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  • Mihajlovic: 'Il Milan è un grande club, che piacere'

    Mihajlovic: 'Il Milan è un grande club, che piacere'

    Silvio Berlusconi telefona a Pippo Inzaghi e gli ordina: "Voglio un Milan con più possesso palla, è il modo necessario per non prendere gol come quelli di Firenze". Tuttosport rivela il contenuto di un colloquio tra il presidente e l'allenatore rossonero, che annuisce e obbedisce come sempre. In ogni caso il suo destino è già segnato a fine stagione. 

    SINISA SFIDA MANCINI - Tra i candidati alla panchina del Milan c'è Sinisa Mihajlovic. Il tecnico serbo della Sampdoria ha dichiarato in un'intervista a La Gazzetta dello Sport alla vigilia del posticipo contro l'Inter: "Caro Mancio, vinco e poi ti offro la cena. Possiamo essere avversari solo per 90 minuti, ci lega affetto, stima e da parte mia riconoscenza. Il percorso è forse più difficile di quanto non avesse previsto, ma Mancini ha le qualità per rilanciare l’Inter. Servono tempo, pedine giuste e fiducia. L'Inter resta una parte importante della mia vita di uomo, calciatore e tecnico, lo sanno tutti. Ma è il passato: sono concentrato solo sulla Samp". 

    L'INTERESSE DEL MILAN - "Il mio sogno è vincere e affermarmi come tecnico. Poi credo che a tutti piacerebbe un giorno allenare una squadra dove si è giocato e vinto. Ma se aspettassi solo Inter o Lazio, oltre al rischio di diventare vecchio, limiterei la mia crescita di uomo e allenatore. Quando ero più giovane avevo perennemente bisogno di dividere il mondo in 'noi' e gli 'altri'. Mi caricava. Alcuni storici lo definiscono bisogno del nemico. Oggi non ho bisogno di nemici. Ho 46 anni, non vivo più per esclusione ma per accumulo di esperienze. Non rinnego nulla di ciò che ho vissuto, ma mi piace scoprire anche tutto ciò che non conosco. E se farsi amare da chi già ti ama è facile, trovo stimolante anche convincere chi magari è prevenuto o vuole metterti alla prova. Pensate ad Allegri, a inizio anno non lo voleva nessuno a Torino e ora... La soddisfazione per lui sarà doppia. Niente nemici, ma le sfide sì, quelle mi esaltano sempre. Non c’è alcuna contraddizione. Sono lo stesso uomo, in fasi diverse. Da giocatore sei solo, puoi scegliere la bandiera. Da allenatore devi scegliere i progetti, perché non sei solo: alleni e guidi un gruppo di uomini che dipendono da te, ma anche tu dipendi da loro. Hai il dovere di farli rendere al massimo. Insegnando, fissando regole, caricandoli, facendogli sentire l’onore di appartenere al club, ma restando sempre lucido e razionale. Altrimenti non sei un buon tecnico. Se mi chiamasse il Milan? Il mio discorso, naturalmente, vale per qualsiasi club. Prima era Montella, la settimana scorsa Sarri, adesso io... Sono curioso di sapere chi sarà il tecnico del Milan la settimana prossima! Le voci non mi distraggono: penso solo alla prossima partita. Se poi un grande club, e il Milan lo è, pensasse a me, certo mi farebbe piacere: vorrebbe dire che sto lavorando bene. In ogni caso di mercato fino a fine stagione non intendo parlare". 

    L'AMORE DI FERRERO - "Il presidente Ferrero dice che mi ama? Non corro rischi, ha moglie e tanti figli come me. Lui è più estroverso, ma stima e affetto sono reciproci. Abbiamo lo stesso obiettivo, portare in Europa la Samp. Sa che darò il 120 per cento fino all’ultima giornata, poi parleremo di futuro. Ora battiamo l’Inter. La Samp è casa mia, sono tornato come un figlio che doveva aiutare sua madre. Sta andando tutto bene, ma non sempre si è profeti in patria. Anzi a volte un eccesso di sentimento può far perdere lucidità. Mentre non essere emotivamente coinvolti può farti scegliere meglio. Io mi ritengo un fortunato perché sono caldo nel cuore, ma freddo nella testa. A inizio anno ho detto che volevamo stare nella parte sinistra della classica, ora dico che ci piacerebbe finire tra le prime sei e conquistare l’Europa. Per riuscirci la gara contro l’Inter è uno snodo fondamentale. Aspetto questa partita come fosse una finale. Se a qualcuno dei miei mancano le motivazioni, allora gli consiglio di cambiare mestiere e se me ne accorgo invece che al Ferraris domenica lo mando a giocare ai giardinetti. Quando tutto funziona è una squadra organizzata, orgogliosa, ambiziosa, che lotta e sa sfruttare la qualità dei suoi giocatori di maggiore talento". 

    ETO'O & MURIEL - "Un allenatore deve saper variare moduli anche durante la stessa partita, fa parte del nostro lavoro. Avevamo una fisionomia ben precisa, poi il mercato di gennaio ha scombussolato un po’ le cose e c’è voluta qualche settimana per ricreare nuove alchimie. Però sia chiaro: Muriel l’ho voluto fortissimamente io, era l’unica alternativa a Gabbiadini. Sapevo che potevamo rilanciarlo, siamo solo all’inizio… Eto’o non si discuteva per tutto quello che ha fatto e ha vinto. E per la classe cristallina che non conosce il tempo. Il problema era semmai la condizione fisica e la sua disponibilità a calarsi in una realtà diversa per i suoi standard come la Samp e con un tecnico esigente come me… Il tempo di abituarsi e sta diventando il valore aggiunto che speravamo potesse essere. Dopo la sfida di Roma in cui ha fatto anche il terzino mi ha detto sorridendo: mister, mi sto sacrificando come ai tempi dell’Inter… E io lo apprezzo perché con Mourinho aveva 29 anni, ora ne ha 34. Eder e Okaka? E poi ci sono Palombo, Romagnoli, Silvestre, Viviano… Ci sono tutti, perché siamo un gruppo unito". 

    IL BRASILE DEI BALCANI - "Non fingo, parlo chiaro e chiedo il rispetto delle regole, ma so anche scherzare con i miei ragazzi. Ho giocato al calcio qualche anno, conosco la mentalità dei giocatori e metto a disposizione la mia esperienza. Ho giocato nella nazionale della ex Jugoslavia che veniva chiamata il Brasile dei Balcani, eravamo fenomeni ma non vincemmo nulla. Perché ognuno faceva quel che voleva. Quella lezione l’ho imparata bene… Non è vero che il talento può fare a meno delle regole, anzi è quando ci si attiene e ci si sacrifica che da talento si diventa campione. Da quando ho cominciato la carriera di allenatore non ho mai smesso di studiare, aggiornarmi, mi confronto con colleghi stranieri, leggo tanto. Mi è servito tutto, anche qualche esperienza meno fortunata. Non si finisce mai di crescere. Vale per me come per la mia squadra". 
     


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