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  • Serie A: un mercato di indebolimento

    Serie A: un mercato di indebolimento

    • Marco Bucciantini
    Il momento simbolico del calciomercato della povera Italia e dei suoi sciagurati dirigenti è quando il Milan si vende un pezzo di futuro per comprarsi un po’ di presente. Lo scrivemmo già l’altra volta: il coccodrillo piange ma poi non riesce a mutare la sua natura. Eravamo convinti e profeti: la compunzione post mondiale (e pre Tavecchio) sarebbe stata annegata nel situazionismo elevato a necessità. Byan Cristante va al Benfica, il Milan non sa resistere a un’offerta di 6 milioni di euro, grossomodo un anno di stipendio lordo di Mexes. Quei soldi servivano per comprare Biabiany, e sono stati usati per prendere Bonaventura: curioso, il parigino del Parma gioca a destra, il marchigiano a Bergamo giocava a sinistra, avendo un altro approccio al lavoro di attaccante esterno. Ma cosa importa: qualcuno andava comprato. Jack è bravo, è serio, ha talento, segna qualche gol (non troppi, per ora), deve migliorare nella visione di gioco ma lottare in una squadra ambiziosa è il modo migliore per misurarsi con il mestiere. Però è agghiacciante che per comprare un buon giocatore di 25 anni, con un presente solido, sia stato ceduto un ragazzo di 19 anni con un futuro che s’annunciava grande. Ed è ancora più doloroso che nessun’altra società di Serie A abbia raccolto 6 milioni di euro per sottrarre al Milan un giovane che può imporsi in un ruolo chiave, e nemmeno troppo ben frequentato.

    GRANDE VERITA' - Se la mediana di Juventus e Roma è completa per qualità e sostanza (e comunque l’investimento poteva essere seducente), Fiorentina, Napoli, Inter hanno cercato per mesi giocatori da mettere lì nel mezzo. Sono arrivati (dall’estero), buoni giocatori più o meno conosciuti, Badelj, Octavio, Brillante, e Medel, M’Vila, e De Guzman, ma pensate all’impatto di un’operazione che andava a spogliare di futuro una rivale come il Milan per rivestire una delle squadre citate, un affronto, una prova di forza, un segnale – anche – di attenzione ai giovani italiani. Passiamo oltre, in attesa di riascoltare per la millesima volta quel coccodrillo piangere le sue lacrime fasulle. Dice, l’esperto (di cosa?): ma non ci sono soldi, pochissimi acquisti, non si fanno le nozze coi fichi secchi. Però la media degli acquisti pro capite (per squadra) della Serie A è di 14,9 giocatori (facciamo 15). Cioè, ogni società ha acquistato una formazione intera e quattro riserve. Ovviamente ci sono i fine prestito, i riscatti, i maneggi di bilancio: tutto. Ma resta quel dato. Si compra, o si scambia, o si presta: tantissimo, e molte volte senza senso tecnico e tattico. La media degli acquisti nei campionati esteri è della metà, attorno a 7 per squadra in Bundesliga, fra 7 e 10 negli altri campionati maggiori: si compra meno, si compra più qualità e si usa la campagna di rafforzamento in linea con la semantica del termine: per colmare lacune, per rimpolpare qualche ruolo decisivo.

    CALCIO POVERO - In Italia è solo tempo che serve anzitutto per aggiustamenti di bilancio, ci sono squadre che hanno comprato oltre 20 giocatori, alcuni dei quali non saranno mai impiegati. E un calcio povero, che lamenta la sua miseria come fosse colpa d’altri, s’intestardisce a proporre “rose” di oltre 30 giocatori (a Firenze Montella ne allena 32…), con un costo del personale improduttivo sconsiderato per qualunque attività, ma delittuoso per società – appunto – che poi devono lavorare senza liquidità. Anche al netto di un’ultima esilarante e frenetica giornata, con contratti respinti per 40 secondi di ritardo, dopo mesi di trattative, non è stato un mercato poco movimentato, lo abbiamo visto e contato. È stato però un mercato sostanzialmente inutile nelle squadre di vertice, che sposta poco gli equilibri e le forze in campo.

