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  • Leadership e punti: il Napoli è ancora orfano di Hamsik

    Leadership e punti: il Napoli è ancora orfano di Hamsik

    • Andrea Sereni
    Maglia azzurra indosso, la fascia da capitano ben salda al braccio sinistro, forte, come aggrappata. Cresta riconoscibile, invulnerabile agli agenti atmosferici, come sempre. Gli occhi lucidi. Il tempo di una sventagliata, dalla propria metà campo, che mette Callejon in porta, e così Milik in gol. Poi, al minuto 73 di Napoli-Sampdoria, dello scorso 2 febbraio, Marek Hamsik consegna i gradi di leader ad Insigne e saluta per l'ultima volta lo stadio San Paolo. Tutti in piedi, la mano che batte sul cuore, una piroetta e un applauso ricambiato, rivolto al popolo che tanto lo ha amato. Poi, il sipario, la Cina sullo sfondo. Un addio forse prematuro: dalla sua partenza il Napoli ha perso carisma, gioco e, soprattutto, punti.

    LEADER CERCASI - L'Hamsik 2.0 era un centrocampista ideale, completo. Meno appariscente rispetto agli anni giovanili, con una capacità inferiore nel finalizzare e nell'inserirsi di prepotenza. Ma magnificamente compiuto, assoluto nella sua capacità di abbinare palleggio e verticalizzazioni. Geometrico nelle aperture, preciso negli appoggi e nel lungo possesso palla, regalo d'addio di Sarri. E poi capitano, collante in campo e nello spogliatoio. Guida, a volte anche silente, di un gruppo coeso. Il suo ruolo è stato spesso sottostimato, forse per via di un carattere schivo, di una timidezza che ne ha oscurato meriti e importanza. Il capitano oggi è Lorenzo Insigne: visceralmente legato alla maglia, certo, ma anche in contrasto con De Laurentiis per un rinnovo che non arriva, poi con Ancelotti per un utilizzo ritenuto non consono e, ultimo ma non per importanza, in un rapporto di perenne amore-odio con la piazza. Problematiche che, al momento, rendono la differenza di leadership tra lui ed Hamsik evidente e condizionante per una squadra che troppo spesso, a partita in corso e non, è sembrata incapace di rigurgiti d'orgoglio e reazioni di personalità.

    MEDIA PUNTI INFERIORE - C'è di più: dall'addio dello slovacco la media punti del Napoli si è sensibilmente ridotta. La scorsa stagione, nelle 13 partite giocate da Marek (12 da titolare, compresi i 24 minuti contro l'Inter, prima di un infortunio) gli azzurri viaggiavano a una media punti di 2,38 a partita. Più in generale, considerando tutte le gare disputate fino al famoso 2 febbraio, Ancelotti accumulava 51 punti in 22 partite: 2,31 a match. In campionato, dalla partenza di Hamsik, il Napoli ha giocato 23 partite, le 16 finali del 2018/19 e le 7 attuali: 41 punti accumulati, con media di 1,7 a gara. Non un crollo, ma senza dubbio una netta differenza. In negativo. E in Champions? Lo slovacco sempre titolare nell'ottimo ma sfortunato girone con Liverpool e PSG, tranne in un'occasione: il pareggio con la Stella Rossa, che a conti fatti fu decisivo per l'eliminazione degli azzurri. Dati che sottolineano e marcano l'impatto tecnico ed emotivo di Hamsik sul Napoli.

    ORFANI - Ancelotti in questa stagione fatica a trovare la quadratura del cerchio. Tanti esperimenti, troppi cambiamenti. Spicca in rosa l'assenza di un costruttore di gioco del livello di Hamsik: Elmas è promettente ma ancora acerbo, Fabian Ruiz rende meglio in altre zone della mediana o sulla trequarti, Allan  ha altre caratteristiche. La cessione dello slovacco al Dalian fu anche pensata come viatico per l'esplosione definitiva di Zielinski, che però stenta ad arrivare. De Laurentiis ha spesso affermato che è stato lo stesso giocatore a spingere per la nuova esperienza, comprensibile per il ricco stipendio che ora percepisce. Hamsik è comunque un classe '87, 32 anni appena compiuti: siamo sicuri che non fosse il caso di trattenerlo, con le giuste gratificazioni, almeno un'altra stagione? Forse Ancelotti ha sottovalutato la sua importanza e ora, parole sue, "la classifica piange". Sarà perché il mare di Napoli è meno chiaro?

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