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  • Lippi derubato dell'azzurro: vergogna!

    Lippi derubato dell'azzurro: vergogna!

    • Marco Bernardini
    E’ a dir poco imbarazzante dover commentare ciò che è accaduto al vertice del nostro calcio dove, per una presa di posizione codina e ipocrita, è stato praticamente vietato ad un professionista serio e preparato come Marcello Lippi di prendere in mano il timone della "goletta" azzurra per dirigerla verso mari più tranquilli e magari trasformarla in un qualcosa di meno antico e di più funzionale.

    Nel Paese dei “figli di…” genitori famosi e influenti o anche soltanto di eredi “naturali” ai quali passare il testimone (notai, farmacisti in particolare per non parlare degli imprenditori) con il risultato di cementare nei secoli autentiche lobby o caste sociali, accade che l’uomo al quale la nazionale e l’Italia debbono gratitudine per aver vinto l’ultimo mondiale della nostra storia in Germania non possa avvicinarsi al “Palazzo” soltanto perché il suo figlio maschio si guadagna da vivere grazie ad un mestiere che, sotto il profilo culturale non sarà il massimo della vita, ma che come tutti i lavori possiede una sua dignità se esercitato con onestà rispetto delle regole. 

    Insomma, essere padre di un “procuratore” il quale nella sua scuderia può contare anche su di un cavallo di razza come Chiellini è sinonimo di conflitto di interessi con tanto di colpe del figlio che ricadono sul padre ribaltando il teorema biblico. Fossimo in Svezia, Norvegia o Finlandia probabilmente una presa di posizione così rigida si potrebbe anche legittimare, ma qui da noi dove il conflitto di interessi è praticamente una regola di vita (perversa, è ovvio, ma radicata come un cancro) è soltanto possibile commentarla con un aggettivo: vergognoso!

    Non solo,  un atteggiamento a dir poco suicida. Perlomeno autolesionistico e masochista. Come la famosa masturbazione cinese che nel teatro comico del varietà prevedeva il massimo del piacere per il comico di turno se, fingendo di martellarsi i genitali, sbagliava il colpo. Marcello Lippi, nel ruolo che avrebbe dovuto e potuto ricoprire, sarebbe stato perfetto. Anche storicamente. Proprio come avvenne successivamente alla nazionale che in Germania visse una sciagurata avventura “azzurro tenebra”, per dirla con il titolo del bellissimo romanzo scritto per Einaudi da Giovanni Arpino. Per la ricostruzione, meglio ancora per la rifondazione dell’Anno Zero venne chiamato Fulvio Bernardini nella funzione di “primus inter pares” al quale, come uomo di campo, venne affiancato Enzo Bearzot. E sarebbe bene non dimenticare mai che il “dottore” è stato il più grande e forse unico maestro di Marcello Lippi con il quale il nuovo tecnico azzurro Giampiero Ventura avrebbe potuto replicare la funzione del “Vecio” Enzo. Una nazionale, quella della coppia Bernardini-Bearzot, scippata del titolo mondiale in Argentina soltanto per trame politiche e dittatoriali. Ci rifacemmo in Spagna, quattro anni dopo. Un calcio italiano, quello di oggi, che rimpiangerà e si pentirà alla grande per aver sbattuto la porta in faccia a Marcello Lippi e al suo progetto di rinascita. Ma, come spesso accade qui da noi, sarà troppo tardi.
     
     

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