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  • Laziomania: lasciateci godere delle disgrazie di De Vrij
Laziomania: lasciateci godere delle disgrazie di De Vrij

Laziomania: lasciateci godere delle disgrazie di De Vrij

  • Luca Capriotti
Lasciateci godere delle disgrazie altrui. Almeno nel calcio, non seppelliteci tutti dietro questo stantio perbenismo che non è educazione, questo ecumenismo d'accatto che non è reale, è di plastica. Almeno nel calcio. I buoni sentimenti tarocchi lasciateli e lasciamoli nei soliti salotti buoni, nel “volemose bene tifiamo le italiane” di chi deve speculare sugli ascolti. Noi no.

Da giornalista ravviso che nessuno degli interisti ex biancocelesti andato a "vincere qualcosa" a Milano ha poi effettivamente alzato qualsiasi trofeo. A Roma, bonariamente, la chiamiamo “la maledizione di Lotito” che, novello Tutankhamon, profetizza un futuro senza ori o onori per chi abbandona la nave Lazio.

de Vrij, ve lo ricordate, quello del rigore nella sfida Champions contro la sua futura squadra (che delizia, Ausilio, che signore ad annunciarlo pochi giorni prima della gara), disse che doveva "abbandonare la sua comfort zone". Chissà quanto deve essere stata poco confortevole, la visione dei sevillisti intenti ad alzare la Coppa. 

Da giornalista, ravviso che l'unico squadra che continua a vincere qualcosa in Italia oltre alla bianconera rimane la Lazio (se vogliamo aggiungiamo il Napoli quest'anno, e la Roma con il suo bonsai internazionale e la cessione a Friedkin, meglio di una semifinale di Champions). Tutti gli altri arrivano quasi, stanno per, tessono favole incredibili e bomber pazzeschi solcano i cieli delle loro cavalcate leggendarie. Ma poi si fermano sul più bello, vero Gasperini

Lasciateci la goliardia. Vedere Conte, il maniaco della vittoria, il ringhioso cane dell'Ade bianconero, che all'Inter si innesta e spacca, discute, litiga, lascia fuori Eriksen. Lasciatemelo dire: veder perdere Conte per un laziale è bello. Certo, in subordine meglio vedere perdere la Roma, ma il nostro ha tutto per essere un allenatore giallorosso, un giorno. Rosicone, cupo, spaccambiente. Il profilo perfetto per la Roma giallorossa.

E di fronte a tanta bellezza, perché non comunicarla mediante celestiale presa in giro, boutade, goliardata. Alciato dice che non riusciamo a crescere, se la prende con chi non tifa italiano. Ma meno male: il calcio a cui vorreste elevarci è brillantinato ma falso, spietato e retto solo dalle logiche delle vostre interviste, delle vostre pacche sulle spalle, dalla vostra illusione di fare parte dello stesso carrozzone di chi guadagna 12 milioni di euro l'anno, e fa pure l'offeso. 

Francamente, i tifosi della Lazio lo sanno da anni, questo baraccone vive perché i tifosi ancora non si rassegnano, anche se bannati dagli stadi e scoraggiati a fare trasferte. Non si rassegnano a mollarlo, a lasciare nel cassetto una maglia, una sciarpa, un ricordo e un legame antico come le montagne. Io, e stavolta dico da tifoso, non alzerò mai il pugno per esultare ad un gol della Roma, della Juve, dell'Inter in Europa. E non lo farò perché credo che l’avversario nello sport competitivo sia fortemente legato alla vera passione che anima chi gioca e chi guarda: quella di vincere. E se tu vinci, l’altro perde. E pure se non vinci tu, e l’altro perde, mezzo gaudio ci sta tutto. Non conosco amicizie calcistiche che non finiscano in sonore prese in giro - oggi a te, domani a me -  se non un'unica fratellanza dalla nascita o quasi, non conosce nuove squadre da tifare se non la propria, da sempre. 

Se non vi convinco, parlate coi vostri nonni, coi vostri anziani, se non ci piace quello che dico andate alle radici reali di questo sport.

E se guardiamo le vostre tv, e le vostre interviste, il motivo è presto detto: ci servite, ci servono per meglio punzecchiare, ironizzare, mettere il carico sull'altrui dolore. Questo è il sale della vita della tifoso: vittoria della propria squadra, o sale sulla ferita altrui. E se questo vi sembra osceno, disonesto, di cattivo gusto, forse semplicemente volete un altro sport, dove si battono le mani a comando, si prendono gli aperitivi prepartita e si balla al ritmo di discoteca nell'intervallo. Io ho pensato a de Vrij, Candreva, ai tanti andati via per "vincere". Pure questa volta, sarà per la prossima.

P.s. il bello del calcio è che questo editoriale potrà essere utilizzato contro di me in futuro, come successo con quello di Silva, e così all'infinito. Questo è il bello, il resto è per “gli sportivi”. Adorabili, ma non sono tifosi.

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