    MILAN - Nel gruppo delle squadre che cercano l’approdo europeo, Lazio e Milan hanno aggiunto più titolari, ma nessuna sembra aver comprato giocatori decisivi, anche se Lotito ha irrobustito un po’ tutto l’organico e i rossoneri hanno assecondato un’idea di calcio diversa, senza attaccanti di riferimento ma con maggiore movimento e ariosità. Per dire (ancora) della sconclusionatezza di alcune operazioni: Torres è certamente un nome prestigioso e darà un contributo di personalità, ma il Milan d’Inzaghi è parso cercare uno sviluppo sulla velocità degli esterni, chiamati loro a dare profondità al gioco.  L’esordio con la Lazio ha visto perfino il “falso centravanti” Menez perché alla squadra non serve il presidio statico dell’area di rigore o della zona centrale a ridosso dell’area (infatti la rinuncia a Balotelli è anche tattica). Biabiany rientrava perfettamente in questo calcolo, Bonaventura ci va un po’ adattato, non essendo lo spunto “verso” il fondo la sua prima idea. Ma Torres? Lo spagnolo era un fenomeno nella fuga centrale in profondità, così si fece conoscere nell’Atletico di Madrid, in una squadra all’epoca modesta (nelle due migliori stagioni del centravanti arrivò a stento in Intertoto…) per poi soffrire molto il gioco del Liverpool, sbilanciato su Gerrard, che preferiva condurre lui il contropiede, palla al piede, e comunque gradiva ricevere il primo passaggio, quello che invece è decisivo per il tempo di gioco di Torres. Nel Chelsea, poi, l’azione dei numerosi trequartisti (Hazard, Oscar, Willian, Ramires…) finiva per congelare il pallone, per corteggiare l’area con i dribbling o con l’uno-due, contro la difesa schierata, e quello è un mare dove Torres affoga, sparisce. Il Milan vuole allungarsi sulle fasce, non al centro, dove invece vuole essere servito Torres. E con Montolivo in convalescenza non c’è un centrocampista che sa lanciare subito il centravanti nella profondità, quel gioco in cui Pirlo è maestro (ma che sanno fare anche altri). Insomma, Torres sembra un acquisto “pubblicitario” più che utile, non a caso a inizio mercato si cercava un attaccante tattico e manovriero come Mandzukic, capace di addensare l’area alla bisogna, ma anche di respirare lontano dalla porta, e favorire le volate esterne.

    FIORENTINA - Eppure abbiamo premesso che il Milan sembra la squadra che ha assecondato di più l’idea tattica del suo allenatore. Le altre, poco o niente. La Fiorentina ha cercato rimedio a quello che già sapeva ma che non poteva sistemare perché il suo mercato è stato condizionato da una cessione che non è mai avvenuta, quella di Cuadrado. Per cinica fortuna l’esordio è stato all’Olimpico con la Roma: è stato evidente a tutti che c’erano almeno due lacune tattiche da colmare: a destra in difesa, e a centrocampo. I giocatori decisivi per Montella saranno sempre altri (non ne sono stati aggiunti, a meno che Marin non riscopra antiche virtù), ma c’erano da trovare almeno interpreti di ruoli scoperti: un agonista a centrocampo, capace di accorciare il campo, di aggredire l’avversario senza involgarire il palleggio, di guadagnare metri di campo in ogni fase di gioco. E poi serviva un terzino destro capace di accompagnare l’azione, anche di precederla, per suggerire quella profondità ai lati che tanto manca alla manovra viola, e della quale si dovrebbe nutrire poi Gomez. Erano questi i difetti della Fiorentina, e lo sono rimasti sicuramente e colpevolmente fino a ieri pomeriggio. Numericamente si è rimediato, ma onestamente Richards e Badelj sono da vedere, prima di cantar vittoria. L’impressione è che la Fiorentina si trascini in un’eterna incompiutezza progettuale, alla ricerca spontanea di una dimensione che potrebbe essere assai più lussuosa in questa Serie A.
     
