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  • Laziomania: Ricorda sempre Milinkovic-Savic (e Santon, anzi no)

    Laziomania: Ricorda sempre Milinkovic-Savic (e Santon, anzi no)

    • Luca Capriotti

    Un giorno lo racconterò ai miei figli. Quando ero giovane, nella Lazio giocava Milinkovic-Savic. Un giorno magari gli racconterò anche di Santon, di quel cambio di Spalletti, di tutta la serie di di eventi che ha cambiato il volto della Serie A. In un batter d'occhio, in un solo cambio. Più che altro, avrei voluto raccontare di come un cambio può trasformare tutto. Poi ho letto le minacce nei suoi confronti a mezzo social, e mi è venuto mal di pancia. Tristezza infinita. 

    Nel mentre, Milinkovic è tornato. Il centrocampista serbo è tornato a fare quello che più gli riesce naturale: sta giganteggiando, sta giocando un calcio fantastico. Ma nel senso proprio di fantasy: fa cose che è difficile perfino immaginare. Tre immagini per raccontare la partita: per primo il suo gol, che regala alla Lazio 3 punti, + 4 dall'Inter, e un passo importante in ottica Champions League. Allegri direbbe "un pezzettino" di Champions. La seconda immagine raffigura Milinkovic a fine partita: si sdraia a terra. Non solo esausto, ma francamente convinto, come tutti gli altri, di aver scritto l'ennesima pagina di una stagione divina. Racconterò ai miei figli che in una serata iniziata male, con la terribile tegola dell'infortunio del tuo miglior attaccante, che fa presagire il peggio, con un rigore sbagliato e la pressione di dover vincere per iniziare un allungo, una volata decisiva. Allungo riuscito, boys! Ora, se puoi, mister Inzaghi abbracciaci tutti!

    L'ho detto tante volte: la Lazio deve rendere l'ultima di campionato contro l'Inter del tutto inutile. Dobbiamo arrivare all'Olimpico, quel giorno, semplicemente a fare passerella. E per farlo bisogna vincere contro Atalanta e Crotone. Ma il primo passo, quello importante, quello di carattere e di orgoglio, è stato fatto a Torino. Ed è un passo fortemente simbolico, contro la squadra che cristallizza il ricordo peggiore di questo anno, quello della gara di andata, con la direzione sciagurata di Giacomelli, con il rigore negato, non visto al VAR, con il braccio più largo delle spalle di Milinkovic, e la seguente espulsione di Immobile. Nella gara di ritorno, decisiva, Milinkovic si carica sulle spalle i suoi. Che, beninteso, tirano fuori l'ennesima prestazione maiuscola, vincendo tutti i duelli, annichilendo il Toro e fregandosene dei meccanismi mazzarriani, quella specie di fossato con coccodrilli messo davanti all'area di rigore. Mazzarri e gli uomini non cambiano, come la scontata 'piangina' a fine partita a mezzo telecamere. Il fossato non era abbastanza profondo, alla prossima, dai. 

    Racconterò di questa sera di fine aprile, con un campionato incredibile che sta per scadere ma rischia di essere ricordato come uno dei più pazzi, avvincenti, folli degli ultimi anni. E ricorderò quella Lazio, del 2017/18. E vi devo l'ultima immagine: Inzaghi con gli occhi quasi stretti di gioia e pianto, che abbraccia Milinkovic-Savic. Ricorda per sempre il 30 aprile, il lunedì in cui eravamo terzi, a +4. Perché forse è qui, con questo gol di Milinkovic Savic, che la Lazio può iniziare a sognare più forte. Ricordati di questa Lazio, ricorda per sempre il  30 aprile. 


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