Laziomania: Vorrei incontrare Mauri tra 100 anni
E in tempi di Sanremo, l’intelligenza viene giustamente celebrata. Ti regalerei una rosa, direbbe uno dei successi più recenti, si potrebbe dire a Mauri(ma forse le ragazze preferirebbero dirlo a Matri, strapotere estetico): guardare il suo movimento nel primo tempo, su cross dalla sinistra, che quasi mette in porta Matri, per capire cosa sia, l’intelligenza calcistica. Esce prima di Matri dagli spogliatoi, Matri lo chiama praticamente davanti ai cronisti per dirgli di aspettarlo, che perdere l’amore, alla Ranieri, può anche andare bene, ma perdere il passaggio, per tornare a casa, anche no. Chiamami ancora amore: è sempre Mauri, a dire finalmente, una volta per tutte, in un giorno importante, con mezzo Olimpico chiuso, che queste barriere, in Curva Nord, vanno tolte. Alza le braccia al cielo, quello che fu il capitano della Lazio (ma nel bene e nel male, un capitano resta un capitano), quasi a dire. Grazie dei fiori, e dei giorni in tribunale, e dei tifosi, che hanno studiato le carte del processo, solo per aiutarlo. C’eravamo abbastanza amati, con Stefano Mauri, ironico, che segue linee di pensiero e di gioco diverse. E in questo primo giovedì di un tris di giovedì, poi il doppio scontro Galatarasay, se m’innamoro, dicono i tifosi, se m’innamoro ancora dell’intelligenza, del guizzo mentale che supera anche la condizione, se m’innamoro, magari allo stadio tornerò, si augura Pioli, Matri, tutti nel post-partita. Fiumi di parole, intanto il Mauri volante fa gol, la Lazio ne fa 5. E un tifoso alla raio, alla fine, dice: “Se chiudo gli occhi, solo per un attimo, io sogno Basilea, io sogno la finale”. Non finisce mica il cielo, con un bel sogno. Magari alla fine questa stagione la racconteremo, nel bene e nel male. Ma sull’intelligenza, sull’intelligenza di certi giocatori, di Stefano Mauri, no, non parleremo abbastanza, non parleremo mai abbastanza.