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  • Laziomania: i 10 punti del crollo biancoceleste

    Laziomania: i 10 punti del crollo biancoceleste

    Sembra ieri il giorno in cui si esaltava la Lazio per essere tornata ai fasti della scorsa stagione, quando vinceva e convinceva su tutti (o quasi) i campi della Serie A. Si battagliava per un posto in Champions consapevole della propria forza che era rappresentata non solo dalle qualità tecniche dei giocatori ma alchimia all'interno dello spogliatoio. Punto per punto analizziamo cosa è successo da maggio, quando la Lazio batteva il Napoli al San Paolo fino alla visita di Lotito di questa mattina: 
    La festa di Formello sembra essere un lontano ricordo, oltre 5 mila persone invasero il centro sportivo in piena notte, la Lazio aveva raggiunto la Champions proprio a discapito dei partenopei.
    Da qui in poi qualcosa è cambiato il filo di tungsteno che faceva illuminare i biancocelsti si è pian piano logorato facendola diventare una normale squadra che si accende ad intermittenza. 
    1. La finale di Coppa Italia: questo è stato il primo ostacolo, una sconfitta che ha pesato soprattutto per come è arrivata, il gol di Matri e poi il doppio palo di Djordjevic. Passò sotto silenzio perché ancora ubriachi dell'obiettivo preliminari Champions.
    2. La preparazione atletica: pochi giorni ad Auronzo di Cadore, una vetrina soprattutto per i giovani visto che la gran parte dei 'big' sono arrivati in ritardo a causa degli impegni con le nazionali. Poi la partenza per l'Austria che non ha portato nessun beneficio se non le brutte sconfitte maturate in amichevole. Poi la partenza per Pechino, anticipata per motivi organizzativi e di marketing rispetto alla Juventus, li i primi scricchiolii, una Lazio paurosa e demotivata. Ed una parte di quella consapevolezza è andata in frantumi.
    3. La fascia da capitano: a Biglia non interessava, a Radu e Candreva sì. Ma la società ha scelto l'argentino, forse per convincerlo a rimanere nonostante le sirene estere. Radu c'è rimasto male, Candreva ancor di più. La prova provata? Lazio-Torino esce Mauri, che in quel momento era il capitano, consegna la fascia a Candreva che la rifiuta indicando Radu che a sua volta la rifiuta indicando Candreva che alla fine la indossa dopo che Cataldi 'stizzito' glie l'ha consegnata. Indossare la fascia è un orgoglio, pensare a certe cose durante una gara e montare questo teatrino palesa poca concentrazione in campo.
    4. Il mercato: le responsabilità ce le ha anche la società è chiaro. La Lazio doveva presentarsi al preliminare di Champions già completa e pronta, con giocatori che potessero far aumentare la cifra tecnica e con essa la possibilità di passare ai gironi. Si è puntato sui giovani e va bene ma, non era quello che serviva in quel momento.
    5. L'uscita dalla Champions: questa è stata forse la botta più forte. Serviva un atteggiamento diverso durante il ritorno a Leverkusen ed invece la Lazio, la stessa dello scorso anno in termini di giocatori in campo, non ha saputo far altro che soccombere ai tedeschi. La Lazio è fuori dalla Champions e la batosta è di quelle che fanno male.
    6. Gli infortuni: tanti, troppi. Parlare però di una Lazio solo sfortunata sarebbe un errore. Delle responsabilità ci sono. La preparazione? La scelta dei giocatori acquistati nel tempo e non acquistati come alternative? Biglia, Radu, Klose, Djordjevic e de Vrij sono tutti giocatori che purtroppo non garantiscono la presenza costante e proprio in quei ruoli, a parte Matri arrivato più per la sconfitta contro il Chievo che per altro, la Lazio ha delle lacune.
    7. La sindrome di Narciso: la Lazio si piace, la scorsa stagione sembrava che fosse stato recepito il messaggio, che il: 'quanto siamo belli e quanto siamo forti' fosse stato dimenticato per far spazio alla continuità ed invece in questa stagione un colpo di scopa sembra aver portato via alcune certezze.
    8. Pioli: anche il tecnico ha delle responsabilità. Ha accettato che la squadra non fosse rinforzata con pezzi da 90. È stato 'complice' nella scelta del capitano e soprattutto sembra non avere più in mano lo spogliatoio come una volta. Stefano Pioli è bravo, ma forse anche lui si è 'narcisizzato'. Lui è il collante che ora tira di meno, serve un'altra mano perché le sconfitte possono portare allo scollamento. Pioli rimane l'allenatore che ha riportato la gente allo stadio grazie al gioco della squadra, non solo nelle finali ma anche contro le 'piccole' questo è un merito che gli va riconosciuto, deve solo ritrovarsi, specchiarsi e ritrovare quello che era.
    9. I giocatori: non sono esenti da colpe, anzi, in campo ci vanno loro. Non ci va Lotito, non ci va Tare e nemmeno Pioli. Se l'atteggiamento è quello visto contro il Milan, il Napoli, il Chievo, la Juve, il Leverkusen ed anche in altre gare anche vinte, evidentemente hanno delle colpe, si entra in campo per vincere, non come se la partita fosse già vinta, perché la differenza tra il prima ed il dopo partita è quel maledetto fischio di inizio e di fine gara.
    10. L'ambiente: purtroppo a Roma c'è poco equilibrio, dalle stelle alle stalle, da fenomeni a brocchi in tre giorni o in una settimana. La Lazio è una squadra che per combattere per le prime piazze deve crescere ancora molto, sia dal punto di vista mentale che di giocatori. Sognare è gratis ma svegliarsi è meglio.

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