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Le bugie di Mihajlovic su Anna Frank

Le bugie di Mihajlovic su Anna Frank

Sinisa Mihajlovic si è costruito una solida fama di macho, brutale e sincero, “dice quello che pensa” (e non importa “cosa” pensi). Politicamente scorretto, come va di moda in questi tempi tristi in cui si applaude a qualunque nefandezza purché “contro”. Non ci sarebbe motivo di occuparsi di lui se non fosse che il ruolo lo porta ogni giorno davanti alle telecamere. Dove spesso finisce in fuorigioco, ma nel circo mediatico non c’è mai un arbitro che fischia.
Con sprezzo del pericolo giorni fa ha sostenuto, senza arrossire e con la sicumera di chi non teme di essere smentito, che nel suo Paese, la ex Jugoslavia, non si studiava Anna Frank ma Ivo Andric. Dunque se lui non conosceva la ragazza del “Diario” altri non conoscono i libri del premio Nobel.

Le sue parole sono rimbalzate al “Simposar 2017”, sesta conferenza internazionale sullo sport a Sarajevo. C’erano bosniaci, serbi, croati, per nulla stupiti avendo preso da tempo le misure al personaggio, però disarmati: in qualunque tv dei Balcani Mihajlovic non potrebbe dire le stesse cose rimanendo serio. Anna Frank e la Shoah sono argomenti di studio sia nella scuola primaria sia nella secondaria. Tanto più ai tempi del bambino Sinisa, in epoca di Jugoslavia socialista, quando la II guerra mondiale era ancora più accuratamente analizzata perché lì affondavano le radici, i miti partigiani, l’epopea di Tito, la resistenza al nazismo, responsabile, tra l’altro, del bombardamento di Belgrado (6 aprile 1941). Il “Diario” era in alcuni istituti obbligatorio, in altri consigliato. Nel campo di concentramento ustascia di Jasenovac furono sterminati serbi ed ebrei. Gli stessi serbi al pari degli ebrei si considerano un “popolo celeste” e per questo vessato. Era inoltre di origini ebree Mosa Pijade, tra i più stretti collaboratori del Maresciallo e teorico dell’ideologia marxista.

La supposta “sincerità” di Mihajlovic, già minata dallo spostamento progressivo della sua versione («Ma chi è Anna Frank?», «Non la conosco», «Sì, la conosco ma non ho letto il suo libro») viene così sepolta. E lascia trasparire il sospetto che l’eroe della curva Nord della Lazio abbia voluto svicolare per non urtare la sensibilità dei suoi vecchi sostenitori, già autori del vergognoso striscione di sostegno alla “tigre Arkan”, autore della pulizia etnica e amico di Sinisa. Il quale, per srotolare il rosario delle sue posizioni “coraggiose e anticonformiste”, definì Ratko Mladic, il macellaio di Srebrenica, «un patriota che combatte per il suo popolo». Apostrofò con l’epiteto “nero di merda” il calciatore Vieira durante un incontro. Al netto della bugia, l’ignobile teatrino sul tema Anna Frank sdogana un diritto all’ignoranza di cui un tempo ci si vergognava. Oggi se ne mena vanto.

Gigi Riva per Repubblica

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