Calciomercato.com

  • Laziomania: C'erano Felipe Anderson, i giornalisti cazzar.. e Paolo di Canio

    Laziomania: C'erano Felipe Anderson, i giornalisti cazzar.. e Paolo di Canio

    • Luca Capriotti

    Tanto twittó e tatuó, che piovve. Twittatore professionista, anche fuori dalle righe, a quanto pare, il nostro caro Felipe Anderson (sì, ve lo confermiamo, pare sia tornato da Rio, di già). 'Scrivendo sempre cazzat#", apostrofa uno dei siti di riferimento del mondo Lazio. Ma la polemica è atavica, incisa nei cuori dei giocatori biancocelesti, che evidentemente sono convinti, fortemente convinti, che i giornalisti, alla fine, siano un po' cazzar#. Non è che ci sentiamo di sconfessarli del tutto eh, per carità. Ovviamente sono sempre i giornalisti a creare i casi, a mimare il gesto del silenzio, o fare a pizze con i compagni in diretta sul canale tematico. Ma no, colpa dei cazzar#. Soprattutto quelli dei siti, quelli che scrivono sul webbe.


    Dove ci si indigna perché pensate, Di Canio ha un tatuaggio politicissimo. Ecco, da anni Paolo di Canio professa una fede politica rigorosa e rigorosamente manifestata, conduce un programma su Sky, e non da ieri, ma finché il tatuaggio era ben nascosto, la sua competenza, e ne ha, poteva trovare espressione. Ora no, sui social il mattatoio è consumato. Di Canio, pensate un po', ha un tatuaggio fascista. Si potrà parlare per anni di politica, ma forse restringendo il campo si potrebbe dissertare di decoro, perfino di eleganza (polo e bicipite in vista non benissimo in tv). Per i tifosi della Lazio Di Canio è sempre quello che ha alzato il dito per esultare sotto la Curva Sud, e per gli altri dovrebbe essere un conduttore competente, e lo è, che sa di calcio inglese, e ne sa eccome, e che sa stare davanti ad una telecamera, anche con una certa scanzonata tranquillità. Il tatuaggio mostrato sarà anche grave, ma forse trattarlo come un fatto di decoro, di lunghezza della gonna, lo è di più. Detto tra noi, poi, chiunque si presenti con qualsiasi simbolo politico in diretta, tatuato o stampato o tra gli occhi, verrebbe mandato via all'istante da qualsiasi posto. Le domande da fare sarebbero: chi ha permesso che andasse in diretta così? Di Canio non ha incontrato nessuno per i corridoi? Chi ha continuato a gestire la diretta come se nulla fosse? Il problema non è il tatuaggio, o i comportamenti di Sky, ma, semmai, la ridda di insulti incrociati, multipli, che ogni volta si scatenano come se non si aspettasse altro per far tracimare bile. 

    Cos'hanno in comune la reazione scomposta di Felipe Anderson (tra l'altro ad un articolo di rassegna, ma la differenza con un articolo di proprietà non diciamola troppo ad alta voce, perché sono in molti a non comprenderla) e il vespaio sollevato dal tatuaggio di Di Canio?

    Una congiuntura astrale, la fusione di due partiti di accaniti lavoratori del web. Ovviamente avvenuta nel mondo Lazio. Una certa, e oramai quasi endemica, sconfessione di qualsiasi fonte accreditata da una parte, che può anche sbagliare, ma dobbiamo supporre che lo faccia in buona fede, e sennò, smettere di leggere, o nel caso di Di Canio, in caso di abbonarsi, unita ad una sana adesione, anche se senza tatuaggio, al partito delle prime Pietre, scagliate dai senza peccato.

    Non vogliamo dire ovvietà, non vogliamo tirare fuori una famosa frase di Umberto Eco, o rivederci un attimo Chievo-Lazio, per ricordarci quali siano i recenti picchi di popolarità del brasiliano, o le recenti imprese dei socialari.  Ma la domanda resta nell'aria, e non ci piove neppure una risposta addosso: perché quelle che dovrebbero essere ovvietà, di educazione, decoro, perfino di civiltà, perfino di rispetto, non lo sono affatto per tutti?


    Altre Notizie