranno non poco sul giudizio finale di un’annata vissuta sulle montagne russe, alternando grande vittorie a serate da dimenticare. Proprio come le due contro il Parma.
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L’arbitraggio è scarso ok e questo capita spesso alla Lazio. Ma scarsa è stata anche la prestazio...