    INTER- L’Inter è strana. Lo scorso anno aveva difficoltà a trasmettere il pallone, mancando di classe sugli esterni, di destrezza nei centrocampisti, tutti portatori di palla di talento ma poco fluidi, a parte Hernanes, che però è discontinuo. Niente ha fatto per colmare quest’assenza. Ha preferito rinsaldare la mediana e aggiungere Vidic al terzetto dietro. Nelle prime uscite Mazzarri ha indefessamente riproposto il solito 3-5-1-1, anche contro i dilettanti islandesi. Di questi 11, tre sono difensori puri, due sono esterni che somigliano a terzini più che ad ali, due sono mediani di purissima interdizione (M’Vila in media segna un gol ogni 80 partite). In rosa ci sono solo 3 attaccanti e uno non sta benissimo (Palacio), gli altri due sono uomini che vivono per loro stessi, con pochissima cura della prestazione collettiva. L’Inter sembra una squadra senza visione e senza coraggio, ripetitiva e ossessiva, in grande impaccio davanti a squadre chiuse. È quasi certo che farà meglio delle ultime due annata, anzitutto perché fare peggio non è facile.

    ROMA - La Roma era un’ottima squadra migliorabile solo nella “profondità” dell’organico e con la imbarazzante necessità di pensare al dopo-Totti, piano piano, senza offendere nessuno. Benatia è stato cambiato bene, Cole può avere più stoffa di Dodò ma assai meno spavalderia, Iturbe farà quello che facevano Florenzi e Ljajic, togliendo loro minuti. Destro ancora non è titolare, quando invece la “quantità” di un centravanti farebbe comodo. Al netto, è una squadra che resta forte ma che davanti ha una stagione più esosa: sopravvivere in Champions a un girone durissimo e migliorare un secondo posto in campionato. Può farcela più per meriti relativi che assoluti.

    NAPOLI - Il Napoli ha cesellato, e invece doveva incidere in almeno due zone centrali del campo: in difesa e in mediana. Il salto di qualità costava molto, perché aveva senso aggiungere un campione giacché il gregariato è benissimo rappresentato. De Laurentiis ha atteso i soldi della Champions, 30 milioni, dicono loro, che sono evaporati. Se così è stato, questa è cecità aziendale: era meglio spenderli prima, e arrivare più forti e più pronti al turno preliminare, e incassare la cedola. Si chiama “investimento”, può andare bene, può andare male, ma se non investi, poi non puoi sperare nella sorte. Il sospetto un po’ esagerato è che per ripetitività tattica, logorio di alcuni elementi, sazietà ambientale, e crescente ambizione dei tifosi, non supportata dalla realtà,  le prime quattro dello scorso campionato siano perfino indebolite. Magari ne uscirà un campionato più equilibrato e interessante, se non proprio bello. Oppure tutto resterà tale perché davvero questo mercato non sembra aver invertito le parti.

    LOTTA SALVEZZA - Nelle zone basse (eccetto Empoli e soprattutto Sassuolo, solo 5 e mirati acquisti, ma ne aveva comprati millanta a gennaio…), è stato un via vai di gente più che una campagna acquisti. .Ci sono giocatori che hanno cambiato 4 squadre in 12 mesi Eppure, quando si vive un momento di crisi sono poche le cose da fare e da custodire. Si proteggono i “beni” rifugio (come i giovani cresciuti in casa, dal valore garantito), si mirano investimenti per cercarsi un po’ di futuro, e per il resto si limitano tutte le spese, cercando di togliere dal bilancio quelle improduttive. Guardate i 300 acquisti di questo calciomercato, leggete i nomi delle sterminate rose. Non troverete traccia di questo buon senso, ma non è la miseria che ha fatto terra bruciata, sono le stesse mani che hanno appicciato il fuoco che non possono, oggi, né spegnerlo né tornare a fertilizzare quella terra.
     

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