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Miccoli interrogato in procura per cinque ore. Palermo blindata e offesa

Miccoli interrogato in procura per cinque ore. Palermo blindata e offesa

Fabrizio Miccoli è uscito intorno alle 20.50 dal Palazzo di giustizia di Palermo, dopo un interrogatorio fiume durato cinque ore. Come si legge su Gazzetta.it, l'attaccante, indagato per estorsione e accesso abusivo a sistema informatico, è uscito a testa bassa, senza rilasciare dichiarazioni accompagnato dal suo avvocato Francesco Caliandro. Miccoli è apparso visibilmente scosso. Per l’ex capitano del Palermo è stato un pomeriggio interminabile in cui è stato messo sotto torchio dagli inquirenti. Domani mattina, nella conferenza stampa fissata per le 10.30 (inizialmente fissata per le 18.45 di oggi e poi rimandata per il protrarsi dell'interrogatorio), parlerà ai palermitani anche per spiegare le frasi shock su Giovanni Falcone.
 
15.00 È cominciato nel primissimo pomeriggio l'interrogatorio in procura dell'ex bomber del Palermo calcio Fabrizio Miccoli indagato per estorsione e accesso abusivo a sistema informatico. Reati che sarebbero emersi nell'ambito delle indagini finalizzate alla cattura del boss della Kalsa Antonio Lauricella, detto «Scintilluni».
 
In quel contesto gli investigatori scoprirono anche le disinvolte frequentazioni di Miccoli con Francesco Guttadauro, nipote del boss Matteo Messina Denaro e col figlio dello stesso Lauricella. In alcune intercettazioni, come ricorda un articolo del Corriere.it a firma Alfio Sciacca, il bomber del Palermo si sarebbe lasciato anche andare a commenti sul magistrato simbolo della lotta alla mafia, parlando di «quel fango di Falcone». Atteggiamenti penalmente non rilevanti ma che hanno sollevato un'ondata di indignazione generale.
 
Subito dopo l'interrogatorio Miccoli e il suo legale incontreranno i giornalisti per una conferenza stampa che si annuncia particolarmente infuocata. Intanto Palermo continua a prendere le distanze dall'ex idolo rosanero. Domani un gruppo di cittadini e tifosi deporrà simbolicamente una maglia del Palermo calcio davanti all'albero Falcone in via Notarbartolo.
 
 
I sentimenti provati in questi giorni dai palermitani e dai tifosi del Palermo sono molto ben un articolo di Michele Anzaldi per Repubblica - Palermo, dal titolo: "SE MICCOLI CI FA VERGOGNARE DELLA PASSIONE CONDIVISA".  
 
In questi giorni si è molto discusso sulla frase disgustosa che Fabrizio Miccoli, l'ex capitano del Palermo, avrebbe pronunciato durante una conversazione telefonica intercettata dalle forze di polizia. L'accaduto non va sottovalutato non soltanto perché la memoria di Giovanni Falcone è intoccabile per tutti, ma anche per il ruolo determinante che a Palermo, in quegli anni drammatici ebbe lo sport. Palermo era precipitata nelle mani della criminalità organizzata, città senza regole e senza Stato, anni bui, culminati nell'omicidio di Giovanni Falcone, quel 23 maggio del 1992.
 
Questa città, martoriata e senza più speranze, irredimibile, non aveva neanche una squadra di calcio: l'8 settembre 1987, infatti, il Palermo calcio fu radiato per un debito di quasi 500 milioni di lire. La squadra era divenuta lo specchio della città, si era passati dalla gestione dell'amatissimo presidente Barbera alla radiazione dai campionati federali.?Un male, per tifosi e non, davvero difficile da spiegare. Il calcio non è un semplice sport o gioco, ma come scriveva Pier Paolo Pasolini «l'ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l'unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro».
 
Un momento molto duro per i tifosi, ma in genere per la città. Ed è allora che il malessere viene compreso da un giovane neoeletto sindaco Leoluca Orlando (85-90). Il sindaco intuisce che un riscatto della città deve coinvolgere tutti e nessuno deve rimanere indietro pena il fallimento del progetto collettivo. E allora quale battaglia più coinvolgente per tutti? Il sindaco mette su un vero gruppo di opinione che spazia dai meccanici ai prof universitari e dai carcerati ai poliziotti tutti uniti dalla speranza di tornare a tifare.
 
Tornare ad essere una comunità unita e compatta pronta a competere sportivamente contro le altri grandi città. Il resto è storia. Questo è uno dei tanti motivi per cui, la vicenda Miccoli deve farci riflettere: non vorremmo, insomma, che la squadra del Palermo, da elemento di orgoglio e aggregazione, proveniente da questa storia, si trasformasse in un simbolo di vergogna. E non ci si può vergognare dell'ultima rappresentazione - sacra o meno - rimastaci.
 

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