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  • Le collaborazioni tra procuratori stranieri non sono una barzelletta!

    Le collaborazioni tra procuratori stranieri non sono una barzelletta!

    • Jean-Christophe Cataliotti
    E' il mese del calciomercato, non solo in Italia. Quello che alcuni definiscono giustamente "il mercato delle riparazioni". Le società, infatti, corrono ai ripari per colmare possibili lacune createsi nelle rispettive rose nella prima parte di campionato a causa dello scarso rendimento da parte di alcuni calciatori o a causa di irreparabili infortuni occorsi agli stessi. Col fine, evidente, di risistemare il posizionamento in classifica, o per puntare alle posizioni di vertice o per evitare fatali retrocessioni.
    Ebbene, in questo marasma riparatorio, diventano prepotentemente protagonisti del calciomercato proprio loro: i procuratori sportivi.
    Quest'ultimi non essendo, però, dotati di poteri soprannaturali, quali quello dell'ubiquità, sono in diverse occasioni "costretti" a ricorrere all'aiuto di collaboratori stranieri. Trattasi nella maggior parte dei casi di accordi occasionali finalizzati a concludere un'operazione insieme con commissioni divise in percentuali più o meno paritarie. "Io ti do il giocatore e tu me lo piazzi nella Federazione in cui hai maggiore penetrazione contrattuale". Generalmente gli accordi tra procuratori nascondono diverse insidie a causa di una molteplicità di problemi legati alle differenze culturali, linguistiche, comportamentali, ecc. ecc.
    Va evidenziato, passando alle criticità contrattuali, che le scritture private tra procuratori possono avere diverse sfumature. Facciamo un esempio: un procuratore olandese nomina un procuratore italiano a rappresentare il proprio calciatore in Italia, ma, nelle clausole contrattuali, si conviene che il procuratore italiano possa rappresentare il calciatore in esclusiva solo innanzi a X società: gli viene impedito, ad esempio, di proporre il giocatore a altre società Y in quanto con queste ultime sono già in corso da tempo interessanti trattative poste in essere direttamente dal procuratore titolare della procura. Gli accordi dovranno, dunque, essere chiari non solo sull'area di competenza del procuratore mandatario, ma anche sulle divisioni delle commissioni derivanti dalle operazioni eventualmente andate a buon fine.
    Ma ecco un consiglio per chi dovesse iniziare a esercitare questa attività: accetta di collaborare con procuratori stranieri anche quando i presupposti non sembrano dei migliori. 

    Te lo dimostro attraverso il racconto (tratto dal libro "Mollo tutto e divento procuratore sportivo") qui di seguito riportato, che parrebbe avere i connotati di una barzelletta...

    Il luogo dell’appuntamento non faceva presagire nulla di buono, presso un Autogrill austriaco poco dopo il confine italiano. Arrivai con un mio collaboratore alle 9 della mattina, puntualissimo. Ma appena entrato ebbi la netta sensazione di essere giunto in ritardo. Il boss era infatti già intento a fare colazione affiancato, nella panca di legno dove stava seduto, da due energumeni che davano più l’impressione di essere due buttafuori del sabato sera che due pacifici assistenti. Il procuratore austriaco ci fece accomodare di fronte a lui senza particolari formalità. Lo osservai attentamente. Sembrava uscito da un film del buon ispettore Derrick per il look anni ’70 e per i modi da potenziale killer. Accompagnava al cappuccino la degustazione di un enorme piatto di hot dog e crauti, come si conviene da quelle parti. Non ci offrì neppure un caffè. Ma, asciugandosi con la manica della camicia i rivoli di ketchup che gli scendevano dagli angoli della bocca, sentenziò in un inglese più che approssimativo (che qui traduco): voglio fare affari e non chiacchiere! Come dargli torto? Dopo 500 km di viaggio notturno non potevo che chiedere di meglio: un procuratore con la voglia di non perdere tempo! E proprio per non perdere tempo afferrò un fazzoletto di carta ed estrasse una biro dal taschino della camicia. Segnò rapidamente su quel fazzoletto i dati del suo giocatore, il prezzo del cartellino e l’ingaggio. Indicò tre squadre italiane che secondo lui potevano essere interessate a ingaggiare il suo giocatore. Prendere o lasciare. 50% per me se fossi riuscito a portare a termine l’operazione. Firmammo su quel pezzo di carta ormai consunto. Ne chiesi una copia, rise ma mi accontentò. Estrasse un altro fazzolettino e riscrisse ogni parola come prima. Nuove firme e fu già tempo del commiato. Vigorose strette di mano e timidi abbracci di saluto. La loro mercedes con tanto di autista era già pronta a sgommare, quasi fossero in fuga dopo una rapina. E, infatti, mi lasciarono il conto da pagare…Che ammortizzai serenamente quando dopo pochi mesi, nella finestra di mercato estiva, riuscii a piazzare il calciatore del procuratore austriaco in una squadra della nostra serie A. E le spartizioni convenute in quel famoso fazzolettino furono onorate al centesimo, senza nessun tipo di discussione!

    Jean-Christophe Cataliotti - www.footballworkshop.it 

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