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  • Lettera aperta di un aspirante suicida serie A-dipendente

    Lettera aperta di un aspirante suicida serie A-dipendente

    da Repubblica.it di Ilvo Diamanti

     

    Ho quasi cinquant'anni, sono un impiegato pubblico. Vivo e lavoro a Padova. Mi chiamo Ludovico, ma, a parte il nome, non so più chi sono. Come definirmi. Il Lavoro? Meglio fingere indifferenza. Dipendente pubblico è sinonimo di "Fannullone". L'unica etichetta che rischio di portarmi dietro. Appiccicata da Brunetta. Che, a quel che ricordo, quando lavorava, faceva il professore universitario. Proprio qui: a Padova.  Dunque, era anche lui un dipendente pubblico. Il lavoro, però, non è più un marchio indelebile. Non dà identità. In parte perché oggi è una merce scarsa. In parte perché è diventato fluido. Incerto, frammentato, instabile. 


    D'altronde, oltre metà delle persone si pensa "in fondo" alla scala sociale. Le posizioni e le gerarchie sono, dunque, più confuse di un tempo. In questa società "liquida", (dis) orientata da un lavoro "liquido", per usare il linguaggio di Bauman. Sociologo trendy, capace di liquefare ogni cosa intorno a noi. Non senza ragione. Perché anch'io mi sento abbastanza anonimo. Senza nome. Senza luogo. Senza bandiera. Senza un "noi" in cui trovare rifugio. A cui ancorarsi. La Politica? Sicuramente no. Si è perduta e ha perduto anche me. Che ero di sinistra e riformista. Un laburista, avrei detto fino a qualche anno fa. Ma oggi come si fa a definirsi laburisti se il lavoro si è liquefatto? E poi, sinistra riformista... Ma che vuol dire? Se penso che la maggioranza di governo tiene insieme PD, PdL e UdC, mi dico, ma che vuol dire Sinistra riformista? Perché c'è bisogno di un avversario, se non di un nemico, per sentirsi "parte". In politica. Ma se i berlusconiani sono dalla "mia" parte, se il governo è Tecnico, senza bandiera e senza fede, se non quella del Bilancio e del Mercato, allora non c'è più religione. D'altronde, anche la Religione...  Sono tutti cattolici, siamo tutti cattolici. Io stesso lo sono. Almeno, se me lo chiedono, affermo (ammetto?) di esserlo. Ma in Chiesa non ci vado quasi mai. Al massimo a Pasqua e Natale. O quando si sposa una persona che conosco... (Anche se ormai non si sposa quasi più nessuno.) Così, dirsi cattolici, non costa molto. Ma non aiuta a "situarsi". A darsi un posto nel "nostro" mondo. A distinguersi dagli altri. E al tempo stesso a dire "da che parte" e "con chi" stai.

    L'Età. Neanche quella contribuisce. Perché oggi sono, siamo tutti giovani. Ieri ho incontrato un "vecchio" amico. Qualche anno appena meno di me. Gli ho chiesto cosa facesse. Mi ha detto che è manager di una piccola impresa. E ha aggiunto che presiede il Comitato Regionale dei Giovani della sua Associazione di categoria. Con orgoglio evidente. Motivato non so se dal ruolo  -  Presidente  -  o dal settore, quindi dalla definizione sociale: Giovane. A più di quarant'anni. Perché nel nostro tempo e nella nostra società sono tutti giovani e non invecchiano mai. Fino a quando non vengono affidati a una badante. Oppure muoiono. 

    La Geografia? Come può darti un'identità? L'hanno praticamente abolita dagli insegnamenti: nella scuola dell'obbligo e in quella superiore. Per cui nessuno sa più neppure dove abita. Berlino, Dublino e Toblino. È lo stesso. Se devi muoverti, andare da qualche parte, c'è il GPS, il Satellitare. In auto, negli smartphone.  Ti guida lui. Non c'è bisogno di sapere dove sei. Non è importante. Basta ascoltare le indicazioni scandite da una voce metallica. Così il luogo non serve a darti una "posizione". Una direzione. Un senso. Io, che abito a Padova, me ne rendo conto. Appena qualche anno fa avevo solo l'imbarazzo della scelta. Potevo dirmi: Veneto, Nordestino, Nordista.  Ma anche Italiano. Senza contraddizione. In opposizione a "quelli che" si dicono Veneti, Nordisti, Padani "o" Italiani". In alternativa. In opposizione anche a "quelli che" si dichiarano Europei oppure Cittadini del Mondo.  Ma oggi la globalizzazione e la crisi finanziaria hanno vanificato o comunque ridotto il potere "distintivo" di queste etichette. Perché Nordisti e Nordestini sono, comunque, a Sud della BCE, del FMI, della Germania e del Marco. Quanto ai Padani, in questi tempi, se ne vedono pochi in giro. Mentre è difficile invocare la "patria europea". E non esiste ancora un passaporto che permetta ai Cosmopoliti di passare alle frontiere. 

    Per cui, fuori della mia cerchia stretta di amici e conoscenti, io non so chi sono, né come mi chiamo. 
    D'altronde, se mi guardo intorno, se guardo i media, vedo solo e sempre Monti. Emblema del nostro tempo. Un uomo che è difficile definire: dal punto di vista politico, geopolitico, religioso, dell'età. È un uomo senza etichette. Distaccato. Distante. Algido. Sicuramente, non mi ci riconosco. Ma neppure lo osteggio apertamente, come invece facevo con Berlusconi. 

    In quest'epoca senza passione, a risvegliare la mia passione  resta solo il calcio. Perché, come metà degli italiani, sono un tifoso. Anche se, salvo rare eccezioni, coltivo la mia "fede" davanti alla tivù, invece che negli stadi. Ma non mi perdo un rito. Una partita. Di campionato o di Coppa. Io sono juventino. Come dice il mio amico Eddy: anzitutto bianconero. Unica identità non negoziabile. Gli scandali di ieri e di oggi, le scommesse e ancor più "calciopoli":  non hanno raffreddato la mia passione. Anzi: l'hanno accesa e la accendono di più. Meglio lo scandalo dell'indifferenza. Noi contro tutti. Ogni scudetto in meno, ogni squalificato in più: alimentano il mio senso di appartenenza.

    Così resto in attesa. Perché -quando i campionati tacciono e parlano solo i Mercati  -  oppure, quest'anno, le Commissioni d'inchiesta - io mi sento perduto. (Le Olimpiadi sono solo un "placebo".) Senza calcio, mi scopro senza nome, senza volto e senza bandiera. Senza parole. E mi nascondo nell'ombra. (In questa stagione torrida e afosa, è un sollievo.) Consapevole che l'attesa sarà breve. Poche settimane ancora e la mia vita (pubblica) ricomincerà. Insieme al campionato. Ritroverò me stesso. Il mio volto, il mio nome, la mia bandiera. Gli amici e i nemici di sempre.


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